Ci ha provato Robin Sloan, uno dei nuovi talenti della narrativa americana: provare a scrivere un romanzo con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Ma anche il programmatore Ross Goodwin, che con uno speciale sistema di reti neurali ha viaggiato da Brooklyn a New Orleans facendo cimentare il suo software con una nuova versione di “On the Road” di Kerouac scritta servendosi tra l’altro, come fonti, di coordinate GPS, dati Foursquare e telecamere con riconoscimento facciale. L’intelligenza artificiale sta ridefinendo i confini della creatività umana?
Iniziamo da Sloan, acclamato nel 2012 dal New York Times come uno dei migliori scrittori esordienti per il suo bestseller “Mr Penumbràs 24-Hour Bookstore”. Il 39enne scrittore del Michigan sta lavorando al suo nuovo romanzo, ancora senza titolo, con l’aiuto di un software di machine learning che in pratica rappresenta una sorta di “estensione” della sua creatività.
Spieghiamo meglio come funziona il meccanismo di scrittura “uomo-macchina” di questo romanzo, ambientato in un prossimo futuro in cui la California sarà dominata dalla natura. Sloan per esempio scrive “I bisonti sono raccolti intorno al canyon...”, poi preme il tasto “tab” e il software - dopo aver analizzato il testo della frase, la completa con ”...sotto un cielo nudo”. «Tutto questo è fantastico - racconta lo scrittore americano - avrei scritto “sotto un cielo nudo” senza l'aiuto del computer? Forse, ma forse no». Un’altra frase: “I bisonti hanno viaggiato per due anni avanti e indietro...” e il computer che completa con un inaspettato “...tra i punti principali della città”. «Questo non è assolutamente quello a cui pensavo, però e interessante», continua lo scrittore.
Addio panico da pagina bianca, insomma, niente più “blocco dello scrittore”. Grazie al machine learning, il software continua ad “assorbire” la creatività di Sloan finendo per rappresentare un'estensione della sua immaginazione, un completamento della sua fantasia. Anche perché l’uomo ha “nutrito” la macchina con il proprio patrimonio culturale e imaginifico: prima di iniziare il suo esperimento, lo scrittore ha infatti “insegnato” l’arte dello scrivere al software caricando decine di romanzi e racconti di Philip Dick, John Steinbeck, Dashiell Hammett, Joan Didion e molti altri, ma anche le poesie di Johnny Cash, vecchie riviste con racconti di fantascienza, articoli di Wired, storie della Silicon Valley, persino il “Bollettino ittico della California”. Di tutto un po’, insomma, ma con risultati che lo scrittore umano ha definito “molto interessanti”, anche se ancora primitivi.
Fantascienza diventata realtà, comunque. Un racconto di Fritz Leiber del 1961, “The Silver Egghead”, narrava proprio di scrittori in carne e ossa entrati in osmosi con le macchine: con gli umani che un giorno si ribellano ai robot per scoprire con orrore di avere completamente dimenticato come si scrive. Come fantascienza diventata realtà è l’annuncio di Alibaba di un suo software che ha battuto l’uomo in un test di comprensione della lettura: se le macchine sanno davvero leggere meglio dell’homo sapiens, è possibile che domani riescano anche a scrivere meglio di lui.
Vediamo invece i robot alle prese con la narrativa on the road alla Kerouac o alla Wolfe. L’idea di Ross Goodwin, programmatore ma in precedenza ghost writer nientemeno che di Barack Obama, è affascinante: un racconto di viaggio in auto scritto non dal viaggiatore umano, ma dal computer stesso.
E’ un’idea che Ross aveva già messo in pratica tre anni fa nella sua tesi di master all'Università di New York, “Narrated Reality”, in cui semplicemente si era messo a girare nella Grande Mela con uno zaino pieno di device (telecamera, orologio e bussola) collegato a una rete neurale di intelligenza artificiale in grado di generare brevi poesie. L’idea è stata notata da Google che ha deciso di sponsorizzare la nuova impresa di Ross: un viaggio ben più impegnativo, in grado di generare non una breve poesia ma un più letterario racconto “on the road” sulle orme appunto di Kerouac.
Così Goodwin è partito da Brooklyn per New Orleans con una piccola corte dei miracoli: la sorella, la fidanzata con la sua migliore amica, due programmatori di Google e persino - in un van a parte - una piccola troupe ingaggiata da “Big G” per documentare l’impresa. Oltre, naturalmente, allo scrittore: il software di reti neurali in cui Ross ha caricato oltre 60 milioni di parole di racconti di fantascienza, di poesie e di quella da lui definita “letteratura squallida” e che è collegato a sensori installati sull'auto noleggiata da Google: telecamere con riconoscimento facciale, microfoni, coordinate GPS e dati Foursquare.
Ogni dato rilevato viene trasformato dalle reti neurali in prosa: a volte quasi mistica (come nel caso delle coordinate geografiche), talvolta gotica (alcune immagini), perfino ironica (sulle location di Foursquare), con i dialoghi colti sui microfoni che diventano frasi dadaiste. L’incipit del racconto? “Erano le 9 e 17 della mattina e la casa era pesante”.
Kerouac può dormire sonni tranquilli: “1 the Road”, il racconto scritto dalle reti neurali durante i quattro giorni di viaggio di Ross con la sua stramba carovana, non è lontanamente paragonabile alla letteratura. Rappresenta una serie di frasi sconnesse e indipendenti legate a quello che la macchina “vedeva” attraverso i suoi sensori. Per Goodwin comunque ha rappresentato un successo: «come la letteratura on the road americana, il racconto del software ha catturato tempo e spazio - ha spiegato l’ex ghost writer di Obama - e visto che oggi siamo confusi e stupiti dall’intelligenza artificiale, ha catturato meraviglia e confusione. In un modo allo stesso tempo profondo e senza senso».
Ma forse il vero successo dell’impresa è un altro: un anno dopo il viaggio con il suo software, Goodwin è stato assunto da Google per lavorare su un maxi progetto dedicato ad “Artisti e Machine Intelligence”. In fondo, tutto è bene quel che finisce bene. Come in un romanzo.
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