INTRODUZIONE
La sopravvivenza della specie umana dipende essenzialmente dall’ottimizzazione dei suoi sistemi agricoli. È stato vero in ogni epoca e lo è tuttora, con una sfida aggiuntiva: incrementare la produzione riducendo l’uso delle risorse naturali per preservare il futuro del Pianeta.
Negli ultimi settant’anni, l’approvvigionamento del cibo è stato assicurato da un’industria alimentare sempre più pervasiva ma che ora deve confrontarsi non solo con la sostenibilità ambientale e sociale di coltivazioni e lavorazioni ma anche di come l’intero sistema contribuisce a quei cambiamenti climatici che generano siccità, eventi estremi, inondazioni (l’alluvione in Romagna è stato il terzo evento naturale più grave al mondo nel 2023). I modelli alimentari sono associati a elevate emissioni di gas serra, ad alti tassi di perdita della biodiversità, all’inquinamento e all’uso eccessivo di acqua e terreni, così come a un elevato rischio di zoonosi, di cui la pandemia di Covid-19 è l’esempio più recente. Tutto ciò mentre le turbolenze geopoliche svelano quanto sia vulnerabile un sistema basato su catene lunghissime del valore.
Gli addetti ai lavori, istituzioni, produttori e le organizzazioni della società civile si interrogano da tempo sugli impatti ambientali e sociali dell’Agrifood ma dalla comparsa del Covid-19 sulla scena globale l’urgenza di un ripensamento dei modelli è condivisa dall’opinione pubblica, dai player e dai decisori politici. La transizione a un’agricoltura sostenibile è in tutte le agende, da quella dell’ultima Cop28 di Dubai a quella della Politica Agricola Comune dell’Ue. Questo white paper vuole indicare alcune piste per seguire lo stato dell’arte, i megatrend, la cornice normativa, le innovazioni possibili e le potenzialità rigenerative suggerite dall’ibridazione possibile tra nuove tecnologie e saperi delle comunità e delle accademie.
Ci è sembra importante che molte suggestioni provengano dal settore agroalimentare del nostro Paese, che già vanta l’agricoltura più green d’Europa, è ai vertici mondiali per la sicurezza alimentare e la sua cultura del cibo è costitutiva dell’identità italiana e connessa all’immaginario collettivo globale. Un Sistema Paese che comunque deve fare di più soprattutto sul versante delle infrastrutture per competere senza il fardello di una bolletta logistica penalizzante. L’agricoltura contiene in sé sia il problema, sia le soluzioni: pratiche di coltivazione sostenibile, che minimizzano il consumo di suolo, di fertilizzanti e fitofarmaci sono sempre più scalabili.
Anche la questione energetica trova una serie di risposte concrete in campo aperto (agrovoltaico, biogas e biometano) e l’adozione di tecnologie all’avanguardia – dall’intelligenza artificiale all’agricoltura di precisione, dalla robotica all’agritech, dal vertical farming alla serricoltura hi-tech – dovrà puntare alla drastica riduzione degli impatti, alla neutralità di emissioni nel 2050, senza fermare la crescita. Il futuro dovrà essere un sistema equilibrato di forme di agricoltura differenti che contribuiranno a sfamare la popolazione in crescita e a far crescere le comunità rispettando i territori.
INNOVARE IL FOODSYSTEM
L ’innovazione del foodsystem, lungo tutta la sua catena, ha quattro grandi motori: le nuove tecnologie, se orientate soprattutto all’efficienza dei sistemi produttivi, alla risoluzione degli impatti negativi sull’ambiente e al consumo di risorse; la ricerca scientifica, per il miglioramento delle varietà, per la creazione e la combinazione di nuove tecnologie, per la tutela del suolo, per migliorare l’agronomia; le istituzioni, che hanno il compito di orientare, favorire e supportare i processi di cambiamento e innovazione; gli ecosistemi locali che, oltre ad accogliere e ad agire le altre spinte al cambiamento, sono contesti nei quali nascono e si diffondono le innovazioni nell’interazione tra ricerca, impresa, scuole, istituzioni, ambiente, ecc.
Il mondo del cibo, dalla sua produzione al consumo, è contraddistinto dalla grande eterogeneità di attori coinvolti in questi processi complessi. Per questo non è scontato concordare in modo univoco che tipo di innovazione ci serva per il nostro foodsystem e in quale direzione sia davvero utile l’Intelligenza Artificiale.
La prospettiva che proponiamo è quella di orientare il cambiamento e i processi di innovazione del foodsystem ripartendo da ecosistemi locali, connessi tra loro in chiave globale, orientati all’uso delle tecnologie per migliorare la qualità della produzione, ridurre l’impatto ambientale e contribuire ad uno sviluppo territoriale, sfruttando tecnologie, macchine e sistemi di conoscenza per generare cambiamenti che impattino positivamente sulle produzioni, sulla qualità della vita delle persone, sull’ambiente. Per questo parliamo di FoodSystem 5.0: perché l’innovazione che ci serve è insieme sociale e tecnologica e non riguarda esclusivamente le imprese ed il sistema produttivo ma riguarda indistintamente tutti gli attori coinvolti “ dal campo alla tavola”.
Le tecnologie sono utili solo se orientate alla risoluzione dei problemi e se chi le utilizza ha le conoscenze tecniche e funzionali necessarie. Ad esempio, l’IA che prevede la presenza di parassiti richiede tecnici per l’installazione dei sensori e l’analisi dei Big Data, ma anche agronomi che spiegano le caratteristiche dell’habitat per costruire un sistema previsionale efficace. In questo processo, l’IA è uno strumento che potenzia le capacità umane di elaborare informazioni complesse e analizzare Big Data organizzati dagli umani e processati dalle macchine. L’IA necessaria è quella che aumenta le facoltà umane e aiuta a risolvere problemi, mantenendo centrale la sensibilità e l’intelligenza di imprenditori, professionisti e agricoltori.
I processi di innovazione del foodsystem devono anche superare barriere culturali e infrastrutturali per permettere al contesto italiano di creare una nuova narrativa legata all’unica grande tradizione che ha senso perpetuare: quella di essere innovatori, nel rispetto della complessità.
Con queste premesse affrontiamo la seconda edizione di Agrifood Future, l’evento piattaforma organizzato a Salerno dall’8 al 10 settembre, che farà incontrare un ampio ecosistema di attori e li coinvolgerà in questo confronto aperto su cosa sia, oggi, l’Intelligenza Artificiale che ci serve.
IL CIBO COME FATTORE CRITICO
DI SVILUPPO
Rischi e sfide che stanno rimodellando le strategie di sviluppo agricolo per diminuirne l’impatto sul pianeta e renderle resilienti
Le catene alimentari globali, le dinamiche demografiche, la competizione tra i mercati, i processi industriali e l’aumento della produttività hanno trasformato negli ultimi settant’anni l’agricoltura da attività locale a industria globale con il compito di nutrire una popolazione in crescita e sempre più concentrata nelle metropoli. Nello stesso tempo l’intreccio di fattori ambientali, tecnologici e geopolitici ha innescato rischi e sfide che stanno rimodellando le strategie di sviluppo agricolo. A caratterizzare il contesto è soprattutto la combinazione tra gli effetti del cambiamento climatico e l’impatto ambientale dell’agricoltura dal momento che la loro relazione è a doppio senso. Se la desertificazione e le crisi idriche impongono un ripensamento delle tecniche e delle colture, la stessa industria agroalimentare, così come si è definita dagli anni ’50 del ventesimo secolo, è tra i maggiori responsabili delle sfide ambientali e di sostenibilità in Europa e nel mondo. Il settore agricolo, infatti, è fonte dell’11% dei gas serra emessi complessivamente nell’Unione Europea. Un dato che a livello globale cresce fino al 37%, la stessa quantità prodotta dall’insieme di tutti i mezzi di trasporto di terra, mare e cielo. La crisi climatica impatta su produzione e accesso al cibo riducendo i raccolti e influendo sull’irregolarità delle condizioni meteorologiche, contribuendo all’aumento dei prezzi, da un lato, ma anche siccità e disastri naturali, dall’altro. Come avverte l’Aea, l’Agenzia europea dell’ambiente, agricoltura, pesca e sistema alimentare sono anche i principali responsabili della perdita di biodiversità e di habitat a causa della conversione dei terreni, del degrado del suolo, dell’overfishing, dell’estrazione di acqua (il 70% a livello mondiale secondo la Banca Mondiale) e dell’inquinamento chimico e da nutrienti. Inoltre, la salute umana dipende direttamente dalla sostenibilità del sistema alimentare. L’irruzione sulla scena della pandemia Covid-19, i recenti sviluppi geopolitici e le tendenze socio-economiche hanno ulteriormente aumentato l’attenzione verso l’agricoltura e i sistemi alimentari anche alla luce del fatto che l’aumento della popolazione globale determinerà l’aumento della domanda di cibo. I ricercatori dell’Università di Wageningen hanno pubblicato, sulla rivista Nature Food, una meta-analisi (ossia un esame dei risultati di 57 studi pubblicati tra il 2000 e il 2018) sulla sicurezza alimentare globale. La loro previsione è che entro il 2050 la richiesta di cibo aumenterà tra il 35% e il 56% rispetto al 2010, mentre la Fao stima un +60% rispetto al 2005, e che tutto ciò avrà un impatto negativo sull’ambiente e sulla biodiversità in un pianeta (che non ha risolto il problema della fame per centinaia di milioni di persone) dove già il 40% delle terre emerse è “occupato” dall’agricoltura ma soprattutto per produzioni non direttamente destinate al consumo umano bensì a mangimi e foraggio per gli animali da allevamento (il 70% nell’Ue secondo Eurostat, 55% nel mondo secondo la “National Food Strategy” britannica). L’urgenza, dunque, è quella di ripensare l’agricoltura e i sistemi agroalimentari per renderli resilienti e sostenibili nella consapevolezza che è in uno scenario caratterizzato da pratiche rispettose dell’ambiente che risulta possibile ottenere riduzioni significative della pressione ambientale facendo leva sul cambiamento delle diete, sull’agroecologia, sull’utilizzo strategico delle innovazioni tecnologiche, dall’agricoltura di precisione all’applicazione delle possibilità fornite dall’intelligenza artificiale.
IMPATTO ECONOMICO DELL’AGRICOLTURA SUL SISTEMA PAESE
Un settore cardine che realizza il 3,2% del PIL con un fatturato di 621 miliardi di euro e una forte propensione all’export
L’antica cultura alimentare, l’ampiezza delle diversità territoriali e la varietà delle sue eccellenze certificate fanno dell’Italia uno dei leader mondiali nell’agroalimentare. Infatti, siamo il Paese che conta di gran lunga il maggior numero di prodotti con almeno uno dei tre marchi di qualità riconosciuti dall’Ue (Dop, Igp, Stg).
Secondo il Masaf, Ministero dell’agricoltura, i nostri prodotti con almeno una di queste etichette sono 326, a cui si aggiungono altri 529 vini con bollini Docg, Doc e Igt. Un segmento di grande forza propulsiva, sistema per definizione non delocalizzabile che coinvolge 198.842 operatori e 291 Consorzi di tutela. Per il 93% degli italiani l’industria alimentare è sinonimo di sviluppo sociale ed economico, per il 94% il Made in Italy è uno dei principali ambasciatori dell’italianità nel mondo (dati Federalimentare/Censis). La controprova sta nel fatto che l’Italia è anche il brand che “vanta il maggior numero di imitazioni”: il fenomeno dell’Italian Sounding, della contraffazione di prodotti nostrani, vale circa 11 miliardi. Anche l’Annuario dell’Agricoltura italiana, pubblicato dal Crea, conferma che il nostro agroalimentare continua a mostrare segnali positivi: forte propensione all’export e revisione dei modelli strutturali produttivi in corso nonostante sia fortemente esposto a fattori esogeni che ne condizionano le performance. Un settore cardine che rappresenta il 2,3% del Pil con un fatturato di circa 621 miliardi di euro, circa 15% dell’economia nazionale.
Sul fronte degli scambi con l’estero il 2022 ha segnato un nuovo primato, sebbene condizionato anche dalla crescita dei prezzi internazionali, sia per le importazioni (quasi 63 miliardi di euro, +29,3%), sia per le esportazioni (quasi 60 miliardi, +16%). Gli occupati sono 1,6 milioni nel 2022, pari al 7% del totale, dentro tessuto agricolo che conta 1.133.023 aziende ma si segnala una ristrutturazione, seppure lenta, del tessuto imprenditoriale verso forme organizzative più complesse. L’Osservatorio Inps sul mondo agricolo registra che il numero di aziende che occupano operai agricoli dipendenti è passato da 180.167 del 2021 a 174.636 nel 2022 (-3,1%). I dati Movimprese di Infocamere confermano il trend: nel 2023 si sono perse oltre 20mila imprese. In vent’anni le aziende agricole si sono dimezzate (-53%), perdendo 1.260.138 unità. Pesano la scarsa presenza di giovani imprenditori (solo il 9%, contro il 12% della media Ue) e il correlato basso livello di formazione di chi guida la maggioranza delle aziende. Secondo il Rapporto Ismea nel decennio 2012-2022 l’industria alimentare ha mostrato un trend di buona crescita reale, mentre l’agricoltura ha vissuto annate sfavorevoli in successione, soprattutto a causa dell’andamento climatico.
Per questo l’Italia è passata dalla seconda alla terza posizione nella graduatoria Ue della produzione agricola, dopo Francia e Germania ma, soprattutto, dal 2021 ha passato alla Francia, dopo un decennio, il primato del valore aggiunto. Il peso dell’Italia sulla produzione agricola dell’Ue è pari complessivamente al 14%, sale al 33% per l’olio d’oliva, e al 18% per la frutta. Ma soprattutto l’Italia conferma la sua vocazione alle attività secondarie e ai servizi in agricoltura, che insieme rappresentano il 18% della produzione agricola nazionale e che ribadiscono la sua leadership in Europa sul fronte della diversificazione e multifunzionalità del settore agricolo. Infine, nell’intero settore agroalimentare italiano si contano oltre di 5.000 brevetti di cui 4.000 circa solo nel settore agricolo. L’economia italiana rappresenta il 2,5% dell’attività intellettuale mondiale rispetto al 2,2% del suo contributo al Pil mondiale.
SOSTENIBILITÀ: UN BEL PAESE SEMPRE PIÙ GREEN E BIO
L’agricoltura italiana ha ridotto i consumi di acqua, il ricorso ai pesticidi e produce molta meno CO2 di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. Crescono il comparto del biologico e l’uso delle rinnovabili
Per decenni è stata l’agricoltura industriale a produrre la maggior parte del cibo utilizzando enormi quantità di pesticidi e fertilizzanti chimici ai danni di suolo, acqua, aria e clima, secondo un modello di economia lineare (materia prima-prodotto-rifiuto). In questo modo il sistema agroalimentare è divenuto una delle cause della crisi ambientale e climatica e, per primo, ne paga le conseguenze. L’agricoltura sostenibile rappresenta un cambio di paradigma per consentire al settore di fornire benefici a persone e territori come l’accumulo di CO2 sottoforma di carbonio nella vegetazione e nei terreni, la conservazione di habitat semi-naturali e di specie selvatiche, nonché tecnologie più efficienti, innovazioni sociali e pratiche di economia circolare per promuovere l’accesso a cibo sano per tutti, trattando in modo equo chi lavora e dando priorità alle persone e alle comunità. La sostenibilità è al contempo economica, sociale e ambientale. Un cambiamento profondo che coinvolge le fonti energetiche, i metodi di coltivazione, i materiali e la gestione di acqua e suolo prevenendo l’erosione, ripensando l’irrigazione, riducendo l’inquinamento e le emissioni, promuovendo la biodiversità, aumentando la resilienza alle condizioni meteorologiche estreme. Sostenibilità significa che l’intero sistema è più resistente alla siccità, alle inondazioni e ad altri impatti del cambiamento climatico in atto da tempo. Una transizione che ha bisogno di politiche pubbliche intelligenti ma che un numero crescente di prove scientifiche e di esperienze concrete delle aziende sta convalidando come modello altrettanto produttivo e redditizio nel tempo. L’agroecologia è il campo di ricerca dedicato al raggiungimento di questi obiettivi, è la scienza della gestione delle aziende agricole come ecosistemi. Lavorando con la natura anziché contro di essa, le aziende agricole possono evitare impatti ambientali dannosi senza sacrificare la produttività come dimostra, solo per fare un esempio, uno studio in corso nella Marsden Farm della Iowa State University che dimosta come i sistemi complessi di rotazione delle colture possono superare le pratiche convenzionali di monocoltura sia in termini di resa che di redditività. Esistono diversi approcci di agricoltura sostenibile dall’agricoltura biologica (che sostituisce i prodotti chimici di sintesi con quelli naturali) a quella biodinamica, rispettosa dei ritmi della natura, dall’agricoltura 4.0 che sfrutta l’innovazione per rendere l’agricoltura più efficiente ed eco-friendly, fino all’agricoltura di precisione che ottimizza la produzione e riduce al massimo gli sprechi. L’agricoltura italiana è tra le più sostenibili in Europa, con una quantità di emissioni pari a 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, nettamente inferiori a quelle di Francia (76 milioni), Germania (66 milioni), Regno Unito (41 milioni) e Spagna (39 milioni). Il settore ha ridotto i consumi di acqua e l’uso di pesticidi (20% tra 2011 e 2018) e ha aumentato l’utilizzo e la produzione di energie rinnovabili. L’Italia è leader in Ue del biologico per superfici e numero di aziende: nel 2023 gli ettari investiti sono aumentati del 4,5% e il numero di operatori dell’8%, arrivando a quota 94.441 (fonte: “Bio in cifre 2024” di Ismea). Si tratta di 2,5 milioni di ettari, pari a quasi il 20% della Superficie agricola utilizzata (Sau), dato vicino al target del 25% fissato, per il 2030 dalla Strategia Farm to Fork. Tra i nodi da sciogliere ci sono il passaggio alla nuova programmazione Pac, le diverse politiche regionali, la minaccia climatica e il boom dell’import (+40%) di prodotti bio dall’estero.
AI E AGRICOLTURA DI PRECISIONE
L’AIUTO CHE ARRIVA DALLO SPAZIO
Ottimizzare le operazioni e l’uso delle risorse dal campo alla vendita: come le nuove tecnologie 4.0 cambiano il ruolo degli agricoltori da lavoratori manuali a pianificatori e supervisori di sistemi intelligenti
Fino a poco tempo fa, trovare nella stessa frase parole come “Intelligenza Artificiale” e “Agricoltura” poteva sembrare una bizzarra combinazione invece il paesaggio agricolo contemporaneo si sta evolvendo. Climate change, boom demografico e scarsità d’acqua spingono sempre più verso modelli di agricoltura di precisione guidata dall’AI. L’intelligenza artificiale è un insieme di tecnologie che vengono automatizzate attraverso la programmazione ossia imitando il modo in cui le persone pensano. Tutto ciò sta cambiando il ruolo degli agricoltori da lavoratori manuali a pianificatori e supervisori di sistemi intelligenti. Il settore agricolo già utilizza i big data per approfondire ogni dettaglio del processo di coltivazione. L’agricoltura di precisione integra AI e tecnologie basate sui dati per ottimizzare le operazioni agricole e l’utilizzo delle risorse e ha il potenziale per migliorare significativamente l’efficienza idrica.
Anche la robotica è importante: robot di nuova generazione possono agire ormai in serra e in campo aperto, automatizzando diverse attività come il monitoraggio dello stato delle piante la potatura, la raccolta, il diserbo. L’analisi predittiva alimentata dall’AI sta già mostrando la strada alle aziende per analizzare la domanda, prevedere i prezzi e determinare i tempi ottimali per la semina e il raccolto. L’AI può aiutare a monitorare la salute del suolo, le condizioni meteorologiche e consigliare l’applicazione di fertilizzanti e pesticidi. Allo stesso modo, dopo il raccolto, assicura una gestione dei prodotti in modo più accurato, rilevando i parassiti e le malattie nei raccolti, classificando i prodotti in base alla loro forma, dimensione e colore.
Ciò consente agli agricoltori di separare rapidamente i prodotti in categorie, ad esempio per venderli a clienti diversi a prezzi diversi. In generale, i software di gestione aumentano la produzione e la redditività, consentendo agli agricoltori di prendere decisioni migliori in ogni fase del processo di coltivazione. Combinata con l’intelligenza artificiale, l’agricoltura di precisione può aiutare gli agricoltori a coltivare più raccolti con meno risorse. Pratiche innovative, come l’agricoltura verticale (un mercato globale in crescita che nel 2030 supererà 24 miliardi di dollari secondo Allied Market Research), possono anche aumentare la produzione alimentare riducendo al minimo l’uso delle risorse. Il risultato è una riduzione dell’uso di erbicidi, una migliore qualità del raccolto, maggiori profitti e un significativo risparmio sui costi. Anche la tecnologia spaziale sta trasformando il modo in cui facciamo le cose sulla Terra. Ma è forse in agricoltura che l’impatto si fa sentire in modo particolarmente forte e ha il potenziale per trasformare il modo in cui il settore opera entro il 2030. Un esempio tra tanti: l’identificazione dei parassiti in fase iniziale tramite immagini satellitari iperspettrali e ottiche, se applicata su scala, potrebbe contribuire a salvare fino a 0,8 miliardi di tonnellate di colture all’anno. Allo stesso modo, la riduzione degli input, come pesticidi e fertilizzanti, potrebbe far risparmiare fino a 50 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica all’anno, mentre l’utilizzo dell’acqua potrebbe essere ridotto del 5-10% (fonte Space Applications in Agriculture: Enhancing Food and Water Security, Improving Climate Action). Soltanto in Italia, il business dell’Agricoltura 4.0 ha raggiunto un fatturato di 2,5 miliardi di euro crescendo del 19% rispetto all’anno prima e sebbene la superficie coltivata con le tecnologie digitali sia solo del 9% (fonte: Osservatorio Smart Agrifood Milano e Osservatorio Rise di Brescia).
CI SALVERANNO AI E DIETA MEDITERRANEA
Il paradigma 4.0 si riferisce solo alla produzione. Nuovi modelli stanno elaborando una visione trasformativa che coinvolge umanità, macchine e natura. Ibridare l’intelligenza artificiale con l’intelligenza collettiva per sottrarre la tecnologia al destino di acceleratore dell’esaurimento delle risorse
L’irruzione della pandemia sulla scena rivelò al mondo vulnerabilità e iniquità del sistema alimentare. Lo scenario inedito, tuttavia, senza un qualche immaginario a fare da guida, è stata un impulso a ripensare i modelli in chiave di ecosostenibilità, inclusività e resilienza agli choc. Ha risuonato spesso, in quel periodo, una citazione attribuita a Winston Churchill: «Non lasciare mai che una buona crisi vada sprecata».
D’altronde, che i sistemi alimentari globali siano «insostenibili nella loro forma attuale sia per le persone sia per il pianeta», si legge senza giri di parole perfino su un libro bianco co-firmato da Wef, il World Economic Forum, e la Fao, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione, a certificare la consapevolezza dell’intero ecosistema dell’agrifood.
Mentre cresce la propensione a un consumo di cibo sano, sostenibile e bio (fonte: The Path Forward for European Grocery Retailer di McKinsey), il sistema è ancora immerso nel paradigma dell’agricoltura convenzionale (egemonia della Gdo, mercato delle tecnologie proprietarie, lunghissima catena del cibo), così da rendere il sistema ancora più insostenibile e fonte di disuguaglianze sebbene l’innovazione tecnologica, il 4.0, sia stata spesso invocata come un lasciapassare per la transizione. Il quarto rapporto di Fondazione Finanza Etica, dal titolo “Finanza etica e sostenibile in Europa”, mentre segnala che “l’interesse per la finanza sostenibile non è mai stato così alto”, avverte un rischio fortissimo di greenwashing. Ma allora da dove ripartire se il cibo, fattore chiave per la sopravvivenza stessa dell’umanità, è allo stesso tempo una delle cause principali dell’Antropocene? Non che l’interrogativo sia peregrino ma in questi termini rischia di arenarsi nelle secche di qualsiasi schema “apocalittici vs. integrati”. Si potrebbe provare ad abbandonare le polarizzazioni e provare a ripensare le applicazioni della tecnologia 4.0 creando connessioni tra tutti gli attori e gli stakeholder, combinando l’intelligenza artificiale con l’intelligenza collettiva. Mentre il paradigma 4.0 si è riferito solo a una rivoluzione tecnologica della produzione, esistono già modelli come quello giapponese della Society 5.0 che perseguono la visione di una società in cui esseri umani, natura e tecnologia trovano equilibrio in un’economia circolare grazie a una sorta di trasformazione digitale super intelligente. Una rilettura del 4.0 che in Italia ha ispirato l’idea di FoodSystem 5.0 (vedi box): non si tratta di un modello chiuso ma di un approccio sistemico fondato su tre dispositivi da utilizzare come una «combinazione di lenti sul mondo»: la dieta mediterranea come area simbolico-valoriale; le tecnologie come dispositivi che possono combinare, appunto, AI e saperi delle comunità (territoriali, di intenzione, di pratiche) per la condivisione dei dati in quanto beni comuni; e i territori come spazi di opportunità. È questa una via che può sottrarre la tecnologia al destino di acceleratore che porta all’esaurimento delle risorse.
PAC, FARM TO FORK, AGRIVOLTAICO: LE SPINTE NORMATIVE CHE REGOLANO LA TRANSIZIONE
Le strategie agricole dell’UE hanno tracciato la via per una produzione di cibo sostenibile ma alcuni aspetti sono ancora al centro di accesi dibattiti e conflitti tra Stati membri, commissari europei e produttori
Prima di sciogliersi, il Parlamento Europeo ha approvato con urgenza nella sessione primaverile una riforma del regolamento sui piani strategici della Pac, Politica Agricola Comune, e del suo regolamento orizzontale che offre più flessibilità agli Stati Ue per concedere deroghe alle norme in caso di difficoltà di applicazione e di problemi causati da condizioni climatiche estreme. In sintesi, sono cambiate le regole di tre condizionalità ambientali che gli agricoltori devono rispettare per ottenere finanziamenti. Le piccole imprese agricole, con una superficie inferiore a 10 ettari saranno esonerate da controlli e sanzioni. Ora gli Stati membri avranno più spazio di manovra nell’applicazione del requisito della Pac per mantenere il rapporto tra prato permanente e superficie agricola al di sopra del 5%.
I piani strategici della Pac sono stati concepiti per fornire un contributo significativo al Green Deal europeo, alla strategia “Dal produttore al consumatore” e alla strategia sulla biodiversità. In particolare, “Dal produttore al consumatore” (Farm to fork, F2F) è un piano decennale varato a fine maggio 2020 dalla Commissione Europea per trasformare il sistema alimentare rendendolo più sostenibile e riducendo il suo impatto anche sui Paesi terzi. Ogni Stato membro dell’Ue dovrà seguire la strategia, adottando norme a livello nazionale che consentano di contribuire a raggiungere gli obiettivi stabiliti. I Paesi membri riceveranno eventuali misure di sostegno aggiuntive durante l’implementazione della strategia. La strategia “Farm to Fork” mira a garantire una produzione alimentare sostenibile e la sicurezza alimentare, una filiera sostenibile dall’inizio alla fine, a promuovere il consumo di cibi sostenibili, ridurre gli sprechi alimentari e combattere le frodi lungo la filiera. Obiettivi per i quali è necessario investire in ricerca, innovazione, servizi. Inoltre, l’Ue si impegna a promuovere la transizione verso sistemi agroalimentari sostenibili a livello globale, attraverso politiche commerciali e strumenti di cooperazione internazionale. Come noto, alcuni aspetti di F2F sono al centro di accesi dibattiti e conflitti tra Stati membri, commissari europei e produttori agricoli. Molti player sono riluttanti ad abbandonare l’uso massiccio di pesticidi e fertilizzanti e le pratiche di zootecnia intensiva. Dopo le recenti crisi alimentari e l’inflazione, innescate dalla guerra in Ucraina, gli oppositori di Farm to Fork hanno chiesto di sospendere la strategia, in nome della sicurezza alimentare e perché imporrebbe cambiamenti troppo rapidi e ambiziosi come il dimezzamento dell’uso dei pesticidi entro il 2030. Le divisioni tra i Paesi si manifestano anche sulle nuove norme per il benessere animale e sulle etichette alimentari. In questo caso sono il Governo Meloni e altri produttori europei di olio, salumi e formaggi a contrastare il sistema di valutazione Nutriscore che penalizzerebbe i prodotti ricchi di grassi per i quali c’è chi vorrebbe anche la cancellazione dei sussidi. Dopo una strenua battaglia, anche quest’anno i sussidi sono stati confermati. Inoltre, l’Irlanda ha proposto l’introduzione di etichette simili a quelle delle sigarette sulle bottiglie di alcolici, sollevando l’opposizione da parte di Italia, Francia e Spagna. Il dibattito continua dentro e fuori le istituzioni europee alla ricerca di un equilibrio tra sostenibilità e sicurezza alimentare. Intanto, in Italia è viva l’attenzione sull’Agrivoltaico. Governo e Parlamento hanno detto sì, lo scorso luglio, ai pannelli sui campi ma non quelli collocati a terra. Una mediazione tra chi avrebbe voluto uno stop al fotovoltaico sui terreni agricoli, il ministro dell’agricoltura, e chi puntava a un potenziamento della produzione di energia eolica, il ministro dell’Ambiente.