Premesso che è presto per avere risposte complete, la notizia di Reuters, poi confermata di fatto da Google, che gli smartphone Huawei perderanno la licenza Android rischia di avere un impatto rilevante sia per l’azienda sia per i consumatori. Non è un fulmine a ciel sereno ma la conseguenza dell’escalation dell’amministrazione Trump nei confronti di Huawei, e in particolare del nuovo ordine esecutivo che vieta alle aziende americane di avere relazioni commerciali con alcune aziende considerate pericolose per la sicurezza nazionale. L'accusa da parte di Washington, come già successo per la realizzazione delle reti di nuova generazione 5G, è che l'azienda cinese sia il cavallo di Troia per lo spionaggio del governo di Pechino. Il Dipartimento del Commercio Usa ha annunciato lunedì che rinvierà di 90 giorni l’inizio del divieto, per dare tempo al colosso cinese e ai suoi partner statunitensi di adattarsi all’ultima stretta di Washington. Huawei è già entrata in trattativa con Google per cercare di trovare una soluzione dopo lo stand by di tre mesi concesso dalla Casa Bianca. I due gruppi stanno negoziando per trovare una risposta «al divieto degli Stati Uniti di vendere apparati al gigante cinese degli smartphone», ha dichiarato il fondatore del colosso Ren Zhengfei. I problemi sul tavolo sono diversi, soprattutto per gli utenti.
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Cosa significa per Huawei la perdita della licenza?
È largamente il più diffuso sul mercato al mondo, con il 74.85%, seguito da iOS per i device Apple con il 22,9%, ed è il sistema
operativo degli smartphone Huawei (dati Statcounter). Ai produttori è data una duplice possibilità da Google: possono installare
la versione open source (Android Open Source Project, AOSP), oppure una versione con licenza. Nella seconda, Google accompagna
al sistema operativo alcuni servizi come Gmail, YouTube, Chrome e Google Play Store, il negozio digitale da cui scaricare
le app. Dopo il bando di Trump, Huawei potrà usare solo la versione open source di Android.
Cosa cambia per chi ha uno smartphone Android?
A oggi nulla. Google dice: stiamo «esaminando le implicazioni» dell'ordine esecutivo e «vi assicuriamo che mentre rispettiamo
tutti i requisiti del governo degli Stati Uniti, servizi come Google Play e la sicurezza di Google Play Protect continueranno
a funzionare sul vostro dispositivo Huawei esistente». Google Play Protect è una protezione anti-malware che oltre a proteggere
il dispositivo verifica in tempo reale anche le app. La nota di Google è dunque rassicurante per quanto riguarda l'esistente,
ma non parla degli aggiornamenti. Cosa che invece fa la nota Huawei: «Huawei continuerà a fornire aggiornamenti di sicurezza
e servizi post-vendita a tutti i prodotti Huawei e Honor esistenti, ovvero smartphone e tablet già venduti o già in vendita
a livello globale. Continueremo a costruire un ecosistema software sicuro e sostenibile, al fine di fornire la migliore esperienza
per tutti gli utenti a livello globale». Sarà dunque Huawei a eseguire gli aggiornamenti della sicurezza? Così sembra dalla
nota. E che cosa succederà alle app Google installate, come verrà gestito il loro aggiornamento? Questo ancora non è chiaro.
Che cosa succederà per gli smartphone futuri?
I problemi più grossi potrebbero sorgere con i modelli di smartphone futuri di Huawei, che non dovrebbero avere le più popolari
app di Google e il negozio di applicazioni Google Play Store. Huawei in Cina già oggi ha soltanto l'Android Open Source: non
esiste una versione locale del Google Play Store. Huawei ha il suo negozio di applicazioni e ne esistono altri, come Tencent
e Baidu. Il problema è soprattutto per il mercato europeo, dove l'azienda ha il 29% del mercato secondo Idc, mentre è sostanzialmente
assente anche negli Stati Uniti. L'azienda in un certo senso aveva anticipato questo scenario, lavorando dal 2012 a un suo
sistema operativo proprietario chiamato Kirin OS, come già fatto sui processori, anch'essi a marchio Kirin. Il sistema operativo
però non è ancora stato messo sul mercato. La nota con cui Huawei garantisce che continuerà «a costruire un ecosistema software
sicuro e sostenibile» potrebbe far pensare che il passaggio a un nuovo sistema operativo non sia fantascienza anche se, come
detto, per valutazioni più complete occorre tempo. In ogni caso convincere gli utenti a cambiare sistema operativo dopo Android
non è semplice. Samsung, anche se in tutt'altro contesto, ci ha provato anni fa con Tizen OS, poi rimasto su smartwatch, internet
of things e qualche smartphone in India. Il mercato degli smartphone non Android vale lo 0,1% del mercato globale (Gartner).
C’è un precedente?
C’è un precedente che riguarda Zte, anch'esso colosso cinese delle tcl, attivo sia nel business delle reti sia in quello degli
smartphone. Zte nel 2018 era stata messa nella black list delle aziende che non possono avere relazioni commerciali con aziende
americane. In questo caso le ragioni erano la violazione dell'embargo con l'Iran e la Corea del Nord. Ragioni diverse da quelle
di Huawei, dove a pesare è il rischio spionaggio. A luglio 2018 il bando è rientrato e Zte è tornata a fare business con le
aziende americane dopo aver firmato un accordo con Washington e dunque agendo alle sue condizioni. Nei tre mesi dell'interruzione
di relazioni con le aziende americane, era stato segnalato che gli smartphone Zte avevano funzionato correttamente, ma erano
emersi dei problemi con gli aggiornamenti.
Quanti smartphone vende Huawei in Italia?
Moltissimi. Secondo gli ultimi dati disponibili, relativi a marzo 2019, Huawei è al secondo posto alle spalle di Samsung.
In alcuni trimestri si è anche posizionata al primo posto. La quota di mercato, che comprende sia il marchio Huawei che il
marchio Honor, è del 32,1% in termini di volumi e del 22,8% come valori. Anche nel mondo Huawei è numero 2, ha da poco superato
Apple. Le vendite globali di Huawei nel primo trimestre sono cresciute del 50%, contro un calo del mercato del 6,7% (fonte:
International Data Corp).
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