Le scarpe indossate da Marilyn Monroe e gli stivaletti di Brigitte Bardot. Il profumo voluto da Eva Green per una scena del film "Casino Royale". Firenze è anche questo: botteghe artigiane raffinate amate da grandi dive e itinerari poco conosciuti, accanto a piazza della Signoria e alla cupola di Santa Maria del Fiore. Chiostri ignorati dai turisti e palazzi rinascimentali trasformati in spazi culturali che ospitano mostre d'arte moderna e contemporanea. Il capoluogo della Toscana è un concentrato di arte e storia che si respira in ogni vicolo. E rivela – a chi vuole scoprirli – angoli nascosti e percorsi inediti. Per vedere, o rivedere, la città sotto un'angolazione diversa.
Profumi dal 1200
In via della Scala, a due passi dalla chiesa di Santa Maria Novella da poco restaurata, si trova la più antica farmacia d'Europa, che conserva ancora gli arredi originari e produce profumi, saponi, liquori e articoli di erboristeria. L'Officina Profumo-Farmaceutica di Santa Maria Novella è tuttora nei locali dove fu aperta al pubblico, nel 1612, su iniziativa dei frati domenicani, che già dal 1221 coltivavano erbe officinali per il convento e per clienti illustri. I profumi - ora come 4 secoli fa – sono fatti con ingredienti naturali, senza prodotti di sintesi. L'acqua di colonia classica al bergamotto – nota anche come "Acqua della regina" – fu studiata dai domenicani per Caterina de' Medici, che sposò Enrico II e fu incoronata regina di Francia. Anche oggi queste fragranze conservano tutto il loro fascino e sono amate da personaggi famosi come Catherine Zeta-Jones, Hillary Clinton e Monica Bellucci. Eva Green - Bond Girl nel film "Casino Royale", con Daniel Craig nei panni di 007 – si è innamorata dell'acqua di colonia "Il melograno", tanto da volerla in un'inquadratura della pellicola. Pochi sanno che proprio in questa officina farmaceutica fu inventato l'alchermes, il liquore rosso usato nella zuppa inglese: che, in realtà, proprio inglese non era, dato che veniva preparata dalle governanti toscane per le famiglie britanniche che qui trascorrevano lunghi periodi dell'anno.
Alla scoperta del centro storico
Proseguendo la passeggiata a piedi per il centro storico, vale la pena dare un'occhiata a Palazzo Antinori, con il suo cortile interno tipico dell'architettura del ‘400 nascosto dietro la facciata sobria ed elegante, e, proprio di fronte, sempre in piazza Antinori, alla chiesa dei Santi Michele e Gaetano, uno dei più importanti esempi di stile barocco a Firenze. A poca distanza da qui, in via dell'Oriuolo, si trova un posto ideale per una sosta: la biblioteca delle Oblate. All'interno dell'ex convento trecentesco delle Oblate, sconosciuto ai turisti, questo spazio culturale a due passi dal Duomo è invece molto amato dai giovani fiorentini che vengono qui per leggere un libro, o magari per prendere un aperitivo o mangiare qualcosa nella caffetteria (al primo piano, sopra la biblioteca). I locali al pianterreno vengono spesso usati per presentazioni di libri e appuntamenti culturali; le terrazze coperte del chiostro, al piano superiore, sono aperte a tutti (c'è anche una ludoteca) e offrono una vista incantevole sulla cupola di Santa Maria del Fiore. Da qui alla chiesa di Santa Margherita dei Cerchi il tragitto è breve: in questa piccola chiesa – presente già nel 1032 - la tradizione vuole che Dante abbia sposato Gemma Donati e che, ancora qui, sia sepolta l'amata Beatrice.
Museo Bardini
Completamente riallestito dopo i lavori di ristrutturazione è il Museo Bardini (1854-1922), che deve il suo nome all'antiquario Stefano Bardini. Fu proprio lui ad acquistare il palazzo – un tempo chiesa e convento di San Gregorio alla pace - e a disporre le sale per la propria galleria, in un libero accostamento di pezzi e allestimenti. La collezione – oltre 2mila pezzi tra sculture, dipinti e oggetti d'arte - fu poi trasformata in museo e donata al comune di Firenze. Fu sempre Bardini – forse influenzato dai collezionisti russi - a scegliere per le pareti il colore blu fiordaliso che si può vedere oggi, riportato esattamente come era all'origine. Le opere sono esposte per genere, secondo un canone estetico e scenografico. Fra i pezzi più interessanti, il famoso cinghiale di Pietro Tacca, il "Porcellino", come viene affettuosamente chiamato dai fiorentini, di cui è stata collocata una copia nella Loggia del Mercato Nuovo. Nella sala dei tappeti, di cui Bardini fu uno dei primi collezionisti, c'è un esemplare di 7 metri che fu steso alla stazione di Santa Maria Novella nel 1938 per l'arrivo di Hitler. Sul tappeto è visibile il taglio procurato da uno degli speroni del Führer.
La metafisica a Palazzo Strozzi
C'è tempo fino al 18 luglio per visitare la mostra "De Chirico Max Ernst Magritte Balthus. Uno sguardo nell'invisibile" a Palazzo Strozzi. Cento opere (che provengono da collezioni private e musei in tutto il mondo) raccontano la Metafisica, invenzione di De Chirico, e la sua influenza sulle correnti artistiche del ‘900, dal Surrealismo al Realismo Magico, fino al Neoromanticismo. Secondo De Chirico, lo scopo della pittura doveva essere quello di "far vedere ciò che non si può vedere": non la realtà, perciò, ma il mistero e l'enigma che in essa si nasconde, e che l'artista trasfigura nelle sue intuizioni. Le tele sono lo specchio dell'instabilità e dell'angoscia dell'uomo moderno: strade vuote, oggetti collocati in un ambiente innaturale, effetti di straniamento, composizioni che trasmettono una sensazione di immobilità, come se il tempo fosse congelato. La pittura di De Chirico – influenzata dalla filosofia di Nietzsche, Schopenauer e di Eraclito – esercitò una profondo influsso sugli artisti del XX secolo, primi fra tutti Magritte, Max Ernst, e Balthus, ma anche su Carrà – che cercò di contendere senza successo a De Chirico l'invenzione della Metafisica – e Morandi.
Scarpe da dive
Un capitolo a parte – dedicato soprattutto alle signore – meritano i percorsi di moda, di cui Firenze va giustamente orgogliosa. Una tappa da non perdere è il Museo della calzatura Salvatore Ferragamo, a Palazzo Spini Feroni, vicino al Ponte di Santa Trinita. Qui sono esposte circa 200 paia di scarpe dell'archivio Ferragamo (ricchissimo: in totale conta 13mila paia). Lui, Salvatore, nato vicino ad Avellino, della sua terra conservò sempre l'impronta solare e l'amore per i colori vivaci. Anche quando cominciò ad essere chiamato "il calzolaio delle dive". Le attrici di Hollywood facevano la fila per avere un suo paio di scarpe. In esposizione si possono vedere le celebri décolletés interamente coperte di strass rossi indossate da Marilyn Monroe nel film di George Cuckor "Facciamo l'amore" (1960): il modello – creato apposta per lei – ha un tacco di 9 cm, responsabile di quell'andatura ancheggiante che faceva impazzire gli uomini di mezzo mondo. In vetrina, anche gli stivaletti turchesi di Brigitte Bardot e le forme di legno personalizzate che Ferragamo usava per realizzare le scarpe: il piede di Grata Garbo, di Audrey Hepburn, di Rita Hayworth, di Marlene Dietrich, di Sophia Loren, di Soraya di Persia. E ancora, tante fotografie in bianco che raccontano un pezzo di storia della moda e del costume. Una curiosità: tutte le scarpe indossate da Nicole Kidman nel film Australia sono firmate Ferragamo.
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