Anche se nessuno lo dice, sara' inevitabile (e sicuramente auspicabile) che l'Iva sociale francese faccia discutere i ministri dell'eurozona. Non solo perche' il finanziamento delle prestazioni sociali pubbliche anche attraverso il rialzo dell'imposta sul valore aggiunto (di 5 punti a quota 24,6% il tasso standard) ha un impatto sul bilancio dello stato, ma perche' potrebbe avere un impatto anche sulla congiuntura
dell'intera aerea e avra' l'effetto di una sostanziale svalutazione competitiva fatta in casa.
Non e' la prima volta che un governo prende decisioni rilevanti per i partner senza consultarli nonostante il gran parlare di ‘coordinamento economico'. Ultimo il caso della Germania proprio con lo scatto dell'Iva dal 16% al 19% a partire da quest'anno. L'atteso drammatico aumento dell'inflazione tedesca non c'e' stato, smentiti i profeti di sventura, ma il problema politico e' rimasto.
Il governo Sarkozy-Fillon esclude di utilizzare il ricavato (contabilmente 6-7 miliardi a punto) per tappare eventuali buchi di bilancio ed esalta l'obiettivo di ridurre gli oneri sociali a carico delle imprese alleggerendo il costo del lavoro (in coerenza con le strategie dell'intera Unione europea), sostenere una riduzione dei prezzi delle merci nazionali. Cioe', difendere il made in France. E' quasi una specie di "tassa" imposta ai prodotti importati in particolare, si dice a Parigi, quelli provenienti dai paesi in cui si lavora a basso costo. Non solo: piu' leggeri gli oneri sul lavoro piu' le
imprese si convincono a restare in Francia. Ecco perche' Iva anti-delocalizzazione.
Il problema si apre – almeno in linea teorica – su un altro fronte: se non aumenta l'inflazione, spostando una parte degli oneri sul salario dalle imprese alle imposte sui consumi un paese rafforza la propria posizione competitiva (di prezzo) in diversi
segmenti industriali a scapito dei paesi vicini con costi del lavoro simili. Non e' un caso che ultimamente le esportazioni francesi in Germania abbiano accusato scricchiolii.
A tirare in ballo la svalutazione competitiva (quella che veniva praticata a quando l'euro era in gestazione) e' stato l'economista dell'Observatoire francais des conjonctures economiques Eric Heyer: rendendo piu' conveniente il consumo di merci francesi
la manovra sull'Iva ha lo stesso effetto "senza modifica del tasso di cambio".
Gli altri paesi potrebbero partecipare anch'essi alla corsa tedesco-francese, ma cosi' il gioco sarebbe a somma zero, gli effetti positivi svanirebbero per tutti. Ecco il dilemma: campo libero a chi parte per primo o azione coordinata?
Qualche incertezza in ogni caso c'e' anche per l'economia francese. Al contrario della Germania dove la crescita e' trainata dalle esportazioni, il motore dell'economia nazionale e' il consumo: lo choc dell'Iva, dunque, mordera' di piu'. E poi l'inflazione: solo se le imprese ridurranno i prezzi di vendita nella stessa proporzione dello ‘sconto'
fiscale restera' moderata e solo se i sindacati, viste le migliori condizioni delle imprese, non rilanceranno. Barclays Capital calcola che un aumento di due punti dell'Iva puo' comportare un aumento dell'inflazione di 0,5-1 per cento.
