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# Elezioni2018, se la Polizia scende in campo contro le fake news

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L'Analisi|# Elezioni2018

# Elezioni2018, se la Polizia scende in campo contro le fake news

Diciamo che la rete non l'ha presa molto bene, e in certi casi neppure molto sul serio, la notizia secondo cui le fake news possono essere segnalate alla Polizia di Stato. Pur con tutto il dichiarato rispetto della libertà di espressione, cui fa riferimento il comunicato, il “red button” messo a disposizione sul sito www.commissariatodips.it, presenta un forte sapore indigeribile soprattutto per chi da sempre difende la non autorizzazione preventiva della pubblicazione sulla stampa e su Internet delle opinioni dei cittadini.

Anche di quelle discutibili, almeno finché non diventano offensive o lesive della dignità altrui, sconfinando in territorio di reati. Un'attività comunicativa che in diversi casi ha assunto i lineamenti di notizie fake, in grado di condizionare il momento clou della vita democratica di un paese ossia le elezioni, come accaduto lo scorso anno negli Stati Uniti o nel Regno Unito con il referendum su Brexit.

A sei settimane dal voto italiano, nel pieno di una campagna elettorale senza esclusione di colpi “veri” - e con notizie la cui gradazione tra real e fake è labile - è attesa a breve una presa di posizione di Facebook, che da dominus dei social nutre una grande preoccupazione in merito all'affidabilità dell'ecosistema digitale da cui trae i circa 16 miliardi di dollari di profitti l'anno e i circa 5 di utili worldwide. Anche per questo ha fatto sobbalzare i più il comunicato pubblicato sulla Polizia di Stato in cui campeggia proprio il volto di Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, su cui è stampato in un rosso acceso il timbro FAKE. Il ministero dell'Interno italiano ha deciso di fare concorrenza a quello di altri paesi in cui la libertà di espressione si accende e si spegne come una lampadina male avvitata?

Come sempre occorre vedere le cose da vicino e nel proprio contesto per farsi un'idea compiuta. Il meccanismo di “red button” attivato sul sito web consiste in un ingaggio che spingerà la Polizia postale a verificare “per quanto possibile, l'informazione, con l'intento di indirizzare la successiva attività alle sole notizie manifestamente infondate o apertamente diffamatorie”. Successivamente entra in azione un team di esperti del Cnaipic (Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche), attivo 24 ore su 24, che prende in esame la segnalazione attraverso approfondite analisi, grazie all'utilizzo di “tecniche e software specifici”. Il comunicato della Polizia di Stato sottolinea come il Red button si attiverà a tutela dei singoli e della comunità, per evitare che le fake news possano “destare allarme sociale” e per arginare chi “al solo scopo di condizionare l'opinione pubblica, orientandone tendenziosamente il pensiero e le scelte, elabora e rende virali notizie destituite di ogni fondamento, relative a fatti od argomenti di pubblico interesse”.

Una bella sfida a Orwell, ma attenzione: qual è l'esito dell'istruttoria scatenata dal Red button? “E qualora venga individuata con esattezza una fake news, sul sito del Commissariato di Ps on line e sui canali social istituzionali verrà pubblicata una puntuale smentita”. Viene in mente il verso di De André: “Le contromisure fino a quel punto si limitavano all'invettiva”. Ma come in Bocca di Rosa, la questione non si riduce solo alla contraerea comunicativa istituzionale: sarà interessante controllare i controllori, verificare quali e quante saranno le fake news della campagna elettorale in corso e chi riguarderanno. I candidati premier, i loro staff e i loro partiti saranno messi all'indice tenendo anche conto di un principio di par condicio della sanzione reputazionale? Oppure non si guarderà in faccia a nessuno? E come incideranno queste notizie in campagna elettorale? Inoltre: se e in quali casi la questione si risolverà nella risposta istituzionale o piuttosto da queste segnalazioni – documentate e sottoposte a certificazione da parte dell'autorità preposta – scaturiranno denunce per reati a mezzo stampa, pardon social, come nel caso di diffamazione? E la querela di parte, così come la controquerela, saranno considerate dagli organismi di polizia nello stesso dossier o in dossier paralleli da inviare in Procura?

Sarà in ogni caso interessante monitorare il lavoro della Polizia postale in questo frangente, impegnata come presumibile nel trovare, in mezzo a una pletora di segnalazioni, quella casistica che sicuramente e in maniera inequivocabile può essere individuata come una fake news. In questo senso sarà interessante capire se e come il Red button si trasformerà in strumento della competizione politica, premuto da una parte contro l'altra nella speranza di spingere la Polizia postale a individuare nella massa di segnalazioni la pepita nera delle fake news: se non per il suo merito, magari per sfinimento.

Che il tema sia delicatissimo è fuori di dubbio. Così come fuori di dubbio è che la via maestra per combattere le fake news, l'educazione digitale e alla cittadinanza, è una strada lenta, i cui frutti non arrivano in fretta. Soprattutto se non si parte mai. Così come è fuori di dubbio che in questa circostanza la strada imboccata dal Ministero appare discutibile, analogamente alle sanzioni che l'ordinamento giuridico tedesco ha fatto entrare in vigore a partire da quest'anno: se è vero che la libertà di espressione non può essere sottoposta a riserva è altrettanto vero che solo l'annuncio di misure di questa natura può da una pare minare la libertà di espressione degli individui, dall'altra rischia di esasperare la suscettibilità di chi ha poca fiducia nella terzietà delle istituzioni e vede complotti ovunque. Fino a trascinare le forze di Polizia nella contesa politica. Il che è un risultato che al momento è obiettivo universalmente considerato da scongiurare.
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