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Blockchain, per l’Italia obiettivo 100 milioni di euro di investimenti: le opportunità oltre la finanza

Reuters
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Gli Stati Uniti fanno un campionato a parte sulla blockchain. Intanto in Europa la Germania è il paese più attivo negli investimenti, seguita da Austria, che ha stanziato un fondo per la ricerca da 8 milioni di euro, e Francia, che ne ha già regolato l’utilizzo per lo scambio di titoli e che è sul punto di dare forma a un quadro normativo per token e criptovalute.

L’Italia ha ancora numeri ridotti, ma i tassi di crescita della tecnologia rispecchiano i trend mondiali ed europei a doppia cifra, passando dai 16 milioni di euro del 2017 ai 92 milioni previsti nel 2020, con un Cagr del 79,2%. I numeri li fa un report di Cefriel e Ibm Italia che punta a esplorare settori che potrebbero beneficiare dell’utilizzo della tecnologia alla base del bitcoin al di là del comparto finanziario. È infatti questo settore a trainare il volume degli investimenti, che nel 2018 ha toccato un livello di 2,85 miliardi di dollari con una crescita annua del 316% e che nel 2022 potrebbe arrivare a 12,4 miliardi, con l’Europa che dovrebbe superare i 3 miliardi.

Non c’è dubbio che oggi, ancora di più in Italia, la blockchain venga percepita come una tecnologia «ancora in fase preliminare e immatura» e «molto complessa», che preoccupa soprattutto in termini di data security e costi elevati. Negli Stati Uniti l’investimento medio si aggira sui 250 mila dollari. Ma il nsotro Paese sembra deciso a investire sulla “tecnologia dei blocchi”, come dimostra l’adesione all’accordo Ue sulla blockchain insieme alla costituzione di un gruppo di lavoro specifico al Mise e al fondo da 45 milioni per lo sviluppo di iniziative in tecnologie innovative.

«Il mercato italiano - spiega Alfonso Fuggetta di Cefriel - è ancotra immaturo se confrontato con Stati Uniti e Paesi dell’Europa occidentale come Germania e Regno Unito: tuttavia gli investimenti stanno seguendo il trend di crescita europeo e mondiale».

Al di fuori del comparto finanziario, le opportunità abilitate dalla tecnologia blockchain sono indubbiamente «la creazione di processi alternativi per lo scambio di valore, la creazione di nuovi servizi basati su nuovi modelli di mercati e la sostituzione delle logiche di processo distributive centralizzate con quelle decentralizzate automatiche».

Questi benefici potenziali si coniugano al meglio in settori diversificati come l’Energy & Utility che si trova ad affrontare una trasformazione all’insegna della decentralizzazione e della digitalizzazione dei sistemi. Un quinto dei soggetti intervistati nell’ambito della ricerca Cefriel-Ibm ritiene che la blockchain rappresenti una soluzione per abilitare il cambiamento nella fornitura dell’energia. Nel settore esistono già iniziative consolidate come Enerchain, il progetto a livello europeo che vede anche l’adesione di Enel, mentre in Italia Gse potrebbe essere incaricata a breve di sviluppare la prima blockchain dell’energia italiana con Agid.

Anche nel settore Media «la decentralizzazione ha un alto potenziale per quanto riguarda la capacità della blockchain di proporre modelli alternativi allo scambio di valore sul web», soprattutto per quanto riguarda «la remunerazione del lavoro creativo, il tracciamento e la gestione dei contenuti digitali, l’advertising e il tracciamento dei processi di gestione delle infrastrutture a supporto dei servizi».

In particolare, sottolinea il rapporto, casi d’uso di particolare valore stanno emergendo nel campo dei media digitali: «Dalla creazione alla distribuzione è possibile applicare blockchain e smart contract per certificare la fonte, tracciare gli autori, creare meccanismi di ricompensa distribuiti del diritto d’autore, certificare l’uso dei media, tracciare i diritti digitali, gestire il reward diretto, creare forme alternative di adevrtising online».

Tra i principali fattori abilitanti c’è senza dubbio «quello di integrare le logiche di business collaborativo con modelli di certificazione dei dati e dei processi distribuiti, rendendo anche la fiducia condivisa». In un’ottica di diffusione della blockchain anche in imprese di dimensioni medio-piccole il rapporto sottolinea la necessità di non affrontare il tema dal punto di vista tecnologico, ma «anche dal punto di vista organizzativo analizzando e soffermandosi sui possibili rallentamenti e vincoli derivanti dalla ridefinizione della governance, dall’impatto sui processi aziendali e dall’approccio culturale al tema».

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