“Future is private”, ha detto ieri Mark Zuckerberg salendo sul palco dell'evento annuale di Facebook a San Josè, in California. Ed è impossibile non cogliere il paradosso: a pronunciare queste parole è l'uomo che ha creato la sua fortuna sull'idea che bisognasse condividere tutto, condividere sempre, condividere meglio (prima solo qualche status, poi le foto, infine i video e addirittura le dirette live). Mark Zuckerberg è sempre lui: stesse magliette grigie, stessa faccia da bravo ragazzo.
Eppure non è più lo stesso: a gennaio 2010 dichiarava archiviata l'era della privacy (come scriveva sul New York Times Marshall Kirkpatrick) e ieri ha aperto il suo keynote professando l'importanza della privacy. A pensarci bene, però, non ci si deve sorprendere: nei 9 anni che sono passati dall'affermazione riportata sul Nyt a quella di ieri a San Josè il mondo è molto cambiato, e lo è anche Facebook.
Il social network di Menlo Park è cresciuto a ritmi vertiginosi e - come i cani che diventano grandi ma si sentono sempre
cuccioli senza rendersi conto della loro stazza - ha iniziato ad andare a sbattere contro le cose e a restare incastrato sotto
altre. Solo per citare gli ultimi “ostacoli”, si pensi alla storiaccia - ancora aperta - di Cambridge Analytica, al caso di
violazione di 50 milioni di account per una falla nella modalità “visualizza come” e a quello che ha coinvolto 7milioni di
utenti a causa di un bug delle API che ha interessato 1500 applicazioni, fino al recente “incidente” delle 200 milioni di
password archiviate su un file non criptato e accessibile a tutti.
I cani che vanno a sbattere si procurano qualche bernoccolo, Zuckerberg si è procurato alcune multe, diverse perdite in Borsa e qualche ruga dovuta allo stress. Ma - proprio come i cani - sembra adesso aver capito l'errore. D'altronde, l'ha ammesso con voce ferma e sguardo vitreo davanti al Congresso americano quando ha detto: “Ho fatto degli errori, rimedierò”. E il momento del rimedio è arrivato: dalla prua della sua “nave” Zuckerberg annuncia il cambiamento di rotta e invita gli utenti di Facebook a seguirlo. ‘Condividete meno, condividete meglio', sembra dire quando suggerisce di dedicare più spazio ad amici e famiglia e più attenzione alla scelta dei momenti da rendere pubblici.
“Il futuro è privato”, si passa quindi dalla piazza al salotto di casa. “Negli ultimi 15 anni - ha spiegato Mark - abbiamo lavorato per rendere Facebook l'equivalente di una piazza dove poter interagire con tante persone contemporaneamente. Ora ci stiamo concentrando sulla costruzione dell'equivalente digitale di un salotto dove interagire privatamente, con messaggi, stories, pagamenti e altro”. Non più una interazione “uno a infinito” ma tante conversazioni “uno a uno”, dunque (e anche per questo Facebook ha appena lanciato un dispositivo domestico per le videochiamate con parenti e amici). La domanda, a questo punto è: non sarà una strategia?
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