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Cyberbullismo, cresce l’allarme ma la legge per ora resta sulla carta

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pericoli nella rete

Cyberbullismo, cresce l’allarme ma la legge per ora resta sulla carta

L’ultimo caso risale a una settimana fa e racconta di una ragazzina di 12 anni insultata e schernita su una chat. Che il fenomeno del cyberbullismo cresca in parallelo con l’aumento della presenza in rete di ragazzi sempre più giovani, è un fatto su cui l’accordo è unanime. Dal 2016 al 2018 le denunce alla polizia postale con vittime sotto i 13 anni sono più che raddoppiate.

A due anni dal varo, le azioni previste dalla legge 71/2017 sono però rimaste in gran parte sulla carta. Il tavolo tecnico, ossia la cabina di regia degli interventi, si è riunito una sola volta, il piano di azione non è mai stato adottato, così come il codice di coregolamentazione per i gestori di siti.

La legge 71/2017 approvata all’unanimità nella precedente legislatura si muove su più piani: da una parte, introduce una procedura volta all’oscuramento o alla rimozione del materiale online (foto o video imbarazzanti o offensivi, pagine web e post in cui si è vittime di minacce, offese, insulti o ricatti), attivabile direttamente dai ragazzi; dall’altra, disegna le azioni istituzionali di prevenzione e monitoraggio.

Disposizioni inattuate
Sul secondo fronte, le legge ha affidato la gestione e il coordinamento a un tavolo tecnico istituito presso la presidenza del Consiglio, coordinato dal ministero dell’Istruzione, cui debbono partecipare molti soggetti fra cui diversi dicasteri, i garanti per l’infanzia e per la privacy, operatori della rete, associazioni attive sul campo, rappresentanti di ragazzi e genitori. Una sorta di cabina di regia che avrebbe dovuto nascere in tempi bevi (un mese dall’entrata in vigore della legge e cioè dal 18 giugno 2017) e mettere a punto velocemente(60 giorni) un piano integrato di contrasto e prevenzione, un sistema di raccolta dati e monitoraggio, un codice di coregolamentazione cui gli operatori della rete devono attenersi.

Peccato che in due anni si sia riunito una sola volta a febbraio 2018 (il prossimo incontro dovrebbe tenersi a luglio). E che né il piano di contrasto, né il codice di coregolamentazione, né il sistema di monitoraggio abbiano ancora visto la luce. «Siamo stati i primi in Europa ad avere una legge sul cyberbullismo, che però è bloccata», dice Ivano Zoppi direttore di Fondazione Carolina, fondata dal padre della quattordicenne che si tolse la vita perché vittima di cyberbulli e alla quale fu dedicata la legge.

L’oscuramento
Con l’obiettivo di creare un canale di tutela attivabile direttamente dai ragazzi, la legge 71 permette agli adolescenti e ai loro genitori (per gli under 14) di chiedere al gestore del sito o del social l’oscuramento o la rimozione dei dati personali. E se entro 24 ore non vengono presi provvedimenti, o se non si riesce a identificare il gestore, ci si può rivolgere al garante della privacy cui spetta interventire entro 48 ore .

Una strada più soft, ma non alternativa, alla denuncia alla polizia postale, finalizzata ad eliminare in tempi brevi gli elementi offensivi.

Numeri sulle richieste ai responsabili dei siti non esistono. Ma, in due anni, le segnalazioni arrivate al garante della privacy sono state solo un centinaio. Quasi sempre l’esito è stato positivo e i contenuti rimossi: l’esiguità dei numeri testimonia, però, che si tratta di un strumento ancora poco conosciuto.

Poco seguita anche la strada dell’ammonimento del questore.

Le denunce
Nel 2018 le denunce alla polizia postale per reati connessi al cyberbullismo a danno di minori sono cresciute del 65%, passando dalle 235 del 2016 alle 388 del 2018: per la maggior parte riguardano minacce, ingiurie e molestie. Le segnalazioni sono però molte di più poiché la polizia postale, all’inizio, cerca sempre di risolvere il problema con azioni di responsabilizzazione degli autori (spesso minori) e delle famiglie. In campo educativo, con la campagna «Una vita da social», che ha coinvolto quasi 2milioni di ragazzi, 200mila genitori e 100mila insegnanti, ha inoltre favorito l’emersione del fenomeno e l’aumento delle denunce.

Ciò che preoccupa è anche l’età sempre più bassa sia delle vittime che dei cyberbulli. Secondo il ministero dell’Istruzione, il 70% degli under 14 è presente sui social. «L’età è scesa a 10-11 anni - dice Fosca Nomis, responsabile Advocacy nazionale di Save the Children Italia - nonostante sotto i 14, per il trattamento dati, serva il consenso dei genitori e l’età minima fissata dai social sia più alta. Ma non ci sono controlli, oltre al fatto che gli adulti spesso sono meno competenti dei ragazzi».

Uno dei problemi più gravi è proprio l’assenza di adulti di riferimento: «Il 60% delle vittime - spiega Zoppi - non si rivolge a nessuno soprattutto perché non sa a chi rivolgersi». «La prevenzione deve partire il prima possibile: in base alle segnalazioni ricevute, l’età fra gli 11 e 14 è ormai la più a rischio», aggiunge Francesca Scandroglio del centro studi di Telefono azzurro.

“Il 60% delle vittime non si rivolge a nessuno soprattutto perché non sa a chi rivolgersi”

Ivano Zoppi, direttore di Fondazione Carolina 

Le scuole
Sul fronte educativo un ruolo fondamentale spetta alla scuola. Come previsto dalla legge 71, il ministero dell’Istruzione ha messo a punto le linee di orientamento per la prevenzione e predisposto con l’università di Firenze la piattaforma Elisa (E-learning degli insegnanti sulle strategie anti-bullismo), cui sono iscritti 3.500 docenti che rappresentano 3mila scuole, circa un terzo degli istituti statali (in ogni istituto ci deve essere un insegnante referente).

Dal 2012 il Miur coordina inoltre il progetto coofinanziato dalla Ue «Safe Internet Centre - Generazioni connesse», che promuove iniziative pre rendere Internet più sicuro.

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