Lo streaming sempre di più segmento trainante di un’industria discografica mondiale che nel 2017 avanza dell’8,1%, infilando per la prima volta il terzo anno consecutivo di crescita dal 1997 a questa parte. Questo il quadro che emerge dall’ultima edizione del Global Music Report di Ifpi, la federazione mondiale dei discografici, secondo la quale il business di settore a livello mondo l’anno scorso, quello dominato da Ed Sheeran e dal tormentone Despacito, si è attestato a quota 17,3 miliardi di dollari.
Lo streaming guida i ricavi e, per la prima volta, è diventato la principale fonte di entrate con 176 milioni di utenti di servizi streaming a pagamento, contribuendo alla crescita del segmento del 41,1% su base annuale. Lo streaming rappresenta il 38,4% dei ricavi totali dell’industria discografica e la sua crescita ha più che compensato il calo del 5,4% delle entrate fisiche e quello del 20,5% di quelle inerenti il download. Nel 2017 i ricavi digitali hanno rappresentato per la prima volta oltre la metà di tutte le entrate (54%). Il terzo anno consecutivo di crescita segue tuttavia quindici anni di significativo calo delle entrate. Nonostante il recente rialzo, i ricavi del 2017 corrispondono solo al 68,4% del picco del mercato del 1999. «Le case discografiche - dichiara Frances Moore, numero uno di Ifpi - stanno lavorando per alimentare questo recente ritorno alla crescita, guidate dai loro continui investimenti, non solo negli artisti ma anche nelle innovazioni digitali che stanno arricchendo l’esperienza degli appassionati di musica di tutto il mondo».
In Italia «accelera» il 2018
E in Italia? «Il mercato - sottolinea Enzo Mazza, presidente di Fimi, la Confidustria dei discografici - nel 2017 ha visto un calo per lo più dovuto a una revisione delle basi contrattuali con le piattaforme, ma i primi mesi del 2018 hanno già mostrato un nuovo balzo con lo streaming (+67,5%) che supera il fisico, comunque in crescita nel primo trimestre (+5,8%)». Oggi lo streaming in Italia rappresenta il 45% di tutte le entrate discografiche e supera di poco i ricavi del segmento fisico. In calo invece il download. Tra il 2013 e il 2017 il mercato italiano digitale ha visto una crescita media del 13 per cento.
Il nodo del «value gap»
Resta tuttavia ancora aperta la questione del «value gap» ossia la disparità tra i ricavi che provengono da alcune piattaforme di streaming rispetto a quanto viene corrisposto agli aventi diritto. Le discontinue applicazioni delle leggi sulla responsabilità online hanno incoraggiato alcune piattaforme digitali a sostenere che non sono responsabili per la musica resa disponibile al pubblico. Oggi i servizi come YouTube, che si sono sviluppati in sofisticate piattaforme musicali on demand, sostengono che non sono legalmente responsabili della musica che distribuiscono sul loro sito. L’Ifpi incoraggia all0ra «un’azione legislativa per garantire che le leggi sulla responsabilità del copyright siano applicate correttamente e coerentemente, in modo che le piattaforme non possano affermare che non è necessario disporre di una licenza per distribuire la musica: tutta la comunità musicale chiede ai responsabili politici di agire».
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