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Perché la guerra dei chip è ormai un affare di Stato

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Perché la guerra dei chip è ormai un affare di Stato

Gary Brotman, capo intelligenza artificiale e machine learning di Qualcomm
Gary Brotman, capo intelligenza artificiale e machine learning di Qualcomm

Incontriamo Gary Brotman, capo del product management lato intelligenza artificiale e machine learning di Qualcomm, in una mattinata caotica al Mobile World Congress di Barcellona. Mentre iniziamo a parlare Qualcomm è tra i titoli principali dei giornali online di mezzo mondo. Broadcom vuole comprarla, il board di Qualcomm alza il prezzo. I manager nella stanza bianca dietro allo stand riservata alle interviste sorridono, cercano di dissimulare, non parlano dell’operazione ma si percepisce un clima di apprensione.

Quello dell’attesa, oggi finita con Broadcom - sede a Singapore, in procinto di spostarla negli Usa - che si ritira dopo che Trump ha bloccato l’operazione per rischi di sicurezza nazionale. Potrebbe non essere l’ultimo capitolo: ora sembra che Paul Jacobs, per anni ceo dell’azienda che suo padre fondò nel 1985, stia prepararando un’operazione di buyout insieme ad altri investitori.

Insomma Qualcomm, quell’azienda che i non addetti ai lavori non conoscevano fino a poche settimane fa nonostante con buona probabilità avessero tra le mani uno smartphone con processore Snapdragon, oggi è diventata il simbolo dell’innovazione americana, da proteggere. La preoccupazione era soprattutto che l’azienda, una volta nelle mani di Broadcom, venisse gestita con un’ottica di massimizazione dei profitti e meno focus su ricerca e sviluppo.

All’ingresso del quartier generale di Qualcomm, a Dan Diego, si viene accolti da un muro tappezzato di targhette. Una per ogni brevetto. È un grossa risorsa di business, quella della licenza dei brevetti - il principale è quello della vendita di processori. E guardando al futuro lo è il ricco portafoglio di brevetti per il 5G.

Sempre alla fiera tecnologica di Barcellona, interviene Ajit Pai, il capo della Fcc americana noto come l’uomo che ha abolito la net neutrality. Che nel suo speech ripete: «Gli Stati Uniti vogliono essere leader nel 5G». È chiaro che si rivolge a Huawei e al rischio che sia la Cina ad aggiudicarsi questo pezzo di business tecnologico nel prossimo quinquennio. Allo stesso modo, Huawei è nella testa della commissione americana che blocca l’operazione Broadcomm, visto il posizionamento privilegiato dell’azienda nel 5G.

E nell’intelligenza artificiale. Di recente Erich Schmidt, ex Google, ha messo in guardia gli Stati Uniti dal rischio che la Cina arrivi prima anche in questo campo. Mondo complesso con molti protagonisti, che sul versante dei chip per cellulari è diventato un trend: Apple e Huawei hanno presentato telefoni con chip pensati per l’intelligenza artificiale. Qualcomm ha lanciato la sua piattaforma, che funziona con il nuovo Snapdragon 845, ma anche sui già disponibili 660, 820 e 835.

Ma la AI è un tema hardware o software? «È soprattutto software - risponde Brotman - ma per dare una risposta all’utente devono lavorare insieme diverse componenti: noi mettiamo il silicio, un pezzo di software; Google mette il suo software, poi ci sono le applicazioni. I produttori di hardware connettono tutto questo con alcune specifiche, ad esempio nella fotocamera».

Sull’AI, lato chip, si sta muovendo Google con il suo TPU, che fornisce intelligenza via cloud, e il visual core che ha inserito nel Pixel 2, dedicato alle immagini. È un competitor? «Lavoriamo soprattutto insieme, usano i nostri processori nei loro smartphone». Brotman pone però molta enfasi sui vantaggi di una soluzione sul device piuttosto che via cloud. «Pensi al riconoscimento del volto. È una tecnologia critica e, specie se serve anche per autorizzare i pagamenti online, va gestita assicurando la privacy sul dispositivo. C’è poi una maggiore velocità e disponibilitò, visto che non c’è bisogno di essere sotto copertura di rete. Se un’auto che guida da sola deve analizzare e riconoscere oggetti sulla strada in tempo reale, non può esserci latenza».

L’intelligenza artificiale va oltre lo smartphone. «C'è una grande opportunità nell’internet delle cose in generale, a partire da smart speaker e telecamere connesse per la sicurezza domestica, e i visori per realtà virtuale e realtà mista, con un’interazione e non semplice sovrapposizione tra reale e virtuale». Snapdragon lavora su diversi oggetti con Alexa di Amazon ed è su 20 diversi visori, a partire da Oculus Go.

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