Al centro, c'è il neoclassico Galoppatoio Invernale dedicato a Francesco Giuseppe. Ai due lati, un cubo razionalista bianco in calcare (il Leopold ) e uno grigio in basalto, severissimo (ilMUMOK); dietro, un cubo rosso in mattoni (la Kunsthalle). Questo triangolo multicolore è il cuore del MuseumsQuartier, 60 mila metri quadri, uno dei maggiori distretti culturali al mondo, circoscritto dalla muraglia barocca delle ex Stalle Imperiali, proprio di fronte al Kunsthistorisches Museum e a pochi minuti dalla Secession, dall'Opera, dalla Künstlerhaus.
Punch, cubismo e passeggini
Per godersi la sorpresa, meglio sbucare nella sua piazza da uno degli ingressi laterali, facendo rimbombare i passi sotto volte decorate a grottesche purpuree ultracontemporanee, immergendosi nell'installazione sonora di Davide Balula che riproduce il ticchettio inesorabile di un metronomo, o incappando nel via vai di passeggini che puntano sul Kindermuseum. Sono tante le anime che convivono qui, come tanti sono i pubblici che frequentano il MQ in diversi momenti dell'anno – d'estate, il cortile diventa una spiaggia urbana, con frotte di viennesi che prendono il sole distesi sui moduli geometrici progettati dai giovani architetti del PPAG, gli stessi che d'inverno servono per costruire i chioschi che distribuiscono punch rovente, un antigelo quasi indispensabile – o del giorno.
Museumsquartier
Perché il Quartiere dei musei è sempre aperto. Ventiquattr'ore su ventiquattro.
In mattinata ci incontri scolaresche e "animali da galleria": il Leopold che, oltre ai capolavori di Klimt e Kokoschka, schiera la più vasta raccolta esistente di Egon Schiele; il MUMOK, cresciuto attorno alla collezione Ludwig e dedicato all'arte moderna e contemporanea; la Kunsthalle, che accoglie le mostre criticamente più taglienti (e ha conservato la sua vecchia sede nella vicina Karlsplatz); il piccolo, ma ottimo Architekturzentrum, che scandaglia i temi dell'architettura. A pranzo, poi, a calamitare il pubblico sono i tanti locali aperti – dal rilassato Café Leopold sospeso a mezz'aria, all'elegante caffetteria maiolicata Una di Lacaton & Vassal, gli autori del Palais de Tokyo di Parigi – che si riempiono di studenti, designer, giovani professionisti.
Eventi e spettacoli
La sera è il turno dei ragazzi, che vengono ad assistere agli spettacoli di danza nella Halle E+G, ai dj-set e agli eventi legati alla cultura digitale nel Quartier 21. La lista delle possibilità è fitta: librerie, associazioni, studi di registrazione, riviste, radio, una stazione tv, negozi di videogame d'epoca, un Lomoshop… Va detto che non a tutti piace la strategia martellante di branding dell'area, che può far sembrare il MQ una specie di centro commerciale della cultura, ma tutti concordano sul fatto che questo imponente investimento pubblico (145 milioni di euro per la costruzione dei vari edifici) funziona: i viennesi lo amano e, da quando ha aperto i battenti nell'estate 2001, è riuscito a rilanciare un'immagine cool della città, attirando milioni di turisti in cerca di alternative alle icone un po' esauste di Sissi e Mozart. Ma non è stato semplice.
Il progetto degli austriaci Ortner & Ortner (in collaborazione con Manfred Wehdorn) ha preso forma dopo vent'anni di dibattiti, durante i quali si sono via via smussate le sue punte più radicali, come l'alta torre in vetro e acciaio che avrebbe dovuto occupare il cortile, prima ridimensionata, poi cassata. Per orientarsi, ci sono le mappe dell'infopoint, ma un altro buon metodo è quello di acquistare al bookshop del MUMOK una copia di Falter, indispensabile vademecum settimanale della capitale. Lo saccheggiano anche i giovani artisti di mezzo mondo invitati al MQ per residenze di qualche mese, in luminosi studi-appartamenti nelle ali laterali; Maryan Mohajer, animatrice e filmaker iraniana di stanza a Londra, per esempio, ha deciso di trascorrere le sue giornate a disegnare i volti dei frequentatori di caffè, i salotti pubblici dove i viennesi trascorrono ore a leggere, scrivere, chiacchierare, navigare in Rete grazie al diffusissimo wi-fi, ascoltare musica dal vivo. E fumare, immersi in dense volute nebbiose.
Dal Mak alle gallerie, la città contemporanea
D'inverno, quando il vento che spazza il Danubio ripulisce l'aria con le sue folate taglienti, è difficile trascorrere un'intera giornata senza rifugiarsi in un caffè a bere un melange o mangiare una suppe. Uno ideale, con i suoi arredi Anni 50 intatti, è il Prückel, proprio davanti al MAK, il Museo di Arti Applicate, altra meta culturale di primo piano. Merito di una collezione strepitosa di manufatti gotici, rococò, biedermeier, ma anche dell'energico e provocatorio direttore Peter Noever, che ha chiamato architetti come Vito Acconci, Zaha Hadid e Coop Himmelblau a ideare installazioni spettacolari, e artisti come Donald Judd e Jenny Holzer a reinterpretare le sale d'epoca; chi arriva dal ponte Stubenbrücke, è accolto dai Quattro Testoni (Four Lemurheads, 2001) di Franz West, mentre di notte, sulla facciata del museo, si accendono le luci fluo di James Turrell. Sempre di Noever è l'idea di sfruttare la torre antiaerea nazista del 1942 in Arenbergpark, uno dei sei minacciosi monoliti in cemento armato disseminati nel centro di Vienna, come deposito e nuova sede espositiva.
Ma l'arte contemporanea si sta infiltrando anche in roccaforti dell'antico come l'Albertina o il Belvedere, che nella sede distaccata di Augarten Contemporary offre una vetrina alle ultime generazioni di artisti austriaci. Se in anni recenti si sono imposti sulla scena internazionale, è anche per merito delle gallerie: in Eschenbachgasse, alle spalle del MQ, si trovano un big come Meyer Kainer (che rappresenta Franz West, Heimo Zobernig e il collettivo Gelatin, tra i più gettonati dai collezionisti, con quotazioni che oscillano da poche migliaia di euro per le opere più piccole, a oltre 300.000 per le installazioni) e la giovane Galerie Krobath Wimmer (in scuderia, Florian Pumhösl).
Proseguendo oltre il Naschmarkt, fino in Schleifmühlgasse, si approda alla prestigiosa Galerie Kargl (Elke Krystufek, Gerwald Rockenschaub, Markus Schinwald, il duo di pittori Muntean & Rosenblum, con cifre sui 25-30 mila euro) e alla più sperimentale Galerie Engholm Engelhorn (Hans Schabus). Al termine della via s'incrocia Wiedner Hauptstrasse, con un'ultima tappa consigliata, al n.15. In fondo a un androne protetto da un cancello in ferro battuto, si apre uno degli spazi privati più grandi, rarefatti e interessanti di Vienna: la Fondazione Generali. Praticamente impossibile vederci una brutta mostra.
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