Rappresenta un mercato enorme, secondo Gartner destinato quest’anno a toccare qualcosa come 1901 miliardi di dollari a livello globale, in crescita del 62% rispetto a un 2018 in cui pure il giro d’affari era aumentato del 70% rispetto all’anno precedente.
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L’intelligenza artificiale sta vivendo un boom senza precedenti: negli ultimi quattro anni, le imprese che l’hanno adottata sono aumentate del 270%, con tutti i chief information officer (i responsabili informatici aziendali) che ne hanno fatto una priorità, come conferma un’altra recente analisi condotta da Gartner su tremila cio sparsi in 89 Paesi, tra cui l’Italia.
L’intelligenza artificiale, dicono in coro i responsabili informatici aziendali, è diventata parte integrale di ogni strategia digitale e viene già adottata in un numero enorme di applicazioni. È uno dei pilastri della trasformazione digitale di ogni tipo di impresa, naturalmente declinato in diverse forme: il 52% delle aziende di telecomunicazioni per esempio utilizza chatbot (software creati per “dialogare” con esseri umani), il 38% delle società del settore sanitario si affida a diagnosi in cui i computer hanno un ruolo non secondario.
Sul fronte dell’artificial intelligence, per inciso, il problema numero uno segnalato dalla maggior parte (54%) dei responsabili informatici aziendali è la mancanza di talenti, di professionisti fatti e finiti. Il che sta costringendo le società a investire in programmi di formazione per i lavoratori già in possesso di basi di statistica e data management, a volte unendo le forze con altre imprese.
Il boom dell'intelligenza artificiale è tale da essere diventato quasi una moda, un’ossessione in cui a volte ci si dimentica che le tecnologie devono essere al servizio di una strategia aziendale, non il contrario. «È invece importante che i responsabili informatici e i manager capiscano dove l’artificial intelligence crea valore e quali sono i suoi limiti - spiega Alexander Linden, vicepresidente di Gartner - tenendo presente che l’AI dev'essere usata nel modo corretto e al servizio di una strategia complessiva». Ecco quindi che Gartner ha dedicato un report specifico ai cinque falsi miti da sfatare in materia.
PRIMO MITO DA SFATARE: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE LAVORA COME IL CERVELLO UMANO
Paragonare l’AI all'intelligenza umana è fuorviante, spiega Gartner, poiché si tratta semplicemente di una branca dell’ingegneria informatica che sviluppa software per risolvere problemi specifici. Certo, alcune applicazioni del machine learning (una parte dell’AI) sono impressionanti: per esempio i software di riconoscimento facciale danno risultati spesso più accurati di quelli ottenuti da un essere umano, ma non dobbiamo dimenticare che si tratta di tecnologie in grado solo di svolgere quella specifica funzione. Non sono in grado, per esempio, di risolvere un banale problema di matematica.
SECONDO MITO DA SFATARE: LE MACCHINE INTELLIGENTI IMPARANO DA SOLE
Mai pensare che l’AI richieda poca manutenzione. Per sviluppare un sistema di intelligenza artificiale, è necessario il duro lavoro di data scientist umani che devono identificare il problema a cui l’AI deve rispondere, determinare i set di dati fondamentali per questo compito e soprattutto continuare a sviluppare il software per integrare nuove tecnologie e nuovi dati nel ciclo di apprendimento della macchina. Siamo insomma ancora molto lontani dal vivere all’interno del film “Matrix”.
TERZO MITO DA SFATARE: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E’ LIBERA DA PREGUIDIZI
Ogni tecnologia AI si basa su dati, regole e in generale input decisi da esseri umani: ne consegue che le analisi effettuate dall’artificial intelligence possono essere parziali esattamente come lo è il giudizio dell’uomo. Per cercare di limitare questo problema, spesso si cerca di mettere assieme un team eterogeneo di professionisti per lavorare all’AI, in modo da avere approcci differenti sia nella scelta dei dataset che nelle soluzioni tecnologiche adottate.
QUARTO MITO DA SFATARE: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SOSTITUIRA’ SOLO I LAVORI RIPETITIVI
Non pensiamo che l’AI serva solo a rimpiazzare l’uomo in compiti semplici e ripetitivi come in passato hanno fatto i robot nelle catene di montaggio delle industrie automobilistiche. Nel settore sanitario, per esempio, tecnologie di imaging sono in grado di analizzare una radiografia con una rapidità e una precisione superiori a quello dello stesso radiologo. Nel settore finanziario, i roboadvisor sono ormai largamente utilizzati per la gestione dei portafogli e altri software per individuare anomalie nelle operazioni di online banking. Questo non significa che l’AI sostituirà medici o gestori finanziari, ma che lavorerà sempre più al loro fianco, costringendoli ad aggiornare le loro competenze professionali.
QUINTO MITO DA SFATARE: NON TUTTE LE AZIENDE HANNO BISOGNO DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Siamo sicuri che esistano società che non hanno assolutamente necessità di qualche particolare applicazione di AI? L’evoluzione tecnologica del settore agricolo italiano, per esempio, racconta una storia completamente diversa. Secondo Gartner, ogni organizzazione dovrebbe valutare il potenziale impatto dell’intelligenza artificiale nella propria strategia imprenditoriale: come sanno bene i responsabili informatici aziendali, chi oggi trascura l’innovazione tecnologica regala il proprio futuro ai competitor. Rischiando di morire domani stesso.
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