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Lazio, nel Giardino di Ninfa

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Lazio, nel Giardino di Ninfa

  • – di Francesca Pace
Il Giardino di Ninfa (Photo S. Manfredini - Archivio fotografico Fondazione Roffredo Caetani)
Il Giardino di Ninfa (Photo S. Manfredini - Archivio fotografico Fondazione Roffredo Caetani)


Tra i tanti parchi italiani che in questa stagione offrono alcuni degli spettacoli naturali più belli, merita certamente una visita il Giardino di Ninfa. Situato in Lazio, tra i comuni di Cisterna di Latina e Sermoneta, è, infatti, una delle meraviglie del nostro patrimonio paesaggistico. Dichiarato Monumento naturale dalla Regione Lazio dal 2000 e Oasi affiliata del WWF, è anche molto apprezzato dagli stranieri tanto che, qualche anno fa, si è aggiudicato il titolo di giardino più bello del mondo del New York Times.

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Il Giardino di Ninfa deve la sua bellezza alla ricchezza botanica e storica che conserva. All'interno dei suoi otto ettari di terre, attraversati dal fiume Ninfa e da ruscelli d'irrigazione, crescono, infatti, circa 1300 specie di piante provenienti da diverse parti del mondo. Questo è reso possibile dalla rupe di Norma che protegge il territorio dai venti del nord e crea un microclima favorevole anche alla crescita di piante esotiche. Accanto alla tipica flora mediterranea e a magnifici roseti, infatti, è possibile ammirare noci americani, aceri giapponesi, yucca o l'albero della nebbia, proveniente dall'estremo oriente e così chiamato per le sue infiorescenze a piumino rosa simili a zucchero filato. Un ambiente tanto vario quanto delicato che impone l'apertura al pubblico solo in date stabilite e con visite guidate per preservarne l'equilibrio.

Insieme a questa vegetazione rigogliosa, il percorso di visita al giardino si snoda tra i vialetti che corrono accanto alle rovine dell'antica città di Ninfa. Il Giardino ha, infatti, una storia secolare che si intreccia alle vicende storiche della Penisola e della nota famiglia dei Caetani, proprietari di queste terre per sette secoli.
Le sue origini risalgono all'epoca romana, quando venne costruito un tempietto, dedicato alle Ninfe Naiadi, divinità delle acque sorgive, a cui deve l'origine del suo nome. A partire dal VIII secolo, entrò a far parte dell'amministrazione pontificia e assunse un ruolo strategico grazie alla sua posizione, lungo la Via Pedemontana, unico collegamento alle porte di Roma che conduceva al sud quando la Via Appia era ricoperta dalle paludi. Alla fine del Duecento, con la salita al soglio pontificio di Benedetto Caetani, Bonifacio VIII, il territorio passò di proprietà alla grande famiglia Caetani, appunto, per i secoli successivi. Da allora, Ninfa visse momenti alterni di fortuna e declino. Al tempo del suo massimo splendore, infatti, la città era ricca di case e chiese circondate da una doppia cinta di mura merlate e torri difensive che, con la presenza dei Caetani divenne un giardino di delizie. Ma Ninfa visse anche momenti di declino e abbandono a causa di battaglie interne, distruzioni, carestie e epidemie di malaria che infestarono la pianura pontina alla fine del Trecento e nel Seicento, lasciando della città solo ruderi.

Fu proprio alla presenza delle sue rovine che, durante il periodo del Grand Tour nell'Ottocento, molti viaggiatori restarono affascinati dalle antichità italiane, tanto da definirla la Pompei del Medioevo. Grazie al nuovo corso della storia, i Caetani tornarono sulle loro terre e decisero di bonificare le paludi per creare un romantico giardino in stile inglese. Vennero così piantati cipressi, lecci, faggi, oggi maestosi, e roseti e restaurarono alcune rovine, fra cui il Castello, costruito nel borgo medievale di Sermoneta, che divenne la casa di campagna della famiglia. Oggi questa fortezza storica è sede della Fondazione Roffredo Caetani, voluta da donna Lelia, ultima erede scomparsa nel 1977, al fine di tutelare la memoria del Casato, di preservare il Giardino e il Castello di Sermoneta, e di valorizzare il territorio pontino e lepino. L'ente si è anche occupato di rinatulizzare l'area circostante al giardino, il Parco Pantanello, che si estende per 100 ettari al di fuori delle mura, per ricostituire l'ambiente originario delle Paludi Pontine. Negli anni ha, così, restituito alla natura, un habitat favorevole non solo alla vegetazione ma anche all'incremento della biodiversità e, in particolare, all'avifauna locale, trovandosi in un'area importante delle rotte migratorie.

13 aprile 2016

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