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Il digitale a scuola? Non rovina scrittura e lettura. Ma tutto dipende…

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Il digitale a scuola? Non rovina scrittura e lettura. Ma tutto dipende dall’insegnante

Digitale a scuola, sì o no? Lo smartphone può essere utilizzato in maniera efficace in chiave didattica? Tablet e pc rappresentano un valido supporto per l'apprendimento? Oppure i device digitali hanno conseguenze negative in termini di dipendenza e di passività, soprattutto in età evolutiva? Il dibattito prosegue da tempo tra gli addetti ai lavori e infervora gli animi di genitori e docenti, spesso preda di posizioni estremizzate che faticano a trovare punti di confronto.
Forse il dibattito è mal posto perché il digitale è una realtà da cui non si può prescindere e la scuola «deve necessariamente utilizzarne i vantaggi per un didattica e una carica motivazionale e inclusiva». Sono queste le conclusioni di una ricerca condotta da ImparaDigitale e dal Cnis dell'Università di Padova con il supporto di Acer for Education che rappresenta la più vasta indagine sul campo sugli effetti del digitale sull'apprendimento.

Che, per esempio sfata una dei luoghi comuni dei critici: alla verifica sperimentale la capacità di scrittura e di lettura non vengono compromesse, anzi statisticamente chi usa il digitale fa meno errori ortografici e sbaglia di meno nel dettato e nella lettura.
Il dato di fatto è che la tecnologia permette una maggior velocità e fluidità dei processi, ma risulta “vantaggiosa rispetto alla carta solo se mediata dalla individualizzazione della didattica”. Il che significa alla fine che il ruolo decisivo è quello del docente come mediatore e accompagnatore sul percorso didattici, analogico o digitale che sia.
«Noi conosciamo le cose, ma non conosciamo le cause delle cose – spiega Daniela Lucangeli, docente di Psicologia dello sviluppo e pro-rettore dell'Università di Padova e coordinatrice della ricerca -. La scuola non solo può, ma deve soddisfare le esigenze educative fondamentali: dobbiamo creare spazi in cui noi governiamo il digitale e lo sfruttiamo per toglierci l'ansia del sapere, in piena consapevolezza dei pericoli e dei rischi. In questo la scuola ha un potenziale immenso, fatto di un numero infinito di connessioni che ogni docente ha a disposizione».

«Non sarà vietando l'uso dello smartphone in classe che si risolveranno i problemi, ma neppure facendo ricorso in maniera automatica e acritica a soluzioni digitali stereotipate che finirebbero per ricalcare lo schema della lezione tradizionale - aggiunge Dianora Bardi, presidente di ImparaDigitale -: i ragazzi oggi sono profondamente diversi e diventeranno sempre più alieni se non riusciremo a riconquistarli ascoltandoli, comprendendo le loro difficoltà, cercando di rendere positivo l'uso del digitale».

Il digitale è
Basta qualche cifra per comprendere che neanche la scuola può prescindere dal digitale. Secodo i dati di Apple, i suoi utenti sbloccano il cellulare in media 80 volte al giorno e arrivano a “picchettare” lo schermo più di 2.600 volte al giorno. Mentre la rilevazione della ricerca segnala che i bambini, sempre a livello medio, a tre anni hanno già in mano un device elettronico e oggi lo utilizzano attorno alle sette ore al giorno, fine settimana inclusi.

Gli stessi bambini crescono in un ambiente in cui gli stessi adulti sono immersi nelle tecnologie di connessione: «Dobbiamo conoscere la realtà se vogliamo educare alla realtà», sintetizza Lucangeli. La ricerca ha coinvolto 1.4900 docenti di 45 scuole primarie in tutta Italia e oltre 1.300 bambini tra 6 e 11 anni.

Digitale sì
«Non si sono rilevate differenza significative nella scrittura tra le classi che utilizzano frequentemente il digitale e quelle che non lo utilizzano – spiega Maria Lidia Mascia, la ricercatrice del Cnis che insieme a Simona Perrone, ha condotto la ricerca -, ma abbiamo rilevato significative differenze a livello di processi cognitivi, soprattutto in termini di valori più elevati di memoria visuo-spaziale e intelligenza fluida>, il che implica la capacità di affrontare i problemi da diversi punti di vista.
Lo stesso effetto è stato rilevato nell'ambito dell'utilizzo del multimediale nell'apprendimento più generale: la differenza è più marcata a livello di processi cognitivi, soprattutto per quanto riguarda l'intelligenza fluida e la maggiore velocità percettiva. Anche se poco utilizzato oggi nella didattica, in particolare per problemi connessi ai costi, il videogioco ha effetti molto positivi a livello di coinvolgimento emotivo e di riduzione dell’ansia, favorendo, nel caso specifico, la comprensione delle frazioni in anticipo rispetto ai tempi previsti.

Digitale no
Stress relazionale, disturbo del sonno, effetti depressivi, aumento dell'ansia, disturbi del processo neurale: a sentire Daniela Lucangeli si comprende come i primi a subire gli effetti negativi siano spesso gli stessi adulti, che quindi non riescono a gestire il processo “educativo” nell'utilizzo della tecnologica. Ecco perché il ruolo della scuola è decisivo: «La vera e propria dipendenza dal sistema digitale si sviluppa quando il processo non è sufficientemente guidato e supportato».

Il cellulare ci distoglie dall'essere presenti con i nostri vicini, ma genera anche disturbi del sonno, durante il quale avvengono processi di “cleaning” che non riescono a dispiegare appieno i loro effetti. Oppure ansia da separazione dal device che abbiamo provato spesso quando non possiamo essere connessi, con sintomi più o meno espliciti di dipendenza. Questi effetti sono tanto più gravi in momenti di crescita e di maturazione del processo neurale.
«Ma non dobbiamo farci prendere dalla paura: c'è un pericolo, bisogna combatterlo e prevenirlo con la piena consapevolezza. E in questo la scuola ha una potenzialità immensa», conclude Lucangeli.

Che fare a scuola?
I docenti sostengono di avere elevate competenze digitali, ma sono carenti nell'applicazione pratica: «Sanno usare gli strumenti, ma poi non li sanno utilizzare in maniera mirata: sono pochi quelli che conoscono un tool come Google Scholar per verificare l'attendibilità e la qualità delle fonti», spiega Mascia. Fanno fatica, insomma, a usare in maniera consapevole le risorse sfruttandole al meglio per una didattica personalizzata, fatta su misura del bambino e delle sue esigenze.

La profilazione della proposta ha ancora più valore tenendo conto dell'elevata efficacia che il digitale può avere, secondo i docenti, nell'affrontare bisogni speciali e disturbi dell'apprendimento. Anche in questo caso sulla base di approcci personalizzati e modulati sulla base dei singoli casi.
Da qualsiasi parte la si guardi influisce la modalità di utilizzo delle tecnologie a scuola: «Se gli strumenti sono utilizzati in maniera standardizzata e passiva, i bambini rischiano di risultare lo stesso poco interessati e motivati», sintetizza Mascia. Esattamente come l'analogico.
Per di più il digitale per i docenti rischia di essere qualcosa di ancora lontano: il 77% non ha a disposizione gli strumenti per una didattica personalizzata

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