Di fronte all'aumento dei fenomeni migratori degli ultimi anni, il sistema scolastico ha un ruolo fondamentale nell'integrazione dei nuovi arrivati. Che siano di prima o di seconda generazione, la scuola e gli insegnanti di paesi sviluppati possono giocare un ruolo decisivo nell'aiutarli a integrarsi nelle comunità locali, a vincere la diffidenza e la paura e a costruire una prospettiva educativa, professionale e sociale. Non c'è dubbio infatti che le condizioni socio-economiche e le barriere linguistiche rappresentino due dei maggiori ostacoli che impediscono un'integrazione positiva.
Il nuovo rapporto dell'Ocse, focalizzato proprio sul contributo che la scuola può fornire nel mitigare le tensioni e le divisioni provocate dai flussi migratori, indica una serie di attenzioni concrete con cui il sistema educativo può contribuire ad agevolare l'integrazione. Insegnare rapidamente ai migranti la lingua, aggregare un team di docenti dedicati alla didattica nella diversità culturale, offrire sostegni supplementari agli studenti e alle scuole in difficoltà, realizzare progetti efficaci contro il bullismo, organizzare attività extracurriculari e coinvolgere i genitori sono tutti sistemi che possono contribuire a migliorare le condizioni dei ragazzi migranti.
Flussi migratori in crescita
Il fenomeno migratorio sta modificando la composizione sociale dei paesi e sta cambiando rapidamente la composizione delle classi in tutti i paesi Ocse, che poi sono quelli più industrializzati, che devono fare i conti con flussi in costante crescita. Nel 2015 i migranti verso i paesi Ocse sono stati 4,8 milioni.
I dati del rapporto Ocse sono quelli del Pisa, il programma di misurazione dell'efficacia dei sistemi scolastici nazionali, fermi al 2015. Ma danno un'idea del fenomeno. Già tre anni fa uno studente su quattro di 15 anni era straniero o con almeno un genitore straniero, percentuale che cresce a uno su due in paesi come Svizzera e Lussemburgo. In Italia siamo al 17%, il che vuol dire meno di uno ogni cinque.
Tra il 2003 e il 2015 la quota di studenti migranti di prima o seconda generazione sono aumentati di sei punti percentuali, anche se le ondate migratorie dal 2000 rappresentano solo un aumento di un punto percentuale.
L'integrazione necessaria.
La capacità delle società nazionali a mantenere la coesione sociale di fronte ai flussi migratori dipende largamente dalla loro capacità di integrare i migranti, sottolinea il rapporto: «L'istruzione può aiutare i migranti ad acquisire competenze in modo da poter contribuire all'economia del paese che li ospita; può anche contribuire al benessere sociale e psicologico dei migranti e sostenere la loro motivazione nel partecipare alla vita civile e sociale dei paesi».
Gli studenti devono prima di tutto “superare le avversità connesse con lo spostamento, la condizione socio-economica, le barriere linguistiche e la difficoltà di creare una nuova identità, tutto nello stesso momento”. In questo senso la scuola ha una grossa potenzialità nel superare queste difficoltà non solo sulla base del profitto scolastico, ma anche sul loro senso di appartenenza alla scuola, l'autostima e la soddisfazione e la motivazione a raggiungere gli obiettivi.
Performance scolastica condizionata
È un dato di fatto che gli studenti migranti tendano ad avere performance scolastiche insufficienti. L'Ocse sottolinea che questo è ancora più vero per gli immigrati di prima generazione: il 51% di loro non raggiunge le capacità di base in lettura, matematica e scienze rispetto al 28% degli altri studenti.
Ma anche tutti gli altri indicatori, dal senso di appartenenza all'ansia scolastica alla soddisfazione nei confronti della vita segna performance peggiori rispetto alla media degli studenti non migranti. Andando a peggiorare il senso di frustrazione e di esclusione rispetto alla società nel suo complesso.
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