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Tremiti selvagge, fra rocce e silenzio

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Tremiti selvagge, fra rocce e silenzio

Le isole di San Nicola e Capraia viste da Dan Domino (foto Andrea Bellezza / Alamy)
Le isole di San Nicola e Capraia viste da Dan Domino (foto Andrea Bellezza / Alamy)

Uno dei reperti dell'epopea garibaldina è meta di visite quotidiane da parte di barracuda, saraghi e da fittissimi banchi di salpe. È il Lombardo, un piroscafo a ruote protagonista della Spedizione dei Mille, naufragato il 13 marzo 1864 durante il trasporto di detenuti dalle Tremiti alle coste pugliesi. A fargli compagnia, nelle acque di un arcipelago di soli tre chilometri quadrati dove le automobili sono bandite, oltre a spettacolari ramificazioni di gorgonie rosse e gialle, spugne multicolori e colonie di coralli, i relitti di altre due imbarcazioni: una nave romana del I secolo e una galea turca. Reperti che testimoniano una storia che inizia con Diomede, eroe omerico amico di Ulisse.

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Una leggenda narra infatti che il valoroso acheo gettò in mare tre giganteschi massi che aveva portato con sé da Troia e che riemersero sotto forma di isole: San Domino, San Nicola e Capraia, appunto. La prima, lunga meno di 3 chilometri e larga 1,7, è ricoperta da una rigogliosa foresta di pini d'Aleppo e lecci, e da un sottobosco profumato di rosmarino, mirto e Centaurea diomedea (il fiordaliso delle Tremiti). Intorno all'anno Mille, l'isola era una sorta di orto del paradiso, un luogo di beatitudine. E questo perché, per circa sei secoli, fu una vera e propria roccaforte della cristianità. Costellata di uliveti, vigne e alberi da frutto, coltivata a grano e adibita a pascolo, San Domino, insieme con le altre isole più grandi, costituì un'enclave religiosa controllata dai monaci benedettini di Montecassino fino al 1256. Un periodo di mistico splendore durante il quale le isole sperimentarono tecniche innovative di agricoltura, crearono manoscritti su pergamena, studiarono astronomia, matematica e musica. Biglietto da visita sostanzialmente valido anche oggi, quando, avvicinandosi a esse, appare un rosario di calette delimitate da un universo verde.

Per raggiungerle, due alternative: una barca o una camminata seguendo un reticolo di sentieri ombreggiati, ben segnalati e attrezzati con numerose aree di sosta. Si arriva così a Cala Tonda, un'insenatura a forma a semicerchio, o alla Grotta delle Viole, una cavità carsica i cui riflessi violacei fanno pendant con le fioriture di fiordalisi blu e di violette selvatiche che terrazzano le pareti a strapiombo sul mare. L'ideale è affittare una canoa ed entrare lentamente nell'antro scoprendo così un florilegio di stalattiti. Un'emozione duplicabile pagaiando nella Grotta del Bue Marino, rifugio della foca monaca sino agli Anni 60. Nelle notti d'estate si aggiunge una struggente colonna sonora, simile al pianto di un neonato, udibile nelle adiacenze del Picco delle Diomedee, le pareti scoscese che sovrastano la grotta. Secondo una leggenda sarebbero i compagni dell'eroe omerico, sepolto presumibilmente da queste parti, trasformati in uccelli da Venere per poter vegliare le spoglie.

A nord est di San Domino c'è l'isola di San Nicola, dove batte il cuore della storia dell'arcipelago. Arida e rocciosa, più che un'isola è un grande monumento sull'acqua. Il suo passato di antico rifugio di eremiti e luogo di confino si legge nelle cinte murarie erette per difendere i monaci dagli attacchi dei pirati contrappuntate da torri merlate. Il gioiello dell'isola è la Chiesa di Santa Maria a Mare. Consacrata nel 1045, conserva frammenti di un mosaico d'epoca romano-bizantina e una pala d'altare policroma di scuola veneziana del XV secolo. Durante il Ventennio l'isola venne trasformata in confino per parlamentari, sindacalisti, professori e avvocati antifascisti.

Una storia di cui, come tante altre, si può trovare documentazione nel wine bar Era Ora a San Domino. A disposizione degli avventori, oltre a specialità provenienti dal Sud Italia, riviste e libri sulla storia e le ricchezze dell'arcipelago. La buona cucina prosegue tra i tavoli di altri ristoranti di San Domino. Perso tra i pini, ma sul mare, c'è L'Oasi, mentre, nei pressi del porto, La Livornese è la casa della signora Teresa, immigrata livornese appunto, che prepara personalmente orecchiette ai frutti di mare e zuppa di pesce. Da segnalare un'oasi vegetariana nell'isola di San Nicola, Il Torrione, in pieno centro storico. Tra le specialità, due piatti tipici delle Tremiti: la pasta con melanzane, peperoni e capperi, e la tremitese, risposta locale alla caprese: mozzarella, melanzane sott'olio, pomodori, capperi e olive.

Nessun ristorante invece sull'isola di Capraia, a nord di San Nicola, e a Pianosa. La prima, priva di alberi e di edifici, e coperta solo da cespugli di lentisco e da rocce infestate da piante di capperi, è un paradiso per gli amanti delle immersioni. Pianosa invece, un pianoro roccioso che si erge dal mare per non più di dieci metri, è una Riserva Integrale e nelle sue acque non si può pescare né fare il bagno.

6 luglio 2011, aggiornato il 30 agosto 2012

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