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I cinque sintomi di «dipendenza» da social media

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studio britannico

I cinque sintomi di «dipendenza» da social media

Qual è il social media che crea più dipendenza (e in generale più problemi a livello psicologico) tra i giovani? E' la domanda a cui ha cercato di rispondere un recentissimo studio della britannica Royal Society for Public Health. Le reti sociali hanno infatti trasformato il modo in cui le nuove generazioni interagiscono tra loro. E se è vero che ciò ha creato grandi opportunità di apprendimento e creatività, è altrettanto vero che esiste un rovescio della medaglia: circa il 5% dei giovani risulta essere in uno stato di autentica dipendenza da social, peggio che con alcol e sigarette. Ma quali sono i segnali di questa dipendenza?

Il sintomo numero uno è rappresentato da ansia e depressione, aumentate del 70% tra i giovani nell’arco degli ultimi 25 anni. Con la ricerca scientifica che sottolinea come i grandi utilizzatori delle reti sociali (che trascorrono più di due ore al giorno online) siano quelli più a rischio. Sì perché - come spiega il report - la lente distorta della vita mondana così come compare sui social, con milioni di foto e video di volti sorridenti e felici, può indurre ansia in chi si sente fragile o inadeguato. Come spiega uno dei giovani che hanno collaborato alla stesura del report, l’uso dei social «ha aumentato i mio livello di ansia sociale perché sono costantemente preoccupato di cosa pensano gli altri delle foto che metto online».

Il secondo sintomo è la mancanza di sonno dei “social addicted”. Il riposo è fondamentale per tutti, ma in particolare per i teenager e i giovani adulti che si trovano ancora nello stadio di sviluppo delle loro funzioni cerebrali. E sono numerosi gli studi scientifici che associano una pessima qualità del sonno con l’abuso dei social media, soprattutto per chi non riesce a “staccare” nemmeno di notte svegliandosi per controllare i messaggi sui social (come confessa di fare circa il 20% dei giovani).

Terzo sintomo: l’ossessione di come si appare, la fissa della propria immagine, grande problema dei teenager e in particolare delle ragazze, che nel 90% dei casi si dichiarano insoddisfatte del loro corpo. Le dieci milioni di foto caricate ogni ora sulla sola Facebook rappresentano una fonte inesauribile di confronti fisici per ragazze con bassa autostima e dipendenza da social, tanto da spingere alcune di loro a considerare il ricorso alla chirurgia estetica (alla quale ammettono di avere seriamente pensato il 70% delle ragazze tra i 18 e i 24 anni).

Il quarto nodo è rappresentato dal cyberbullismo. Problema rilevante, visto che sette giovani su dieci affermano di esserne stati vittima almeno una volta, e che ben il 37% viene preso di mira di frequente. Statistiche allarmanti, sottolinea il rapporto, perché spesso chi è vittima del “bullismo digitale” finisce per manifestare depressione, ansia e isolamento, con le performance scolastiche che precipitano. Il cyberbullismo assume diverse forme e a volte si combina con quello “fisico”. Come racconta una giovane citata nello studio, «a scuola sono stata presa di mira da un gruppo di ragazze prima di persona e poi su Facebook. Ho iniziato a smettere di mangiare, a perdere sonno e a diventare molto ansiosa quando uscivo di casa per andare a scuola».

Il quinto sintomo di dipendenza è rappresentato da un fenomeno nuovo chiamato “Fear of Missing Out” (FoMO) e cresciuto a dismisura nell’era dei social. In pratica è la paura di “non esserci”, di venire tagliato fuori dagli eventi organizzati dagli amici perché non connessi ai social. Questo porta alla necessità di essere continuamente collegati in Rete, con correlata ansia.

Ma torniamo alla domanda di partenza: quali sono i social che più di altri rischiano di portare a uno stato di dipendenza dai risvolti negativi? La Royal Society for Public Health l’ha chiesto a circa 1500 giovani britannici tra i 14 e 24 anni, con l’intento di “profilare” i lati positivi e negativi di cinque popolarissime piattaforme. Nel complesso quella che ne esce peggio è Instagram, seguita da Snapchat, Facebook, Twitter e YouTube, quest’ultima percepita come meno “ansiogena” dai giovani.

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