
SAIA e SALT: agricoltura resiliente per affrontare la salinità nelle coste venete
I cambiamenti climatici aumentano la salinità dei terreni agricoli costieri del Veneto, mettendo in crisi l’agricoltura tradizionale. I progetti SAIA e SALT, promossi da Thetis e Bio Soil Expert, promuovono soluzioni adattive e sostenibili coinvolgendo agricoltori, ricercatori e comunità locali.
Nelle zone costiere dell’Alto Adriatico l’aumento della salinità dei terreni agricoli è un problema sempre più serio. Alla base c’è il cosiddetto cuneo salino: l’acqua del mare, favorita dall’innalzamento del livello marino, penetra nelle falde sotterranee che normalmente contengono acqua dolce. Quando queste falde diventano salmastre, anche l’acqua usata per irrigare i campi contribuisce a rendere i terreni meno fertili. A peggiorare la situazione intervengono due fattori locali: la subsidenza, cioè l’abbassamento del terreno rispetto al livello del mare, spesso accentuato dall’eccessivo prelievo di acqua di falda; e la siccità, che riduce ulteriormente la disponibilità di acqua dolce, lasciando campo libero all’avanzata dell’acqua salata.
Una nuova realtà a cui le aziende agricole che operano su quei territori sono chiamate ad adattarsi. Proprio rispondere a questa sfida urgente è l’obiettivo del progetto SAIA (Sostenibilità Ambientale per l’Innovazione Agricola), avviato nel 2024 grazie a un finanziamento dell’Unione Europea tramite un bando a cascata dell'ecosistema dell'innovazione iNEST, nell’ambito delle attività dello Spoke 4 – City, Architecture, Sustainable design guidato dall’Università IUAV di Venezia. Il progetto SAIA ha per capofila la società di ingegneria Thetis Spa, supportata dall’azienda partner Bio Soil Expert, specializzata nell'ingegneria naturalistica e ripristini di ecosistemi naturali. Importantissima anche la collaborazione con il territorio, in particolare con il Comune di Cavallino Treporti che da 10 anni attraverso il Tavolo Verde supporta le aziende agricole, con i portatori di interesse locali e con altre realtà che lavorano su queste tematiche, come The Tidal Garden, che fornisce la propria esperienza nel creare nuove filiere agroalimentari che abbiano come protagoniste delle varietà resistenti al sale.
«L’avanzamento del cuneo salino non è solo un problema dell’agricoltura, ma è una sfida che coinvolge l’intero territorio e richiede una visione più ampia – spiega la coordinatrice del progetto Elisa Andreoli, Responsabile Unità Studi e Progetti per l’Ambiente e il Territorio di Thetis SpA –. I problemi ambientali vanno affrontati con una visione olistica, per questo il progetto SAIA è partito da una mappatura della costa veneta realizzata grazie ai dati del Digital Terrain Model (DTM) messi a disposizione dalla Regione Veneto. Il modello consente di rilevare la quota del terreno con una risoluzione di 5 metri, offrendo una fotografia estremamente accurata del territorio. La quota altimetrica è infatti una variabile chiave: anche piccole differenze possono produrre effetti agronomici rilevanti, tanto che, in alcuni casi, a soli 10 metri di distanza, il livello di salinità del suolo può cambiare in maniera drastica, passando da condizioni quasi irrilevanti a valori critici per le colture».
«Poi abbiamo incrociato altri dati come la subsidenza, la direzione del vento e l’altezza delle onde, creando modelli e ipotizzando scenari differenti di vulnerabilità – prosegue Andreoli –. Abbiamo quindi unito la ricerca modellistica con la sperimentazione agronomica. Grazie al supporto di Coldiretti siamo entrati in contatto con un agricoltore e agronomo, Michele Borgo, che a Cavallino-Treporti, nella parte settentrionale della laguna di Venezia, coltiva il carciofo violetto di Sant’Erasmo, una varietà molto pregiata, un prodotto di nicchia. Negli ultimi anni sta subendo una riduzione della superficie coltivabile a causa del terreno troppo salino».
È entrata qui in gioco Bio Soil Expert, che è intervenuta nella fase agronomica del progetto, gestendo un sistema di analisi della salinità dei terreni in tempo reale tramite sensoristica. «Le caratterizzazioni dei terreni svolte con analisi chimiche tradizionali hanno un difetto – spiega Andrea Zerminiani, agronomo e co-founder di Bio Soil Expert –, permettono di ottenere risultati affidabili ma settimane dopo il prelievo. Abbiamo quindi inserito delle sonde nel terreno che misurano in tempo reale una serie di parametri tra cui contenuto d’acqua, conducibilità elettrica e temperatura, da cui indirettamente si può risalire all’andamento dello stress salino». Grazie a questo strumento innovativo si è potuto analizzare il rapporto tra irrigazione, piovosità, prassi agricole e salinità. «Un risultato apparentemente controintuitivo a cui si è giunti è che irrigare con una grande quantità di acqua provoca un forte stress alle piante, dal momento che l’acqua solubilizza il sale presente nel terreno – spiega Zerminiani –, pertanto è preferibile un’irrigazione con acqua dolce in quantità ridotte ma costanti, che porta a una diminuzione dello stress e a un risparmio idrico».
Un altro obiettivo era identificare e testare in un contesto fuori suolo – grazie ai mesocosmi, contenitori che consentono la coltivazione sperimentale – alcune specie alofile, in grado cioè di sopravvivere in terreni salini, per ipotizzare un approccio di fitorimedio, ovvero l’uso di colture vegetali in grado di accumulare il sale all’interno dei loro tessuti, per ridurre la salinità del suolo. Tramite una ricerca bibliografica ed etnografica, sono state studiate alcune specie vegetali tipiche del luogo. «Abbiamo studiato vecchi libri di cucina e intervistato alcuni anziani abitanti del luogo, scoprendo ad esempio come la salicornia e altre specie “di barena” che crescevano spontanee in questi luoghi venivano utilizzate per delle ricette specifiche» spiega Alberto Ferrarese, agronomo e co-founder di Bio Soil Expert.
Durante il progetto SALT (Saline Agricultural Land and Territories), sviluppato in successione a SAIA, le piante che hanno risposto meglio alla sperimentazione sono state portate dal mesocosmo al campo, per una sperimentazione reale, riservata alle piante ad uso alimentare.
Le specie testate durante il progetto SAIA sono Beta vulgaris subsp. maritima, Cakile maritima, Salsola soda, Atriplex tatarica, Phragmites australis, Salicornia procumbens subsp. veneta, Puccinellia palustris, Crithmum maritimum e Limbarda crithmoides. Nel corso del progetto SALT la sperimentazione sul campo ha riguardato Salicornia europea, Atriplex portulacoides, Beta vulgaris subsp. maritima, Inula crithmoides, Soda inermis, Atriplex tatarica e Crithmum maritimum. L’approccio adottato è quello di testare numerose varietà, sia con potenziale utilizzo alimentare che con altri possibili sbocchi commerciali, per comprendere come ciascuna risponda agli stessi stress ambientali e individuare così le specie più adatte a scenari agricoli soggetti a salinità crescente.
Tra le attività previste non mancano momenti di degustazione aperti al pubblico, per assaggiare le pietanze preparate, grazie all’esperienza e alla creatività del team di The Tidal Garden che collabora al progetto, valorizzando le piante più resistenti al sale e mostrando le loro potenzialità gastronomiche. Per dimostrare che anche in terreni segnati dalla salinità può germogliare un futuro sostenibile.
