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Mental coach, quando il benessere psichico aiuta anche gli atleti

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giornata mondiale dello sport

Mental coach, quando il benessere psichico aiuta anche gli atleti

(Adobe Stock)
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In Italia vi fanno ricorso campioni del calibro di Mattia De Sciglio, Patrik Shick, Sofia Goggia e Federica Pellegrini. All'estero lo hanno scelto atleti come Roger Federer e Tom Brady. Stiamo parlando del mental coach e di quanto il benessere psichico sia più determinante di una buona dose di muscoli e velocità per rendere al meglio nell'attività agonistica. In occasione della Giornata mondiale dello sport che si celebra il domenica 6 aprile uno studio condotto da «Espresso Communication» rivela la vastità del fenomeno e aiuta a capire le ragioni che spingono gli atleti di tutto il mondo ad affidare il destino della propria carriera a questa figura professionale che sta diventando sempre più popolare tra gli sportivi. Professionisti che, seguendo costantemente l'atleta e interrogandolo sul proprio stato, capiscono cosa lo blocca, spronandolo a dare il meglio di sé attraverso tecniche specifiche.

Efficacia «testata» scientificamente

L'efficacia di questi esercizi, basati anche su domande poste a se stessi per focalizzare gli obiettivi nella propria immaginazione, è stata comprovata anche dagli scienziati. Su Washingtonpost.com è stato pubblicato un esperimento di Guang Yue, fisiologo dell'esercizio presso la Cleveland clinic foundation, in cui ha chiesto a dei volontari di immaginare di flettere i bicipiti il più intensamente possibile. Dopo alcune settimane di sola visualizzazione dell'allenamento, i soggetti hanno mostrato un aumento del 13,5% della forza. In un altro studio, questa volta condotto dall'Università di Chicago, è stato richiesto ai partecipanti di immaginare di effettuare tiri liberi per un mese. I tester hanno migliorato il loro tiro del 23 per cento. Infine, uno studio francese ha scoperto che gli atleti del salto in lungo che immaginavano i loro salti hanno ottenuto performance migliori del 45 per cento.

I coach in Italia

«Sempre più sportivi si affidano ai coach per superare il proprio momento negativo – spiega Marina Osnaghi, prima master certified coach in Italia, che ha affiancato grandi imprenditori e sportivi professionisti nel raggiungimento dei propri obiettivi –; esistono particolari stati emotivi che permettono di restare in contatto con le proprie capacità e sopportare grandi pressioni. Sono soprattutto i giovani campioni a subire queste difficoltà, derivanti dalle aspettative della famiglia e del proprio allenatore. Giornali, tifosi, fallimenti, competitività: è facile per gli sportivi cadere in un momento di sconforto. Ed è proprio il lavoro dei coach - continua la professionista - che permette di ritrovare equilibrio e consapevolezza, riuscendo a veicolare le energie a proprio favore. Nel fallimento, noi coach riusciamo a trasformare in elementi di vantaggio tutti gli eventi nella vita dell'atleta. Il “nemico interno”, come lo chiamiamo noi, può venire sconfitto anche con semplici esercizi: per esempio “L'Esercizio del Benvenuto” aiuta molto, dando ogni giorno il benvenuto a se stessi, alle cose che accadranno e a coloro con cui avremo a che fare, cambia lo stato emotivo. Un altro semplice esercizio - conclude Marina Osnaghi - consiste nel posizionare le mani in particolari zone del cranio, un'azione che permette di scaldare la neocorteccia, aumentando il flusso sanguigno nell'area, permettendo di prendere decisioni migliori e più ponderate. L'ossessione della vittoria ci trasforma in un ruolo, non siamo più atleti. In questo ambito chi perde si convince che sarà destinato a fallire per sempre: la profezia auto-avverante esiste davvero».

Un coach anche per i giovani atleti

Dagli artisti, che trasformano il proprio malessere in opere, agli sportivi che dunque esprimono le proprie difficoltà durante le competizioni agonistiche.
Nel corso degli ultimi anni sempre più atleti, per superare l'impasse, scelgono di affidare la propria “rinascita” a un coach. Una tendenza che parte da lontano: come riportato dal New York Times, la United states tennis association, per riportare in auge il tennis negli Usa ha affiancato un esperto di coaching alle giovani promesse. Allo stesso modo il Washington Post ha raccontato la storia di campioni olimpici come Kayla Harrison, oro nel judo a Londra 2012 e Rio 2016, che ha lavorato costantemente sulla propria mente collaborando con un coach. Anche la tennista britannica Tara Moore, come riportato da Eurosport Uk, ha elogiato il lavoro del suo esperto di coaching dopo un'importante vittoria.
Insomma, mens sana in corpore sano, e viceversa.

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