Presentazione dell'opera
Il management – la gestione di una organizzazione – si è sempre misurato
con la complessità. Il passaggio culturale dalla “arte del management”
alle odierne scienze e tecniche manageriali è un prodotto, relativamente
recente, della rivoluzione industriale. I metodi e le procedure
del management si sono definiti nel contesto di una delle più significative
trasformazioni del XX secolo: la nascita delle grandi organizzazioni.
Senza un management efficace, le organizzazioni complesse tendono a
divenire caotiche, tanto da compromettere la loro stessa esistenza. Un
management efficace produce in primo luogo ordine e coerenza.
Oggi – nell’epicentro di una nuova rivoluzione industriale i cui contorni
e le cui conseguenze sono ben lungi dall’essere definiti e compresi
– l’attività economica vive nel segno di un cambiamento continuo
e veloce. Il contesto è sempre più competitivo e incerto. Innovazione
tecnologica, nuove sfide di soggetti emergenti, mutamento culturale,
orientamento imprevedibile dei consumatori, impatto dei fattori geopolitici,
emergenze ambientali, conflittualità etnico-culturale, sono
causa di incertezza, per le imprese così come per la società. La cosiddetta
globalizzazione non è solo la diversa dimensione geografica dei
mercati, che impatta sulle imprese. Essa ha una dimensione supplementare,
nella misura in cui tutte le variabili in gioco si trasferiscono
immediatamente sulla vita, sulle aspettative, sul presente e sul futuro
di ciascun individuo.
Il management degli ultimi due decenni ha dovuto cambiare pelle,
da tecnica per gestire l’esistente ha dovuto trasformarsi in tecnica per
gestire il cambiamento. Inizialmente il cambiamento era la risposta
puntuale alla crisi: a un certo punto della vita dell’azienda, l’influenza
dei fattori esterni pone in modo drammatico l’alternativa fra cambiare
alcuni elementi fondamentali dell’attività o scomparire. Il cambiamento
era una fase di convulsione che separava fasi di stabilità. Oggi la
stabilità è scomparsa e il cambiamento è un processo senza soluzione
di continuità.
Gestire il cambiamento non significa tentare di ridurne gli effetti,
lottando per un impossibile ritorno alla “normalità”. Significa, viceversa,
sfruttarlo per coglierne le opportunità. Significa stimolare comportamenti
adattativi, nel senso evoluzionistico del termine: l’organizzazione
che sopravvive non è “la più forte”, ma quella che sa meglio adattarsi
al suo ambiente, traendone vantaggio. Il management del cambiamento
richiede tecniche più sofisticate, ma soprattutto una capacità
in più rispetto a quelle tradizionali: una attitudine alla creatività non
dissimile a quella che contraddistingue l’imprenditore. Sopravvivere e
prosperare in un ambiente ad elevata complessità richiede capacità di
pensiero sistemico, cioè saper cogliere la realtà nelle sue complesse
interazioni, saper interpretare, saper immaginare e progettare strategie
adeguate. Occorre comprendere la natura della complessità e formulare
visioni del mondo per poter interagire con esso.
D’altra parte, la strategia è sempre meno un piano razionale e
astratto implementato attraverso l’organizzazione, e sempre più un
“fenomeno emergente” (Henry Mintzberg).
Le organizzazioni di successo governano la strategia mutando le condizioni
aziendali per trovare l’equilibrio fra i desideri e le possibilità reali.
L’elemento chiave non è trovare la strategia giusta, ma diffondere e incoraggiare
il pensiero strategico fra molte persone dell’organizzazione.
La velocità del cambiamento fa sì che l’organizzazione di successo
debba essere una learning organisation. Chi sa valorizzare adeguatamente
l’intelligenza collettiva degli individui della propria organizzazione
ha le maggiori probabilità di sopravvivere.
Così il management cessa di essere solo una tecnica ed è costretto
a ridiventare un’arte, come già anni or sono lucidamente anticipava
Peter Drucker, recentemente scomparso.
Un’arte che non può restare confinata nelle competenze di poche
persone. Le aziende in questi anni si sono profondamente riorganizzate,
decentrando sempre di più il potere decisionale. Dunque c’è sempre
più management, e soprattutto sempre più imprenditorialità.
Ma questo vale anche fuori delle aziende tradizionalmente intese.
Pensiamo a come vorremmo le pubbliche amministrazioni, la gestione
dei servizi pubblici, ma anche i servizi professionali privati.
Oppure pensiamo a cosa significa oggi gestire un bilancio familiare,
che deve tenere conto delle incertezze del sistema di welfare, degli
investimenti crescenti per la formazione dei figli, di inedite problematiche
degli investimenti finanziari o immobiliari.
Il bisogno di conoscere le tecniche (o le arti) del management oggi si
diffonde largamente, ben al di là delle mura delle aziende, ma anche
delle istituzioni culturali, in particolare le università e le business
school, tradizionalmente deputate a creare e trasferire conoscenza.
Per questo a una casa editrice come EGEA, creata 18 anni fa dall’Università
Bocconi e presente sul mercato con diversi marchi, tra cui
Università Bocconi Editore, è sembrato opportuno dar vita a questa
“Biblioteca del manager”. Iniziativa con cui intende non solo mettere
a disposizione i principi e i concetti base delle diverse discipline manageriali,
ma addirittura “osare” di avventurarsi in un terreno del tutto
nuovo per la diffusione di questo tipo di cultura, associandosi alla capacità
di due grandi e autorevoli quotidiani di raggiungere e interessare
nuovi e più ampi settori di pubblico. EGEA vuole dare per questa via
una risposta innovativa al bisogno di conoscenza che la nostra società
oggi esprime in modo sempre più diffuso.
Alberto Bertoni
Presidente Egea S.p.A.
Professore ordinario di Finanza aziendale
Università Bocconi – Milano