La settimana delle Borse si apre a urne chiuse nei paesi europei e in attesa di sapere quale sarà il nuovo equilibrio politico al Parlamento, al Consiglio e alla Commissione, gli investitori guardano ai numerosi indicatori sulla fiducia in arrivo nei prossimi giorni.
L’intento è di capire se l’economia globale sia in rallentamento o rischi una frenata brusca. Il clima sui mercati, naturalmente, sarà condizionato dai cambi di temperatura - spesso repentini - sul fronte della guerra commerciale.
Dazi sempre in primo piano
La correzione recente sui listini ha preso avvio con la rottura delle trattative tra Stati Uniti e Cina sulla guerra commerciale, che continua a tenere banco. Nei giorni scorsi, il presidente Trump e l’amministrazione americana hanno diffuso dichiarazioni ottimistiche sulla possibilità di un accordo, che hanno tamponato l’avversione al rischio. A partire da maggio, tuttavia, gli indici azionari sono tutti in rosso con l’eccezione di Londra, salita nel giorno delle dimissioni della premier Theresa May, che non è riuscita a capitanare la Brexit.
«I tweet di Trump hanno un forte impatto sui mercati e sono imprevedibili - afferma Massimo De Palma, responsabile degli investimenti di Gam (Italia) Sgr -; il presidente Usa sembra voler spostare la guerra commerciale da un conflitto tra paesi a un attacco a singole aziende e il passaggio solleva timori di danni diretti a società e settori; in primis al comparto tecnologico, già interessato dalle tensioni. Però l’impressione condivisa è l’accordo tra Stati Uniti e Cina sarà trovato, a dispetto della tattica di negoziazione poco ortodossa di Trump, che tira la corda senza volerla rompere. E la volatilità sui mercati è ancora sotto controllo».
Rallentamento o frenata?
I dati macroeconomici restano sullo sfondo della battaglia delle tariffe, ma non aiutano a sollevare l’umore sui parterre. Le ultime rilevazioni, infatti, segnalano ancora rallentamento dopo una prima parte dell’anno in cui l’ottimismo aveva preso il sopravvento sulla paura per una contrazione.
I sondaggi presso i responsabili degli acquisti delle imprese (indici Ihs Markit Pmi, Purchasing Managers’ Index) hanno confermato in Europa il divario tra manifattura e servizi e il dato composito lascia intendere che Italia e Spagna - per cui il dettaglio si avrà a inizio giugno - siano i paesi più in difficoltà. Ma anche negli Stati Uniti e in Giappone le aziende hanno segnalato un calo dell’attività.
Lo stesso tono hanno avuto altre statistiche: l’indice Ifo in Germania (misura la fiducia delle imprese), che ha deluso le aspettative; gli ordini dei beni durevoli americani, in calo sotto le previsioni e rettificati per i mesi precedenti; le esportazioni giapponesi, arretrate ancora.
«Resta da chiarire - precisa Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners - in che misura questi numeri tengano conto del cambio di scenario sulla trade war delle ultime settimane. Come tempi ci stiamo, perché la raccolta delle risposte è iniziata il 13 Maggio. Ma la parte “quantitativa” dei reports (libri ordini, produzione, scorte, occupazione) non può aver già risentito pienamente dell’impatto sulle prospettive del business, e gli effetti saranno stati limitati alle aspettative, a mio parere. L’effetto verrà catturato completamente solo i prossimi mesi».
L’incertezza ha spinto gli operatori a rifugiarsi nelle obbligazioni, in particolare quelle più affidabili. I Bund tedeschi hanno mantenuto rendimenti negativi (schiacciati dall’aumento dei prezzi) anche per la scadenza decennale. Le tensioni sulla guerra commerciale si sono riflesse in modo violento sui tassi dei Treasury statunitensi, che a un anno rendono quanto quelli a dieci anni; questo appiattimento della curva dei tassi (che a momenti si è invertita con i biennali più remunerativi dei decennali) può essere un segnale di recessione e senza dubbio esprime la titubanza che regna nelle sale di contrattazione. La liquidità derivante dalle vendite azionarie di maggio, infatti, è ferma in attesa di momenti più opportuni per essere impiegata.
I dati catalizzatori in arrivo
L’agenda macro delle prossime sedute borsistiche è ricca di dati anticipatori, che danno il polso dello stato d’animo di imprenditori e consumatori e del loro atteggiamento di investimento e di spesa.
«I dati macro recenti fanno pensare che il rallentamento non sia terminato eche l’economia debba percorrere una strada ancora sconnessa - aggiunge De Palma -; nei prossimi giorni gli investitori potranno affidarsi ai leading indicators, cioè ai dati anticipatori, per capire cosa succede nel mondo reale. Poi bisognerà vedere come questi dati saranno riflessi nelle statistiche a consuntivo».
Tra martedì maggio e venerdì saranno diffusi molti indici di fiducia:
martedì 28 maggio:
● fiducia dei consumatori di Francia Germania, Eurozona, Stati Uniti
● fiducia dei servizi e dell’industria nell’Eurozona
mercoledì 29 maggio:
● fiducia delle imprese manifatturiere in Italia
venerdì 31 maggio:
● fiducia dei consumatori in Giappone e negli Stati Uniti
Sarà anche la settimana dell’inflazione preliminare di maggio nell’Eurozona (venerdì 31 il dato italiano, +1,1% annuo in aprile) e della misura dei prezzi al consumo americani (Pce, sempre venerdì 31) che è cara alla Federal Reserve per calibrare la politica monetaria (il dato precedente era a +1,5 per il paniere che esclude i beni volatili). Infine, si affinano i calcoli sul Prodotto Interno Lordo del primo trimestre in Francia (mercoledì 29, seconda lettura), negli Stati Uniti (giovedì 30, seconda lettura) e in Italia (venerdì 31, stima finale).
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