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Pantelleria selvaggia, isola da gourmet

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Pantelleria selvaggia, isola da gourmet

Pantelleria, il faro di punta Spadillo (foto Giovanni Tagini/Alamy/Milestone Media)
Pantelleria, il faro di punta Spadillo (foto Giovanni Tagini/Alamy/Milestone Media)

Quelli migliori si scelgono in base al calibro che deve essere di almeno 7 millimetri ma non deve superare mai i 14, al colore verde intenso e alla consistenza soda e compatta. Poi li si lascia a riposo 48 ore prima di conservarli in barili sotto sale marino che estrae acqua dalla loro polpa e li fa maturare. Soltanto così i boccioli dell'arbusto selvatico tipico del Mediterraneo diventano gli inimitabili capperi di Pantelleria, gli unici che possono fregiarsi del marchio Igp.

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E i capperi non sono il solo goloso prodotto doc dell'isola vulcanica al largo delle coste della Sicilia. Conosciuta soprattutto per la sua bellezza selvaggia, la natura aspra, il mare splendido ma impervio e quasi privo di spiagge, che ne hanno fatto da anni il buen retiro di stilisti e artisti, da Giorgio Armani a Gérard Depardieu, Pantelleria ha anche un'altra anima, meno elitaria e più godereccia: è un'isola per gourmet. Che qui trovano prodotti autoctoni e pregiati, sapori inconsueti e piatti che rispettano ancora antichissime tradizioni culinarie.

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Per procurarsi gli autentici capperi panteschi si va alla Cooperativa Agricola Produttori Capperi, che riunisce gli oltre 400 produttori locali, oppure da Bonomo & Giglio, storico capperificio in attività dal 1949, dove coltivazione e trasformazione dei boccioli sono ancora fatte a mano. Qui si acquista tutto quello che si può fare con i capperi: i boccioli sotto sale e sott'olio extravergine, il pâté, la salsa, il pesto, i cucunci (i frutti del cappero) in olio d'oliva, i biscottini salati ai capperi. Da Kazzen, nell'omonima contrada, si trovano altre specialità locali come le salse al tonno o con le sarde, le marmellate di agrumi, l'uva passa zibibbo e i vini dell'isola. A Pantelleria si produce anche un raro latte d'asina, da una razza autoctona, conosciuta fin dal I secolo a.C, e con l'uva zibibbo si fa un delicato elisir di mosto. Da non perdere poi la tumma, un formaggio fresco di latte di capra o di mucca cagliato con siero di capretto che si usa in insalata e per preparare paste ripiene e dolci.

Che Pantelleria sia un pezzo d'Africa naufragato ai confini dell'Europa (è molto più vicina alla Tunisia - Capo Mustafà dista 70 chilometri - che non alle coste siciliane) lo senti nell'accento esotico e nella grafia ricca di impronunciabili consonanti dei suoi piatti tradizionali. Come la sciakisciuka, una sorta di caponata a base di melanzane, patate, peperoni, pomodori e cipolle, più piccante di quella classica e servita tiepida. O la cuccurrummà, zucchine stufate con cipolla e pomodoro, e il couscous di pesce molto simile a quello tunisino. Tutti piatti che si possono assaggiare, preparati con maestria da Pia e dal marito Elio, ai tavoli di La Vela, bella trattoria con terrazza a mare. La specialità? Gli spaghetti, cucinati in mille modi: con pesto pantesco (aglio, basilico e pomodoro arrosto), con scampi e pomodorini, con gamberi e zucchine, con l'aragosta o con le uova di pesce. A fine pasto, imperdibile il bacio pantesco: due frittelle di pasta leggere farcite con ricotta ovina dolce.

Piatti sontuosi si gustano anche a La Nicchia, nel porticciolo di Scauri con i tavoli all'aperto in un antico giardino arabo. Qui il patron Gianni Busetta propone bresaola di tonno e caponata di melanzane tiepida con le mandorle tostate, spaghetti saporiti (con pomodori secchi, pâté di capperi e pan grattato), gamberoni con gelatina di uva zibibbo, semifreddo di mandorle e limone. Sapore di mare infine a La Pergola, dove si assaggia la raffinata cucina dello chef Franco Ferlisi, e a La Conchiglia, ristorante con vista su Cala Tramontana dove il menu dipende dal pescato quotidiano.

L'Africa a Pantelleria la senti respirare anche tra le alcove, le finestre anguste e i tetti a cupola (sempre intonacati di fresco per raccogliere l'acqua piovana) dei dammusi, le case pantesche di origine araba: cubiche, severe, essenziali. In pietra lavica, sono costruite a secco, con i muri spessi impermeabilizzati da un impasto di calce, tufo o pomice e il tetto a schiena d'asino. E molte sono state trasformate in piccoli alberghi ricercati. Come il Club Levante, tredici camere in antichi dammusi con vista sulla cala omonima, e il Zubebi Resort, tra le colline sopra il paese di Pantelleria, dove le originali case sono state restaurate secondo i dettami dei mastri locali e impreziosite con arredi etnici. In stile anche il Dream Hotel: 46 camere-dammusi a Tracino, in tre ettari di macchia mediterranea, con terrazza privata, create senza l'uso di malte o cemento, e una piscina a sfioro che sembra precipitare in mare.

Dalla piccola Tracino la vista spazia su Cala Levante, una delle più belle dell'isola e tra le poche a consentire un accesso facile al mare. La baia è dominata dall'imponente scultura naturale dell'Arco dell'Elefante, che si può raggiungere a nuoto: è un rito passare sotto l'arco roccioso. Quando a Cala di Levante il mare è agitato si può deviare verso la vicina Cala Tramontana, anfiteatro di terrazze rocciose digradanti fino agli scogli piatti della riva: quando le onde infuriano in una sono sempre calme nell'altra. Sulla costa nord, Punta Spadillo è un'altra piccola meraviglia naturale: uno sperone roccioso che si raggiunge seguendo un sentiero costellato di massi lavici erosi dal vento che scivolano verso la piscina naturale delle Ondine. Poco distante, l'impressionante Cala Cinque Denti, un'insenatura dal profilo frastagliato e impervio. Da qui, imboccando la strada che va verso Bugeber, si raggiunge lo Specchio di Venere, un laghetto alimentato da acque termali e sulfuree.
Vale la pena spingersi verso l'interno dell'isola fino ad arrivare alla Montagna Grande, il cratere vulcanico spento che con i suoi 836 metri è la cima più alta di Pantelleria. Tutt'intorno il paesaggio è lunare e dominato dalle cuddìe, i coni vulcanici, dai crepacci rocciosi da cui fuoriescono vapori bollenti, dalle sorgenti d'acque termali, dai soffioni. Qui, dai muretti a secco e dalle nere spaccature della roccia lavica arriva il profumo intenso e selvatico dei fiori di cappero.

6 giugno 2012

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