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Pop, rap e (algo)ritmo latino: come ti scrivo il tormentone…

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Pop, rap e (algo)ritmo latino: come ti scrivo il tormentone estivo perfetto

Come si produce la perfetta hit musicale? Fino a qualche anno fa dovevi andare a Broadway, citofonare al Brill Building e chiedere di una coppia d’autori a caso tra Leiber e Stoller, Goffin e King, Bacharach e David.

Ai tempi dello streaming, con l’algoritmo a farla da padrone, il «gusto» del pubblico non è più entità astratta, ma un flusso che si può tracciare, analizzare e codificare. Esattamente quello che hanno fatto gli studenti del corso di data science dell’Università Milano Bicocca che, per il progetto Spotiwhy, hanno analizzato tutti i dati di ascolto su Spotify del 2017. Fino a carpire i segreti del «tomentone» perfetto.

Se scrivete canzoni e puntate alla hit estiva o al «classicone» scala classifiche, prendete nota: la hit delle hit è un brano di un artista di lingua inglese, relativamente giovane (non deve aver esordito prima del 2000), di sesso maschile. Un pezzo di genere pop, meglio se con qualche inciso rap e qualche spruzzo di Latin, non più lungo di 3.34 minuti, con un perfetto equilibrio tra ballabilità, grado di positività e carica di energia. Caratteristiche che devono prevalere sul grado di acusticità. Se fossimo il dottor Frankenstein, tireremmo su un mostro anglolatino con insieme le fattezze di Ed Sheeran e Louis Fonsi, gli artisti che hanno dominato rispettivamente le classifiche di album (Divide) e singoli (Despacito).

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L’identikit dell’artista perfetto
Noi con le formule preferiamo giocarci. E il progetto Spotiwhy rappresenta un bellissimo giocattolo. Quello dell’hitmaker, per esempio, è un mestiere da maschi: le classifiche Spotify del 2017 vedono prevalere in maniera molto netta gli uomini sulle donne. Piuttosto episodica l’affermazione delle band che pure, in altre epoche (gli anni Sessanta e Settanta), furono il veicolo prediletto della nuova musica. Quanto alla provenienza geografica, le hit sono dominate da artisti di Nord America o Europa, con una significativa presenza di Sud America soprattutto nei periodi estivi, quando impazza il reggaeton. L’artista deve quindi essere «giovane»: se ha esordito prima del 2000, è piuttosto improbabile che finisca in classifica. Meglio ancora se ha mosso i primi passi dal 2010 in poi.

La costruzione di un successo
Come si costruisce un successo, dati alla mano? Partire dal genere può aiutare: il pop la fa da padrone quasi per tutto l’anno, lasciando ai ritmi latini un’egemonia circoscritta ai mesi estivi, quando il pubblico vuole ballare. Il rock affiora qua e là nel corso dei 12 mesi, ma è sempre un episodio. Molto più rappresentativo in termini di classifica è il rap, ormai a tutti gli effetti seconda colonna portante del «palazzo» del music business. Tra le caratteristiche che la vostra canzone dovrà avere per finire in classifica, occhio soprattutto alla ballabilità: in estate è particolarmente premiante. Se invece ambite a fare cassa sotto Natale, quando si vende qualche disco (fisico) in più, attenti al grado di positività: che la melodia sprizzi buoni sentimenti a ogni battuta. Dimenticatevi poi quei bei pezzi lunghi che si portavano ai tempi del progressive, finita è l’epoca di 21st Century Schizoid Man e The Dark Side of The Moon: la gran parte dei brani che si piazza in classifica dura intorno ai tre minuti. E poi i testi, signori miei: abbiate cura di inserire le parole «Love», «Know» e «Need». Ossia: «amare», «conoscere» e «aver bisogno di», concetti indispensabili per la costruzione di una hit.

Sogno di una notte d’estate (senza reggaeton)
E allora vi piace questo mostro di Frankenstein un po’ Ed Sheeran e un po’ Louis Fonsi? Troppo bello per essere vero? O al contrario troppo brutto? Dipende da quello che chiedete alla musica. Il «compitino» è scienza esatta. Se vi piace essere sorpresi, invece, lasciate le formule del successo ben chiuse dentro il cassetto. Ma sappiate che quelle stesse formule vengono puntualmente suggerite dalle piattaforme di streaming della musica (Spotify in primis) a chi la musica la produce (case discografiche, editori, autori). Se chi realizza beni e servizi passa le notti a studiare le indagini di mercato, perché non dovrebbe farlo chi realizza quelle pillole di felicità a azione istantanea che portano il nome di canzoni? Forse perché la musica, pur essendo organizzata secondo criteri matematici, obbedisce a logiche che non sono logiche. E, prima o poi, vedrete: tornerà un’altra estate. E il reggaeton si scopre tremendamente fuori moda.

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