Se l'attività su pista rappresenta il cuore pulsante dell’atletica, quella su strada è la fonte del business. Maratone, mezze maratone e gare sui 10 chilometri impazzano in ogni dove, per la gioia degli organizzatori e la fortuna dei podisti, i quali ogni domenica si danno appuntamento su qualche piazza per la loro competizione settimanale. Sono proprio gli interpreti della corsa a rendere fertile il terreno dal punto di vista commerciale, alimentando un indotto che riguarda abbigliamento, salute, nutrizione e viaggi.
I costi per visita medica e tessera Fidal
Fare i conti in tasca al runner medio italiano non è facile, perché non esiste uno stereotipo, ognuno interpreta la corsa
a modo suo. Ci proviamo, mettendo insieme le principali voci di costo di un podista non professionista, ma comunque impegnato
seriamente in una quindicina di gare all'anno. Iniziamo con le spese annuali fisse, costituite dalla visita medica per l'idoneità
agonistica (50 euro) e dalla tesseraFidal (20 euro). Continuiamo con l'abbigliamento. Per calzoncini, calzamaglie, felpe, t-shirt e tute si spendono anche 500 euro
all'anno, 300 se ne vanno per le scarpe (almeno un paio ogni 4 mesi).
Le spese per gli integratori e iscrizioni alle gare
Per gli integratori, tra bevande, gel e barrette, si spendono 150 euro, per il
massaggiatore anche 300 euro se lo si sfrutta una volta al mese. Tralasciando i costi di trasferta (impossibili da stimare
per il podista medio, essendo troppo variabili da caso a caso), sono più facili da calcolare quelli relativi alle iscrizioni
alle gare. Considerando due maratone, sei mezze maratone e 8 gare sui 10 chilometri, per appendersi al petto il numero di
gara occorre investire circa 500 euro: mediamente l'iscrizione con pacco gara a una maratona italiana costa circa 50 euro,
per una “mezza” la spesa è di circa 35 euro, mentre una 10 chilometri costa sui 20 euro. Sommando tutte le voci, un atleta
spende tra 1.800 euro e 2.000 euro in un anno, quindi circa 150 euro al mese. Soltanto i migliori riusciranno a recuperare
qualcosa, grazie ai premi ricevuti dalle proprie società di appartenenza oppure dagli organizzatori.
Il ritorno economico e i costi per i promotori
A questo proposito, anche dal punto di vista dei promotori delle gare la corsa può essere intesa come un'attività economica,
con un suo modello di business ormai rodato. Sul fronte delle entrate le voci principali sono 2: le quote di iscrizione versate
dagli atleti e i ricavi da sponsorizzazioni provenienti di solito dagli enti o dalle imprese locali, oppure dai fornitori
di materiale tecnico e alimentari, due generi di prodotti inseriti nei pacchi gara destinati ai partecipanti.
Sul fronte dei costi, gli aspetti da considerare sono svariati. Da quelli ovvi (il montepremi da assegnare agli atleti, l'ingaggio
per i top runner, l'allestimento del pacco gara e dei ristori sul percorso e all'arrivo) a quelli più nascosti: la presenza del medico e delle
forze dell'ordine, la chiusura delle strade, i rimborsi a giudici, cronometristi, componenti del comitato e volontari che
assicurano lo svolgimento della manifestazione. La possibilità di chiudere in utile o in pareggio dipende esclusivamente dal
numero dei partecipanti: più è elevato, più si può sperare di guadagnare qualche euro.
Da questo punto di vista se i corridori forti rappresentano un costo (ingaggio, vitto e alloggio), gli amatori sono una fonte
di ricavo sia diretto (per la quota di iscrizione versata) sia indiretto: più folta è la loro presenza, maggiori saranno le
aziende disposte a sponsorizzare la gara. Un circolo virtuoso che si alimenta domenica dopo domenica. Di corsa verso il traguardo
senza mai fermarsi.
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