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Climate change, il manifesto di 415 investitori che «pesano» 32…

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finanza sostenibile

Climate change, il manifesto di 415 investitori che «pesano» 32 trilioni di dollari

Accelerare sul taglio delle emissioni di CO2 come previsto dal Trattato di Parigi del 2015 (Cop21) per contenere entro i 2 gradi centigradi il riscaldamento globale; adozione dei parametri non finanziari elaborati dal gruppo dei saggi del Financial Stability Board per rendere chiari e confrontabili i dati forniti dalle aziende quotate. A chiederlo sono 415 investitori istituzionali che gestiscono la cifra monstre di 32 trilioni di dollari. Ci vogliono 11 pagine di comunicato per contenere tutti i nomi di fondi pensione, assicurazioni, società di gestione del risparmio che hanno sottoscritto l’appello presentato nel corso di Cop24, la manifestazione organizzata dall’Onu a Katowice, in Polonia, sul cambiamento climatico.

I passaggi chiave del documento

Il documento dei 415 investitori ha due passaggi chiave: sono due richieste avanzate ai Paesi che hanno firmato il Trattato sul clima di Parigi. La prima richiesta è relativa all’urgenza: i governi devono accelerare la transizione a un’economia low carbon. In primis c’è la questione di mantenere gli obiettivi concordati sotto i 2 gradi centigradi; e poi, c’è una questione di gestione dei rischi finanziari: gli investitori istituzionali infatti hanno bisogno di inserire nelle loro asset allocation strategiche (ovvero nelle «torte di investimento») gli scenari legati al clima. Scenari che sono ben diversi a seconda dei gradi centigradi che verranno raggiunti nei prossimi anni. Fra le proposte concrete avanzate dagli investitori c’è quella di «eliminare gradualmente i sussidi per i combustibili fossili in base a scadenze stabilite».

Dati finanziari chiari e confrontabili

C’è poi una seconda richiesta. «Gli investitori – si legge nella nota ufficiale dei 415 – hanno bisogno che le aziende riportino dati finanziari affidabili e utili sul clima e per le decisioni» da prendere. L’obiettivo è di «valutare efficacemente i rischi e le opportunità legati al clima». Quindi? I governi devono sostenere pubblicamente le raccomandazioni della Task Force creata dal Financial Stability Board (Tcfd) sulle informazioni finanziarie relative al clima. Standard comuni internazionali quindi per fare in modo che tutte le aziende del mondo forniscano le non financial informations allo stesso modo. E danno anche una data: il 2020 deve essere il termine ultimo per inserire nelle giurisdizioni nazionali le raccomandazioni del Tcfd.

Quello che ha già fatto (e sta facendo) l’Unione europea

Sul versante degli standard contabili non finanziari, l’Unione europea è già

molto avanti. Dal 2018 c’è l’obbligo per le aziende quotate con più di 500 dipendenti di fornire al mercato le non financial informations. Inoltre, sempre Bruxelles, sta mettendo a punto una serie di documenti per uniformare in Europa i benchmark e le classificazioni relative alla finanza sostenibile. La scorsa settimana il gruppo di esperti riuniti dall’Ue ha già messo in consultazione la prima bozza sulla tassonomia (classificazione) degli investimenti sostenibili. Da qui la necessità nei prossimi mesi di un coordinamento a livello mondiale su tali temi e classificazioni per evitare ulteriori confusioni: su questo versante, per esempio, c’è già un coordinamento fra Europa e Cina sulla classificazione dei green bond.

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