La ville lumière si fa verde
Una città senza luce, semplicemente, non è. E la città sostenibile non può essere un luogo che cede al buio, ma una ville lumière che utilizza l’illuminazione in modo intelligente e risparmia energia. Non solo con l’adozione di materiali e processi diversi dalle vecchie lampade a incandescenza, ma anche con la digitalizzazione.
La luce ha un proprio ruolo nella definizione della smart city, della smart home e degli smart building. “Una città di tutti è una città per tutti, nei pieni principi dell’inclusione e della resilienza, della capacità di assorbire eventi traumatici, siano essi di natura sociale piuttosto che climatica - dice Giulio Ceppi, noto architetto e designer - Non possiamo pensare che la luce non sia parte di questa sensibilità diffusa”.
E Ceppi aggiunge anche i concetti di “Smart Land, distribuita e interconnessa” e “smart citizen”, con le persone e i loro comportamenti al centro del progetto di trasformazione degli spazi urbani.
La sostenibilità è un incontro tra nuove tecniche e nuovi materiali, tra sensibilità e Rete.
Nel processo di crescita delle smart city, il primo passo è stato quello di trasformare il sistema di illuminazione pubblica adottando i Led e miniaturizzando le fonti di luce. Copenaghen, considerata una delle capitali più “green” e smart d’Europa, ha sostituito 20.000 punti luce con dispositivi dotati di sofisticati sistemi di gestione capaci di produrre un risparmio dei consumi del 60%. Barcellona ha iniziato a utilizzare sistemi di illuminazione a Led che oltre a ridurre i consumi sono integrati con una rete di sensori, per misurare livello di traffico e inquinamento.
In Italia, la piattaforma Pell proposta da Enea è in grado di raccogliere dati e informazioni e di eseguire la diagnostica dei consumi energetici, analizzando le prestazioni degli impianti di illuminazione pubblica. Un sistema che in Italia si nutre ogni anno di 5,9 TWh per una spesa pari a un miliardo di euro. L’adozione massiccia di Pell nei Comuni, secondo Enea, consentirebbe un risparmio di quasi 500 milioni di euro e la riduzione di un milione di tonnellate di CO2.
Nei laboratori intanto si lavora alla luminescenza naturale. Parliamo in particolare di fotoluminescenza, con l’assorbimento di luce e la restituzione della radiazione accumulata in un periodo più o meno prolungato, come i cosiddetti new light pigment - che possono continuare a emettere luce per molte ore. O di bioluminescenza, che è il prodotto di una reazione enzimatica, con la produzione di piante transgeniche per illuminare spazi urbani e domestici.
Ma il vero successo nella transizione verso la piena sostenibilità - e l’abbattimento delle emissioni climalteranti - sta, come dicevamo, non solo nella produzione di nuovi corpi illuminanti per spazi urbani o nuovi modi di illuminare, ma nell’integrazione di tutti questi elementi grazie alla Rete.
Analogamente alla cosiddetta Internet delle cose (IoT), che consente l’interazione tra dispositivi e persone - per esempio per studiare i flussi di traffico su mezzi pubblici o privati, anche solo lo spostamento a piedi di massa - c’è un’Internet dell’Illuminazione (IoL).
Le aree di applicazioni sono illimitate: residenziale, uffici, industrie, edifici commerciali, trasporti, ospedali, illuminazione pubblica, in pratica ovunque ci siano persone e ovunque ci sia luce.
Un lampione wireless può illuminarsi da solo quando avverte la presenza umana usando magari la bioluminescenza, oltre a disporre di sensori per rilevare altre attività. Punti luce con trasmettitori Bluetooh possono attivarsi all’interno di edifici - che si tratti di un supermercato o di museo o di un albergo - grazie a un app.
L’obiettivo è quello di risparmiare energia - e quindi ridurre l’impatto ambientale - pur garantendo sicurezza alle persone, di rendere flessibili e anche personalizzate le soluzioni di illuminazione e, infine, di rispettare il ritmo circadiano e salvaguardare la nostra salute.