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La questione riguarda ormai l'intero Paese

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Attualità

La questione riguarda ormai l'intero Paese

Il messaggio che si è levato dall'assemblea degli industriali di Napoli alla quale ha partecipato il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi è stato essenzialmente uno: basta essere considerati come un fardello. Non il consueto stereotipo dunque del Meridione piagnone. Ma di una fetta del Paese – 20 milioni di cittadini – che si considera il cuore dell'Europa e che con la sua manifattura, 30 miliardi annui di valore aggiunto, non vuole essere ritenuta un satellite delle economie forti.

Che pretende perciò grande attenzione da parte dei governi e impegno serio delle classi dirigenti: perché se è vero che nel Sud la crisi mostra il volto peggiore di sè, lo spettro della desertificazione industriale che sta pervadendo ampie aree della penisola finirebbe solo per accentuarsi con un Mezzogiorno trascurato e abbandonato a sè stesso. Il Settentrione, insomma, ha bisogno di un Meridione che cresca e partecipi alla creazione e distribuzione del benessere.

Il presidente Squinzi l'ha detto senza giri di parole: tra gli imprenditori c'è disperazione. E non è realistico fare distinzioni Nord-Sud. È una questione nazionale. Solo "riprendendo a pedalare" sarà possibile reinnescare quel circolo virtuoso capace di debellare il lento, ma inesorabile declino in cui sta precipitando il Paese. Non c'è più tempo. Serve rimettere al centro delle priorità dell'azione di governo le politiche per la manifattura, conferendole condizioni e contesti analoghi a quelle dei competitor europei: così si potranno rivitalizzare i consumi interni il cui crollo è la ragione più evidente del disagio in cui è piombato il Mezzogiorno e la nazione.

In defintiva, non è più possibile rimanere immobili se oggi la ricchezza procapite del Mezzogiorno è ripiombata a galleggiare intorno al 40 per cento di quella nazionale. Da che cosa ricominciare dunque? Ceppi di grande eccellenza sono sotto gli occhi di tutti: dall'industria aeronautica all'agroindustria, all'automotive, alla ricerca, ai beni culturali e paesaggistici, fino alla disponibilità di risorse energetiche. Vanno sostenuti, protetti, assecondati. E vanno ripensate e meglio indirizzate (oltre che effettivamente impiegate) le risorse comunitarie. Poi c'è il capitolo delle riforme, della necessità di avere un Paese normale: la sfida più difficile.