Parigi, dove si gioca Francia-Corea del Sud, gara inaugurale del Mondiale femminile di calcio, se ne intende di rivoluzione. E potrebbe essere ricordata per un altro sommovimento tellurico: il riconoscimento di pari dignità al calcio femminile.
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Le 522 atlete delle 24 squadre che si contenderanno il trofeo (disegnato da William Sawaya, designer libanese di nascita e italiano d'adozione) lo sanno bene già prima di scendere in campo: il gol più acrobatico sarà quello sociale. Quello che cambierà il futuro delle nostre figlie, delle nostre sorelle, delle ragazze in fiore. D'altra parte, uno degli ultimi numeri di Time, il più noto settimanale americano, in copertina aveva la capitana degli Usa con questo titolo: “Alex Morgan leads the favourite Us team at the World Cup. But her most important goal is off the field”.
Se i soldi mettono in moto il cambiamento
Non siamo all'anno zero. Qualcosa, seppur carsicamente, si muove: l'attenzione degli sponsor, tanti genitori che portano le
figlie alle scuole calcio. E la Fifa, che sovrintende all'organizzazione della manifestazione, ha dimostrato di assecondare
una società in fase evolutiva. Il budget di France 2019 sarà di 50 milioni di dollari. In particolare, 30 milioni di dollari
saranno destinati ai premi per le Nazionali in gara e sono esattamente il doppio dei premi di Canada 2015: 4 milioni a chi
trionferà a Lione il 7 luglio, 2,6 milioni alla seconda classificata, 2 milioni alla terza, e giù a scendere fino ai 750mila
dollari per le squadre dal 17° al 24° posto. Un gran balzo rispetto a 4 anni fa, certo a distanze siderali dai 38 milioni
di dollari che hanno incassato i Blues, vincitori a Mosca della Coppa del Mondo 2018 contro la Croazia di Luka Modric e i
400 complessivi di premi della manifestazione russa.
Il paragone non regge ma, da qualche parte, si deve pur cominciare. E i segnali non mancano. L'arrivo di sostanze finanziarie ha fatto crescere il movimento, non solo negli Usa e in Canada dove giocano la metà delle calciatrici di tutto il mondo, ma ovunque. La qualità si è alzata, creando un circolo virtuoso: più tifosi (è vero, la finale di Usa 1999 con oltre 90mila tifosi a Pasadena resta un record ma le 39mila presenze allo Juventus Stadium per Juventus-Fiorentina sono più di un segnale), più sponsor, più seguito. Come un domino alimentato da investimenti finanziari ed energie in campo.
Il ruolo degli sponsor
Il calcio cambia, le ragazze che fanno gol sono una vetrina di valori condivisi e di una parità che ha iniziato la sua vera
partita. Un esempio su tutti: Adidas ha annunciato che le giocatrici che sponsorizza e che vinceranno in Francia avranno premi
equivalenti a quelli dei colleghi maschi. La Uefa ha votato Time for Action, piano quinquennale per raddoppiare il numero
di giocatrici entro il 2024 nelle federazioni europee fino a quota 2,5 milioni (in Italia oggi sono poco più di 23mila e il
Paese al mondo con il miglior rapporto abitanti/calciatrici sono le Faer Oer: 50mila abitanti e 1.520 calciatrici). La campagna
Together #WePlayStrong punta alla sponsorizzazione separata delle competizioni femminili per sostenere la crescita dei profitti
e la creazione di una divisione calcio femminile specifica. E l'altro grande passo – sottolinea il presidente Uefa, Aleksander
Ceferin – è raddoppiare la presenza femminile in tutti gli organismi Uefa.
La voce delle calciatrici
Abituate agli spintoni in area di rigore, le atlete sono le prime ad allargare i gomiti, ma senza farsi ammonire, perché vogliono
il loro spazio. Lo spazio vitale che appartiene a ogni essere umano. Sara Gama, padre congolese e mamma italiana, capitana
e certezza della Nazionale azzurra, l'ha detto tante volte: «Non abbiamo un'assicurazione sanitaria, una previdenza. Non abbiamo
neanche uno stipendio, il nostro è soltanto un rimborso spese. Però lavoriamo come professioniste: tutti i pomeriggi e qualche
volta doppio allenamento».
L'8 marzo 28 giocatrici degli Usa hanno fatto causa alla loro federazione per discriminazione di genere: si sentono discriminate rispetto ai maschi perché sottopagate, nonostante identica dedizione e risultati brillanti (gli Usa hanno partecipato a tutte le otto edizioni dei Mondiali femminili, vincendo tre delle quattro finali giocate). Una mossa di accusa simile a quella delle atlete Usa contro la federazione nel 2017 portò alla firma di un contratto collettivo.
Ada Hegerberg, la più forte calciatrice europea, norvegese di nascita adottata dall'Olympique Lione, non sarà al Mondiale perché, dopo aver vinto il Pallone d'oro, ha lasciato la sua Norvegia per protesta contro il percorso ad ostacoli che le ragazze si trovano di fronte nello sport e nella vita.
Le stelle in campo
Questo Mondiale si giocherà su tanti terreni, che non sono solo le nove città ospitanti (Parigi, Lione, Reims, Nizza, Montpellier,
Rennes, Le Havre, Valenciennes, Grenoble), ma per le implicazioni sociali che entrano in campo da molto ormai quando si parla
di calcio femminile. Poi, il cuore batte e i muscoli entrano in fibrillazione e sarà calcio e solo calcio.
Ci sono Nazionali-corazzate, gli Usa, ad esempio, anche se qualche scricchiolio negli ultimi mesi si è sentito. La Francia, padrona di casa, tenta la doppietta: vincere nello stesso quadriennio la Coppa maschile e femminile. Poi, c'è il Brasile dell'infinita Marta, l'Inghilterra con Phil Neville in panchina e anche Giappone, Svezia e Olanda, campione europea in carica.
L'Italia, al Mondiale dopo vent'anni, se la gioca. L'entusiasmo è da primo giorno di scuola. Il girone non è agilissimo: Australia e Brasile ci sono superiori ma qualche punto lo si può fare, per poi vincere contro la debuttante Giamaica (si qualificano agli ottavi le prime due di ogni girone e le quattro migliori terze).
Cambio di passo
In Francia si punta a staccare un milione di biglietti (già venduti 750mila ticket) e a coinvolgere un miliardo di telespettatori
nel mondo (in Italia diretta Rai e Sky trasmette tutte le gare, di cui 37 in esclusiva). Sembra preistoria la prima edizione
del Mondiale: Cina 1991. Solo 12 Nazionali per 26 partite, con i diritti in capo alla tv cinese, un unico sponsor. E una manifestazione
quasi inesistente. Mentre per l'edizione del 2023 si sono già fatti avanti nove Paesi: Argentina, Australia, Bolivia, Brasile,
Colombia, Giappone, Nuova Zelanda, Sudafrica e Corea del Sud, che pensa a un'abbinata con Pyongyang. Con la Fifa che mette
le mani avanti: sarà valutato anche il rispetto dei diritti umani.
Non si torna più indietro. Let's play perché, dopo France 2019, abbia cittadinanza il motto Equal pay for equal play.
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