Come cambierà Android dopo la multa di 5 miliardi di dollari inflitta dalla commissione europea a Google? È presto per rispondere in maniera compiuta, anche perché Google impugnerà la deicisione, ma guardando al mercato e alle scelte dei consumatori si può ipotizzare che, almeno nel breve periodo, potrebbe non cambiare molto. Anche se Google lascia immaginare il contrario. Vediamo le tre accuse di Google, perché vanno a toccare tre pratiche commerciali che dopo la decisione della Ue l’azienda di Mouintain View dovrà sospendere.
La Commissione dice che Google, a differenza di quanto fatto oggi: 1) non potrà impedire il fork di Android, ovvero versioni non ufficiali, al produttore che volesse proporre al consumatore app Google preinstallate; 2) Non potrà chiedere ai produttori di preinstallare alcune app di Google, come la ricerca e il browser Chrome, come condizione per poter installare il negozio di applicazioni Google Play; 3) Non potrà pagare i produttori per avere soltanto Google come motore di ricerca preinstallato.
Sul punto 1, quello del fork, la risposta di Google è che la regola serviva per evitare le frammentazione e dunque permettere che le stesse applicazioni potessero girare su diversi telefoni. Con gli anni Android, che è open source e quindi tecnicamente modificabile dagli sviluppatori con versioni, appunto, fork, ha migliorato in effetti la standardizzazione. È vero anche, come dice Google, aziende come Amazon hanno già usato fork di Android, come fatto sul Kindle Fire, ma infatti non ha preinstallato app di Google ne Google Play. Alle nuove condizioni potremmo dunque vedere più fork di Android. Samsung, per parlare del produttore di più smartphone Android al mondo, potrebbe valutare di fare un fork Android, ma quali sono i vantaggi? Presto per dirlo.
Il punto 2 è più facile da immaginare: potremmo trovarci più spesso di fronte a smartphone Android senza applicazioni Google preinstallate. Anche se non è certo: la Commissione Ue non ha detto che le applicazioni non possono essere preinstallare, ma che Google non può chiederlo. Samsung, Huawei e gli altri potrebbero comunque preinstallarle visto che sono le più apprezzate dai consumatori. Sul fronte dei motori di ricerca, visto il dominio di Google, è difficile pensare a cambiamenti, mentre qualche spazio in più potrebbe aprirsi per browser come Firefox e Opera. È però improbabile che nel breve termine i produttori di telefoni si mettano a sviluppare, e valorizzare sul desktop, browser e app proprietari. O preistallare app di competitor.
L’affermazione più forte fatta dal ceo Sundar Pichai nella risposta alla Ue è: «Finora il business model di Android ha fatto sì che non abbiamo dovuto far pagare ai produttori di telefoni la nostra tecnologia, ma siamo preoccupati che la
decisione di oggi possa turbare l'equilibrio raggiunto con Android e che invii un segnale preoccupante a favore dei sistemi proprietari rispetto alle piattaforme aperte». Google in teoria potrebbe far pagare le licenze per Android ai produttori, ma per quanto è florido il business digitale di Google grazie a pubblicità e app via Google Play, quella di Pichai sembra più un modo per sottolineare un principio ed enfatizzare la gratuità del modello di business di Google - la cui moneta in questo caso è stata la possibilità di favorire il business mobile, che infatti oggi vale oltre la metà del complessivo - tra pubblicità e fee per la vendità di app tramite Google Play.
È al momento improbabile pensare a una corsa dei produttori all'adozione di sistemi operativi proprietari o alternativi. Anni fa, quando Samsung ha messo Tizen sui suoi smartwatch, si era pensato potesse diventare una alternativa ad Android. Poi è rimasta un'esperienza limitata. Oggi, con i consumatori abituati al sistema e ai servizi di Google, sarebbe ancora più complicato. Oltre al fatto, va ricordato, che stiamo parlando solo dell’Europa, soltanto una fetta di mercato globale: vale la pena modificare un intero modello di business - e questo vale per Google, come per i produttori - solo in Europa?
Certo le cose sarebbero state diverse se Google non avesse potuto usare i contratti oggi presi di mira dalla Ue all’inizio di Android, nel 2008, quando il mercato - con iOS, Symbian di Nokia, Windows e BlackBerry - era molto più vivace.
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