Non c'è pace per Uber. Dopo la decisione del Ceo, Travis Kalanick, di prendersi un periodo indefinito di aspettativa, salta un'altra carica importante, quella del direttore David Bonderman. La notizia è arrivata a qualche ora di distanza dalla mail con la quale Kalanick annunciava ai dipendenti di Uber la sua volontà di lasciare la carica di amministratore delegato della società che lui stesso ha fondato. Bonderman si è dimesso per un motivo ben preciso: durante un incontro col personale di Uber si è lasciato andare in osservazioni che le donne del gruppo hanno ritenuto sessiste. E la vera beffa è che le sue parole sarebbero arrivate proprio durante un incontro in cui si parlava dei numerosi scandali a luci rosse che hanno travolto la società con sede a San Francisco negli ultimi mesi.
Bonderman, 74 anni, era in Uber da quattro anni come membro della società di private equity Tpg (di cuo è amministratore delegato), che ha investito nella ex startup di Kalanick nel 2013. Dopo le sue parole le dimissioni sono state quasi immediate, e Tpg sta già cercando un'altra figura per rimpiazzarlo.
Cosa succede adesso?
Il caos che ha travolto il colosso californiano ha diffuso un certo nervosismo fra gli investitori. Vale la pena ricordare che Uber, dal 2009 a oggi, ha raccolto più di 15 miliardi di dollari da investitori esterni. Più di chiunque altro. Una cifra “colossale”, per dirla come il New York Times che, recentemente, ha sottolineato come si tratti di denaro vero, e non di valutazioni campate in aria. Tirando in ballo i numeri relativi al solo 2016, si scopre che la società di Kalanick ha fatto registrare perdite nette pari a 2,8 miliardi di dollari (peggio dell'anno prima, quando i miliardi era stati 2,2), ma ne ha raccolti ben 2 da investimenti esterni. Ed è per questo che il terremoto che ha stravolto i vertici societari tiene in ansia chi ha scommesso sull'ex startup. Fra gli investitori più noti ci sono la cinese Baidu, un fondo sovrano dell'Arabia Saudita (che ha consegnato alla società di
Kalanick 3,5 miliardi di dollari), ma anche Google e Toyota. Tutti investitori che dentro Uber han messo soldi veri e che oggi si interrogano pesantemente sul futuro della società dell'autonoleggio.
Dal 2012 a oggi le perdite di Uber sono aumentate costantemente, ciononostante il valore della società è vicino ai 70 miliardi di dollari. Giova ricordare, però, che Uber non è quotata in borsa, e che grazie a questo può non rendere pubblici molti dettagli finanziari. A ciò va aggiunto che se la società fosse stata quotata, gli ultimi accadimenti avrebbero inciso non poco sul valore della stessa. Cosa succederà adesso? Basterà l'allontanamento di Kalanick a rimettere le cose apposto? Interrogativi che pesano come macigni.
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