Ci sono voluti milioni di anni per trasformare le Alpi da fondale oceanico in montagne. E appena poche decine per offrire un sempre più ricco menù di alternative al popolo dei non sciatori. Che prima ne avevano sostanzialmente solo due: restare in città o restare in albergo. Accanto al proliferare di ristoranti stellati o rifugi gourmet per loro si è parallelamente sviluppato anche il filone del benessere, con Spa dove si diffondono aromi di fieno e pino mugo e piscine riscaldate con vista sulle vette. Da qualche anno, però, nelle giornate di chi non frequenta le piste è entrata una nuova opzione: scoprire nelle Alpi un laboratorio a cielo aperto di architettura e arte contemporanea. D'altra parte «le Dolomiti sono la più bella architettura naturale del pianeta», notò Le Corbusier.
In attesa che venga inaugurata (secondo i piani entro 5-6 anni e a un costo di circa 88 milioni di euro) la nuova torre Titlis 3020, ambizioso progetto di cristallo e acciaio di Herzog & de Meuron sulla sommità del monte Titlis, in Svizzera, con vista e ristoranti panoramici, chi preferisce le creature dei grandi studi di architettura agli scarponi ha già a disposizione tre dei sei edifici del circuito Messner Mountain Museum, che il celebre alpinista ha inaugurato in altrettante località fra Sudtirolo e Bellunese: il più recente, dedicato all'alpinismo, porta la firma di Zaha Hadid e si fonde con i suoi svettanti angoli di cemento fra le cime di Plan de Corones. Una delle altre sedi, che indaga il tema della montagna come mito culturale, è ospitata nel castello di Brunico, la stessa città dove lo scorso 20 dicembre è stato inaugurato il museo Lumen: nato dalla ristrutturazione, firmata da Gerhards Mahlknecht, della vecchia stazione di funivia, è interamente dedicato alla fotografia di montagna, con installazioni multimediali, sale degli specchi e l'immancabile ristorante gourmet (Alpinn) curato da Norbert Niederkofler.
Esempi più contenuti di architettura alpina contemporanea sono entrambi firmati dallo studio Messner di Bolzano: una piattaforma di acciaio e pietra che si protende sul panorama dolomitico dal monte Specie, e la chiesetta di Stella, sull'altipiano di Renon,con spazio minimal riservato alla meditazione, lungo la passeggiata che Sigmund Freud amava fare quando soggiornò a Collalbo nel 1911 e scoprì il «piacere inesauribile del dolce far nulla», come scrisse a Carl Gustav Jung. Quest'ultimo, peraltro, era un appassionato frequentatore dell'Engadina svizzera, dove è in corso (fino a domani) un altro interessante esperimento di contemporaneità alpina: la cinquecentesca dimora aristocratica di Chesa Planta, a St. Moritz, ospita la versione invernale di Nomad, una sofisticata fiera itinerante di arte e design accessibile solo su invito (bisogna chiedere di entrare nel “club” compilando un apposito form sul sito).
Le biblioteche tra le vette
Per uno shopping dall'aria sempre artistica, ma meno impegnativo e insieme alternativo ai souvenir con le campanelle, a Glorenza,
nell'Alta Val Venosta, c'è la distilleria Puni, dove si produce l'unico whisky made in Italy in un cubo di mattoni alto 13
metri progettato da Werner Tscholl. Anche una delle più classiche alternative alle piste, la lettura (di solito al sole sulla
sdraio del rifugi) è un'esperienza che si rinnova: ai piedi del massiccio svizzero-francese del Giura e con vista sul lago
Lemano, dal 2004 si trova la Fondazione Jan Michalski per la scrittura e la letteraura, un edificio di architettura organica che racchiude una biblioteca con 65mila volumi in
una decina di lingue e una residenza per scrittori in cerca di silenzio e ispirazione (a metà di quest'anno si aprirà il bando
per il 2020). Ma fra le montagne di oggi le biblioteche arrivano anche a bordo pista: accade ad Andalo, in località Prati
di Gaggia, dove a 1.333 metri si trova il Biblioigloo, una sorta di bolla piena di scaffali dove si può leggere comodamente e al caldo. E dare ogni tanto un'occhiata agli amici
che prendono la funivia vicina.
© Riproduzione riservata