Quattordici banche italiane stanno sperimentando un sistema per la spunta bancaria (si veda box a fianco, ndr), mentre un gruppo di istituti europei è pronto a mettere in produzione una piattaforma per processi di back office. Tutto su blockchain. La finanza continua a essere l’ambito privilegiato per le applicazioni della tecnologia alla base del Bitcoin. Ma anche altri settori industriali si affacciano al mondo della “catena dei blocchi” prendendo confidenza con una tecnologia tutt’altro che semplice. Barilla ha avviato un progetto pilota per il tracciamento dal seme fino alla fabbrica del basilico e Perugina ha in corso una sperimentazione per seguire il Bacio dall’uscita della fabbrica lungo tutto il percorso della filiera di esportazione. Anche Torrefazione San Domenico e Gruppo Italiano Vini hanno avviato progetti simili per garantire la tracciatura delle materie prime. Il «made in Italy» più tradizionale sembra intuire il potenziale di benefici della blockchain, in termini di certificazione della filiera e delle materie prime per poter evitare contraffazioni e rischi di qualità.
Una garanzia assoluta di cui i prodotti tradizionali, dall’agroalimentare al tessile alla logistica, non hanno che da guadagnare. La blockchain è - per farla facile -un grande database distribuito per gestire transazioni tra più nodi della rete, all’interno dei quali viene replicato il registro stesso in modo da renderne praticamente impossibile la manomissione. Il tutto senza la necessità di un soggetto centrale. In verità le aziende hanno bisogno almeno di poter gestire i partecipanti alla rete, utilizzando blockchain private, quelle “permissioned”.
Se il primo passaggio è l’individuazione dell’asset da gestire con la blockchain, quello più complesso è la realizzazione della rete: «Le soluzioni con maggiori potenzialità sono quelle che coinvolgono molteplici attori in un ecosistema in cui manca un attore forte in grado di trainare gli altri, ma ci sono tanti piccoli attori che devono interagire - spiega Valeria Portale, direttore dell’Osservatorio Blockchain del Politecnico di Milano -. La principale difficoltà è mettere d’accordo attori molto diversi tra loro». «La parte più delicata della progettazione è concordare una governance condivisa tra tutti i nodi dell’ecosistema in modo che sia esplicita la modalità con cui si esprime il consenso attorno allo stato dell’asset individuato», gli fa eco Massimo Chiriatti, client technical manager Blockchain di Ibm. «La sfida è che il progetto, per diventare industrialmente efficiente ed efficace, deve far leva su un ecosistema completo con la mappatura di tutti gli attori: il vero valore della blockchain è che possa essere utilizzata da tutti gli attori, con benefici in termini di tracciabilità, condivisione e sicurezza per l’intero ecosistema», conferma Fabio Moioli, direttore Enterprise Services di Microsoft Italia.
La predisposizione della rete di nodi e della sua governance si rivela la parte più dispendiosa anche in termini economici: le prime sperimentazioni si muovono su scala di diverse decine di migliaia di euro, non proprio alla portata di tutte le aziende. Soprattutto in un momento in cui la tecnologia non garantisce ancora benefici sicuri e definiti. Per questo il mercato si va muovendo verso un modello “as a service”. «Per semplificare l’avvio di progetti è possibile predisporre una libreria di modelli preconfigurati - spiega Moioli di Microsoft -: già oggi siamo in grado di realizzare hackathon su misura con soluzioni pronte in 24 ore. I modelli richiedono competenze tecniche, ma consentono agli sviluppatori di realizzare facilmente soluzioni su misura per le aziende». Sia Microsoft che Ibm offrono la consulenza per la modellazione dell’ecosistema, che poi viene appoggiato sul cloud, per ridurre i costi di gestione.
Di fondo rimane anche un problema di cultura: manca la piena consapevolezza della tecnologia e dei campi di applicazione e prevale una generale diffidenza rispetto ai benefici potenziali. Ma sono carenti anche le competenze che permettano alle aziende più piccole di implementare le soluzioni in maniera semplice. Un blocco che potrà essere superato con il proliferare di applicazioni e modelli effettivi, ma anche dalla diffusione attorno alle reti dei grandi: «È ancora una tecnologia relativamente immatura: le Pmi faticano a comprendere la tecnologia e a fare investimenti ingenti in ricerca. La soluzione sarà l’individuazione di un metodo per affinare e standardizzare le soluzioni; ma potrà funzionare l’effetto filiera, con i più piccoli che possono agganciarsi a reti e soluzioni di attori più grandi in cui sono inseriti come nodi», sostiene Chiriatti di Ibm.
«Gli attori più grandi possono fare da catalizzatori per coinvolgere anche le aziende più piccole nella medesima blockchain - sottolinea Portale -: la capofila mette a disposizione la rete in modo che altri possano aggiungere on top funzionalità e servizi fatti su misura». È il caso di Maersk, l’operatore di logistica che ha avviato una blockchain per la tracciatura delle merci, con tanto di registrazione di carico e scarico e di documentazione di dogana. Con un ecosistema aperto, in grado di “gemmare” altre soluzioni: piccole blockchain di blockchain.
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