Milano cambia pelle, si denuda e si riveste. È il momento ideale per assistere in diretta al mutamento e gettare un'occhiata sulla città dei cantieri e della trasformazione, prima che il suo volto si rinnovi per sempre.
«C'è un bisogno voyeuristico innato di osservare la città che cambia, di appropriarsi dei cantieri che la stanno trasfigurando. Negli anni '70-'80 i lavori erano segreti, nascosti dietro le palizzate, e chi cercava di guardarvi attraverso veniva cacciato» racconta Gabriele Basilico, il grande fotografo documentarista che in questi giorni si trova a Milano, a Palazzo delle Stelline, con la mostra Istanbul 05.010, una selezione di immagini dalla metropoli turca. «Celare i lavori in corso dietro le palizzate è un'operazione scorretta, una sorta di mancato rispetto di implicite regole del gioco. Ora i cantieri sono sempre più accessibili, quel che viene fatto al tessuto cittadino è aperto alla vista e, anche se privato, costituisce un monumento al bello (o al brutto!) che è parte integrante della città».
LA PICCOLA NEW YORK MILANESE
Il viaggio alla ricerca dei monumenti della città che cambia parte da via Melchiorre Gioia, a 500 metri dalla Stazione Centrale. Tocca la zona della stazione Garibaldi. Sfiora corso Como, il salottino-chic della città. E arriva all'Isola, il quartiere popolare un tempo fatto di cascine dette appunto "isole", che i lavori stanno saldando alla zona Garibaldi.
Basta dare le spalle alla stazione di Repubblica e percorrere per un centinaio di metri via della Liberazione per imbattersi, sulla sinistra, nel primo impressionante cantiere. Una distesa di terra, di impalcature rosse e recinzioni verdi, colorati embrioni delle future residenze di Porta Nuova - Varesine, che si allungano fino a Melchiorre Gioia. Uno spazio aperto, che è possibile osservare solo stando un poco a distanza perché le cesate, cioè le palizzate che lo recintano, arrivano quasi in strada. Le costruzioni, per il momento, sono mastodontici profili nudi, ideale per immaginare le visionarie costruzioni di vetro, brillanti e avveniristiche, che lì nasceranno. Uno spettacolo imperdibile ma, soprattutto, carico di significati: dopo un secolo di treni e luna park le Varesine si sono trasformate in una vallata di terra e ferro.
«Anni fa ci trovavamo di fronte ad una piccola New York che da Melchiorre Gioia si stava sviluppando in altezza verso Garibaldi, come mi disse una volta Gae Aulenti» ricorda Basilico. «Era un'area che prometteva di diventare il centro del boom economico italiano, sanciva la capitale economica d'Italia e "tirava tantissimo". Ma il miracolo si è sciolto. La sua trasformazione si è interrotta per anni, fino ad oggi: il progetto di Porta Nuova promette di muoversi nella giusta direzione. Spero che questo complesso verde trasfiguri e dia nuova vita all'area. Guardare il cantiere in corso, le strutture che crescono, è già di per sé uno spettacolo».
IL GRATTACIELO PIÙ ALTO D'ITALIA
La scoperta di questa New York in salsa milanese, il fulcro di una città moderna e futurista, prosegue lungo via Melchiorre Gioia. Basta muovere pochi passi verso l'omonima stazione metropolitana per intravedere, sulla sinistra, un assaggio del nuovo palazzo della Regione, detto Palazzo Lombardia. Un grattacielo luminoso e nuovissimo che nelle belle giornate sembra un tutt'uno col cielo, nonché un'attrazione da record, visto che con i suoi 161,3 metri è l'edificio più alto d'Italia. Con le sue forme sinuose come un'onda stilizzata abbraccia le vie Melchiorre Gioia, Restelli, Algarotti e Galvani, mentre la piazza coperta ovoidale e la torre principale non lasciano indifferenti i passanti. Che possono osservare il progetto completato sui pannelli posti in strada, a mostrare il rendering di parchi e aree pedonali.
Per chi già conosce questa parte della città, il senso di spaesamento è forte: «Già negli anni '70, nel libro Nelle altre città, spiegavo che in tutte le metropoli ci sono presenze, più o meno visibili, che si manifestano per chi le vuole vedere», osserva Basilico,«presenze familiari che consentono di affrontare lo smarrimento di fronte al nuovo». Tra queste ci sono i cantieri, terreni recintati che cambiano lo scenario quotidiano del cittadino. Che, a sua volta, ha l'occasione di visitarli e sbirciarne l'evolversi.
COME NASCE UNA METROPOLITANA
Basta proseguire in Melchiorre Gioia e, all'altezza della fermata della metropolitana, svoltare sulla destra in via Sassetti, oltrepassare la rotonda ed entrare in via Confalonieri. Proseguire per duecento metri, per trovare alla propria sinistra il cuore pulsante della metropoli in fieri. Una spaccatura nella terra da cui nasceranno i simboli del futuro: i grattacieli verdi e il giardino dei ciliegi disegnati dall'architetto Stefano Boeri, il Bosco verticale, ma anche le passerelle pedonali e i nuovi sottopassi per le linee 4 e 5 del metrò.
Dove una volta sorgeva la Stecca degli Artigiani (una ex-fabbrica un tempo utilizzata per attività artigianali, culturali e ricreative) ora c'è un baratro che tutti possono ammirare grazie alle grate che tagliano a metà l'area dei lavori. Il passaggio è una banchina che taglia in due l'area dei lavori e traghetta direttamente in via De Castillia. Qui lo spiazzo di terriccio crea diversi livelli, come un'imponente arena popolata di ferro e calcestruzzo, di ruspe e di tubi colorati. Un'occasione per farsi un'idea di come nasce una stazione metropolitana, simbolo tanto amato dai milanesi, con tanto di un profilo che s'intravede appena all'incrocio con via Volturno. Sono in tanti a fermarsi a guardare per godersi, letteralmente, l'apocalittico paesaggio.
«Il voyeurismo è una parte fondamentale di quell'attrazione fatale che proviamo nei confronti del mondo in continuo cambiamento» spiega Basilico. «Un po' come quando in autostrada avviene un incidente e, nell'altra corsia, la gente rallenta per guardare. Tra paura e curiosità, la necessità è quella di capire, osservare, sbirciare. A maggior ragione parlando di Milano, una città cosmopolita con una sua parte segreta tutta da visitare, ma anche una città che deve cambiare per confrontarsi con le altre metropoli del futuro, per non rischiare di rimanere, al confronto, sempre più piccola e penalizzata».
C'È CHI GUARDA DAL BUCO
Tappa successiva, zona Garibaldi. Il consiglio è quello di entrare in via De Cristoforis e gettare un occhio verso l'alto, immediatamente. I "voyeur" cittadini non resteranno delusi: è il punto dove ammirare la fase embrionale del progetto che muterà il volto del quartiere chic della tradizione milanese, corso Como, vicino alla Stazione. Bisogna avvicinarsi passo dopo passo, fino ad incrociare via Rosales, per osservare per intero il guerriero dal busto coperto di specchi, che brilla appena nel crepuscolo, l'ora perfetta per godere dei suoi riflessi di luce. E, perché no, contare ammirati i piani, incisi nella struttura, prima che l'avanzare dei lavori rivesta il gigante e renda impossibile questo gioco di misure e d'altezze.
Diversa la situazione dell'enorme parcheggio sotterraneo di piazza XXV Aprile, che si raggiunge proseguendo per corso Como. L'impressionante voragine fino ad alcuni mesi fa era aperta alla vista, un baratro spalancato proprio di fronte al Teatro Smeraldo (secondo teatro italiano, per dimensioni, che ha annunciato la chiusura a giugno 2011, proprio per colpa dei lavori, che avrebbero allontanato spettatori e sponsor). Ora invece chi si dirige verso la piazza non trova altro che palizzate e strette maglie verdognole. Ma i cittadini aprono puntualmente piccoli buchi e curiosano, per farsi prendere dalle vertigini e guardare, dall'alto, lo scavo perfettamente quadrato che con il passare dei mesi, cresce di livello. «Ed è normale che i cittadini aprano queste falle nelle recinzioni. Chi li osserva se ne può appropriare, li può capire e vivere» spiega Basilico.
Gli amanti del genere, alla ricerca di un percorso attraverso questa Milano ad un passo dall'essere rivestita, come una modella ancora ferma in camerino, non dimentichino di passare per corso Buenos Aires, tra piazzale Loreto e Porta Venezia, la via dello shopping milanese che come un Giano Bifronte si mostra con una nuova pavimentazione. Ampia e degna dei migliori red carpet urbani da un lato, passaggi stretti e vecchi marciapiedi scuri lì dove i lavori stanno terminando.
RICORDI D'ARCHEOLOGIA URBANA
Altro passaggio, il Cimitero Monumentale, alle spalle della Stazione di Garibaldi. Qui da vedere è il piazzale, in questi giorni sottoposto a lavori di manutenzione che ne cambiano (provvisoriamente) l'austera struttura, che è curiosamente invaso di tubi e colorati materiali per cantiere.
O ancora, da non perdere, in corso Magenta, alle spalle di Piazza Castello e della Stazione di Cadorna, un sagrato della Basilica di Santa Maria delle Grazie come non l'avete mai visto. Si parla di riqualificazione degli spazi di fronte alla Basilica, per "tornare" in linea con il passato e integrare lo spazio con la sacralità del luogo.
Da qui si arriva in zona Tortona, in Porta Genova, per ammirare una delle testimonianze dell'archeologia urbana di questa zona, l'ex Fabbrica Ansaldo. Nel cuore della Milano operaia si trova l'eredità della vecchia fabbrica che diventerà la Città delle Culture, una grande Babele nell'area di via Bergognone. Ogni tanto i muratori aprono il portone per consentire il via vai di camion e solo allora s'intravede la distesa di terreno racchiuso nel quadrilatero tra le vie Bergognone, Savona e Stendhal.
Agli appassionati di archeologia urbana non sfugga via Mecenate, sulla strada per l'aeroporto di Linate, area di capannoni che ha cambiato faccia per un make-up avvenuto per metà. Da una parte, sui numeri pari, le antiche officine aeronautiche Caproni oggi diventate uffici e sedi aziendali, nonché studi televisivi Rai (dove si registrano, tra gli altri, l'Isola dei Famosi, X Factor e Quelli che il calcio).
Basta attraversare la strada, partendo dalla via privata che porta alla sede Rcs, per trovarsi a tu per tu con gli antichi depositi. Gli antri vuoti si mostrano aperti ed esposti al passante frettoloso, ma soprattutto a chi vuole sbirciare gli stabilimenti dove venivano costruiti i celebri aerei che poi, proprio nelle vicinanze di Viale Forlanini, atterravano negli anni '20, prima che l'aeroporto fosse trasferito, un decennio dopo, a Linate.
Ultimo passaggio, sempre in tema di fabbriche, l'Hangar Bicocca a Sesto San Giovanni. Nell'ex Stalingrado d'Italia, là dove un tempo si producevano bobine per i motori elettrici, oggi c'è un laboratorio delle arti, aperta alle sperimentazioni di spazi e d'installazioni. Appropriazione urbana e trasformazione del passato mai così "artisticamente" riuscita.
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