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La lotta al climate change è questione di parole: riscaldamento e cambiamento non funzionano

Continuano le proteste in piazza dei ragazzi, ma la battaglia contro il surriscaldamento del pianeta segna il passo. Forse è una questione di terminologia. Quali sono le definizioni più adatte per catturare l'attenzione della gente sull'emergenza del clima? “Riscaldamento globale” e “cambiamento climatico” non funzionano, secondo Spark Neuro, una società di consulenza pubblicitaria che si basa su ricerche neuroscientifiche. Meglio “crisi climatica”, che ha ottenuto una risposta emotiva del 60% più marcata da parte degli ascoltatori sottoposti alla sperimentazione, rispetto al vecchio caro “cambiamento climatico”.

Spencer Gerrol, numero uno di Spark Neuro, ha fondato il successo della sua impresa sulla misurazione dell'attività cerebrale del pubblico, per valutare le reazioni emotive e l'attenzione agli stimoli degli annunci pubblicitari. Netflix, Nbc e Paramount utilizzano i suoi servizi per valutare l'interesse di annunci e trailer di film, e tra i suoi investitori ci sono anche Peter Thiel, fondatore di PayPal, e l'attore Will Smith, il “principe di Bel-Air”. Con le stesse tecniche, Gerrol ha deciso ora di rivolgere la sua attenzione all'emergenza del clima.

Per l'esperimento, i tecnici di Spark Neuro hanno coinvolto 120 persone - equamente suddivise tra repubblicani, democratici e indipendenti - e le hanno fatte sedere nel laboratorio, con addosso dei dispositivi per la registrazione dell'attività cerebrale, mentre una webcam seguiva le loro espressioni facciali e delle cinghie misuravano il sudore delle mani che accompagna le emozioni, con le stesse tecniche utilizzate nella macchina della verità. L'idea è raccogliere tutti questi dati ed elaborarli con algoritmi dedicati, per quantificare le reazioni dei soggetti a qualsiasi cosa abbiano ascoltato.

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In questo caso, hanno ascoltato registrazioni audio di sei definizioni. “Riscaldamento globale” e “cambiamento climatico” li hanno lasciati totalmente indifferenti. In termini di coinvolgimento emotivo e attenzione ricevuta, le due definizioni più comuni sono state battute da una serie di frasi meno familiari: crisi climatica, distruzione ambientale, collasso ambientale e destabilizzazione meteorologica.

I comunicatori che si occupano di clima, dunque, hanno molto da imparare dalle scienze cognitive, come già si è fatto notare più volte. «Le persone capiscono che qualcosa non va nel clima, ma bisogna usare le parole giuste se si vuole risvegliare la loro attenzione», ha commentato Gerrol. È un segreto di Pulcinella che “riscaldamento globale” e “cambiamento climatico” non siano le definizioni migliori per coinvolgere il pubblico. La maggior parte delle persone, in fondo, pensa che il caldo sia bello. E il “cambiamento climatico” si presta agli equivoci: dopotutto, dicono i negazionisti, il clima non cambia sempre?

Gerrol ha avuto l'idea di condurre l'esprimento mentre parlava con un collega dell'importanza del linguaggio e su come la frase giusta può cambiare la politica. Le “imposte di successione”, ad esempio, non avevano mai sollevato grandi dibattiti finché i repubblicani non iniziarono a rinominarle “tasse sulla morte”, negli anni '90. Frank Luntz, un noto comunicatore repubblicano, è stato il grande divulgatore di questa frase. «Non appena hanno iniziato a chiamarla tassa sulla morte, la gente ha iniziato a notarla - sostiene Gerrol -. A prescindere dalle opinioni degli elettori sulla questione, quel termine ha cambiato la loro percezione emotiva e alla fine questo ha cambiato la politica». Dal 2001, il Congresso ha tagliato le tasse di successione fino ad abrogarle nel 2010.

Gerrol sostiene che il “riscaldamento globale” e i “cambiamenti climatici” hanno funzionato così male per due ragioni. Prima di tutto sono frasi neutre. «Non c'è nulla di intrinsecamente negativo o positivo» in queste definizioni, tanto è vero che lo stesso Luntz incoraggia i repubblicani a usare il termine benevolo “cambiamenti climatici”. Poi c'è la sovraesposizione: sia il riscaldamento globale che i cambiamenti climatici sono “esauriti”. C'è un motivo per cui le aziende pubblicitarie non utilizzano le loro campagne pubblicitarie degli anni '80: bisogna rinnovarsi per attirare l'attenzione delle persone. Per di più, se un termine non evoca una forte risposta emotiva, è ancora più probabile che si esaurisca rapidamente.

L'invito di Gerrol a riformare il linguaggio, del resto, è già stato accolto da molti ambientalisti. Il “Green New Deal” di Alexandria Ocasio-Cortez, ad esempio, ha contribuito a ravvivare il dibattito sulla politica climatica. Lo scienziato del clima Peter Kalmus raccomanda il termine “distruzione del clima”. Il New York Times ha recentemente usato il “caos climatico”. Ma per sapere che cosa funziona davvero, bisogna ricorrere alle neuroscienze.

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