Tecnologie InnovazioneParla il co-fondatore di Airbnb: «Governi, aggiornate le leggi»
Uber e Airbnb: la legge, la tecnologia e il mercato
Che cosa hanno in comune Airbnb e Uber? Il primo è un sito che permette agli utenti di trovare case in affitto, e ai proprietari di affittarle, anche per periodi molto brevi, il secondo una app per prenotare auto di lusso e taxi.
Manco a dirlo, entrambe le aziende hanno il loro epicentro a San Francisco. Oggi arrivano quasi in tutto il mondo. Il vero punto di incontro è la rapidissima capacità che queste start up, che rispondono a una domanda di semplicità da parte degli utenti, hanno avuto di disintermediare il loro settore di riferimento.
A Milano lo scontro tra taxi e Uber va avanti da un anno con accuse e aggressioni, con l'intervento del Comune di Milano che ancora non è stato risolutivo. Le leggi in materia sono confuse e rinviano di continuo. Il Belgio ha vietato l'utilizzo di Uber, a Parigi ci sono state manifestazioni dei tassisti, ma quello che può stupire ancora di più chi pensa che si tratti del solito caso solo italiano sono gli episodi simili avvenuti in diverse città americane tra cui New York e persino San Francisco.
"Siamo un'attività nata nel 21esimo secolo che si trova di fronte a leggi scritte nel 20esimo secolo" dice a Nòva24 Joe Gebbia, cofondatore di Airbnb sei anni fa insieme a Brian Chesky e Nathan Blecharczyk. "In quei giorni c'era la design conference di San Francisco e l'affitto della nostra casa subì un aumento del 25%. Avevamo bisogno di soldi e decidemmo di fare un sito molto semplice per affittare una stanza. Vennero 3 designer. Siamo diventati amici, loro hanno conosciuto la città meglio di come avrebbero fatto in albergo, noi siamo riusciti a pagare l'affitto ed è nato Airbnb".
Oggi il sito è attivo in 192 Paesi e ha una valutazione di 10 miliardi di dollari. Uber è valutata 3 miliardi e mezzo e ha ricevuto un round di finanziamenti di 258 milioni di dollari da un gruppo di investitori guidati da Google Ventures. Sono aziende giovani, ma la retorica delle start up non vale più.
Airbnb ha avuto un'opposizione meno violenta rispetto a Uber, anche se da New York ad Amsterdam ci sono stati problemi normativi, legati all'affitto a breve termine, e soprattutto fiscali. "Siamo solo una piattaforma, la responsabilità di pagare le tasse è dei proprietari – risponde Gebbia -. Stiamo però dialogando con le autorità. A partire da San Francisco". Lì il supervisor David Chiu ha proposto nuove regole per inquadrare l'affitto a breve termine rendendo legale, a certe condizioni, quello che fa Airbnb. Tra le direttive c'è la necessità da parte dei proprietari di case di registrarsi in Comune e pagare le stesse tasse degli hotel.
Il nostro Paese, per numero di strutture presenti sul sito, è il secondo al mondo dopo gli Stati Uniti. "In Italia l'affitto a breve termine è legale in tutte le regioni. Quanto alle tasse, noi spieghiamo ai proprietari che devono pagarle e che è semplice".
Anche Uber, di fronte all'accusa di pratiche scorrette, dice che si tratta "solo di una piattaforma" e che non possono garantire per gli autisti. Nella disintermediazione rispetto a lobby e vecchi equilibri, però, il nuovo potere è delle piattaforme. La soluzione di "responsabilità" per ora è intesa nel senso di una stretta collaborazione con le autorità per riscrivere le leggi. "Il nostro successo dimostra che le persone sono pronte per un servizio come Airbnb – conclude Gebbia -. Quando siamo arrivati ad Amsterdam ci è stato detto: fermi, il noleggio a breve termine è illegale. Poi gli abbiamo fatto vedere quanti utenti avevamo e le opportunità economiche per la città. Le leggi sono state cambiate e ora possiamo operare. La tecnologia va più in fretta delle norme, eppure viaggiare sfruttando la condivisione delle case assomiglia a quello che facevano i nostri nonni un tempo". Più o meno.