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La ragione del viaggio in Bruce Chatwin

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La ragione del viaggio in Bruce Chatwin

Dipinto di Hieronymus Bosch, ph da: Wikimedia
Dipinto di Hieronymus Bosch, ph da: Wikimedia

Se esiste un'imbattibile riunione tra viaggio e scrittura, di matrice letteraria, lo si deve anche a Bruce Chatwin.

Vero vagabondo allontanatosi dalla professione per significare il suo spirito tramite l'attraversamento dei posti: Marocco, Patagonia, Himalaya, Australia, Africa, Europa ecc.

Ogni suo gesto è infatti dentro un'ottica errabonda, nomade, non solo di natura fisica, ma anche metafisica. Chatwin è quasi un uccello migratore che rivela la propria inquietudine. Peculiarità riscontrabile anche nella palpabilità della scena, del territorio, delle sue cornici terrestri e aeree, che i lavori di lui favoriscono.

Epperò gli spostamenti reali sono anche, appunto, metafisici: si muove, Chatwin, con la speditezza di un fantasma che supera le pareti delle regioni.

"Mentre l'autobus attraversava il deserto, guardavo assonnato i brandelli di nuvole d'argento che si spostavano in cielo, e il mare grigio-verde di sterpaglia spinosa sparsa sulle ondulazioni del terreno e la polvere bianca che il vento sollevava dalle saline e, all'orizzonte, la terra e il cielo che si fondevano, mescolando e annullando i loro colori".

L'atto e il comportamento dello scrittore britannico, verso la ragione del viaggio, sono dunque di fede, di religione profondissima. Questa profondità ha concesso infatti la chance al lettore di prodursi, essere, nelle storie da lui descritte. Nei posti. Nelle città. Nelle regioni. Nella mente delle persone vissute nel viaggio. Nel labirinto del viaggiatore-Chatwin. Come nel labirinto interiore dell'uomo-Chatwin.

"Quello che ho fatto è stato prendere la Patagonia come simbolo dell'irrequietezza umana. E scrivere un libro che fosse una specie di metafora della nostalgia dello spazio".

Allora il suo viaggiare ha funzione di peregrinazione dell'Io grazie al raggiungimento delle località. Senza fermarsi totalmente mai in una.

Chatwin è pieno e consapevole di questo suo spiritualmente fertile nomadismo, e lo stile della narrazione dimostra la sensibilità di tale consapevolezza così come l'evocazione di personaggi: Butch Cassidy, Darwin, Coleridge, Pigafetta, il viaggiatore John Davis, Charley Milward ecc.

I suoi viaggi hanno altresì qualità di ricerca, funzione enciclopedica, possibilità di un'istintiva conoscenza, disponibile a tutti, per chi intraprende la prima volta un suo scritto.

Ecco allora un titolo (ma sarebbe necessario leggerli tutti) che consiglio affinché l'errare diventi il ritrovamento di propri elementi primitivi e spiritici, a noi forse dispersi o che stiamo allontanando. L'umanità secondo lo scrittore britannico, infatti, muoverebbe i suoi disagi in positivi solo spostandosi da un luogo all'altro.

"In Patagonia" è il libro che offre il viaggio senza mai vedere le città: proprio come riuscì a fare Pessoa nelle interiora della sua camera portoghese accessibile a tutti i mondi immaginari. Solo che in questo ibrido incantantorio, che è In Patagonia, la narrazione distrugge ogni possibile confine senza alcuna quiete.

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