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Conti pubblici, bene il deficit ma attenti a spesa e debito

di Michele De Gaspari

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5 giugno 2007

Relazione annuale 2007 della Banca d'Italia / La finanza pubblica

L'andamento del deficit di cassa nei primi cinque mesi del 2007 rispetto allo stesso periodo di un anno prima, pur riferito al solo comparto del settore statale, conferma il quadro favorevole dei conti pubblici che dura ormai dal trimestre iniziale del 2006. Il fabbisogno di cassa è risultato pari a 44,8 miliardi di euro, a fronte dei 47,8 miliardi del corrispondente periodo dello scorso anno; la concentrazione di una serie di voci di spesa nei primi mesi di quest'anno - tra cui il pagamento dei rimborsi di crediti fiscali - è stata, in particolare, compensata dalle maggiori entrate tributarie (+7% circa nel gennaio-maggio). Siamo dunque in linea con le previsioni di un fabbisogno statale a 28 miliardi nel 2007, ancora in calo nei confronti dei 34,6 miliardi del 2006, per quanto sia prematuro effettuare stime sulla seconda parte dell'anno, la cui positiva evoluzione non appare certo scontata. Il deficit del settore statale è l'unico indicatore disponibile a cadenza mensile (e per di più tempestivamente), mentre la versione allargata del disavanzo di cassa, che riguarda tutte le amministrazioni pubbliche, è quella che determina la dinamica del debito e, pur in miglioramento, risulta di una cifra significativamente superiore.

Quest'ultima versione estesa del deficit condiziona, poi, il risultato dell'indebitamento netto, a cui fa riferimento il Patto di stabilità europeo. Senza gli oneri straordinari - effetto della sentenza della Corte di giustizia europea sulla deducibilità dell'Iva auto e dell'accollo del debito ex Ispa per l'alta velocità ferroviaria - il deficit nella definizione europea è sceso dal 4,2% del Pil nel 2005 al 2,4% nel 2006, grazie soprattutto al forte aumento delle entrate fiscali, pari a oltre 430 miliardi, ben 38 in più rispetto a un anno prima. In linea con gli impegni della Ue, occorre pertanto continuare a ridurre il disavanzo pubblico, approfittando del buon andamento della congiuntura economica, che favorisce la crescita del gettito fiscale superiore alle previsioni. L'obiettivo di medio termine, secondo le raccomandazioni delle autorità di Bruxelles, è infatti quello di raggiungere il pareggio del bilancio entro il 2011, portando l'avanzo primario al 5% e il debito sotto il 100% del Pil. Nel 2007 il deficit è atteso al 2,3%, il saldo primario al 2,6% e il debito al 105,4% del Pil. Più che allargare i fronti di spesa - attingendo all'extragettito e a improbabili "tesoretti" - l'esigenza del risanamento finanziario richiede semmai di accelerare la correzione dei conti pubblici.

Obiettivi e problemi in vista del prossimo Dpef

Ridurre il peso del debito sull'economia è l'obiettivo fondamentale da perseguire nei prossimi anni. Nel 2006 il rapporto tra debito pubblico e Pil è stato del 106,8%, un dato migliore delle previsioni contenute nel Programma di stabilità dello scorso dicembre (107,6%), ma ancora in aumento rispetto al 106,2% del 2005, già corretto leggermente al ribasso con l'ultima revisione Istat delle serie storiche sul Pil. Crescono, quindi, le probabilità che si possa tornare a un percorso in discesa anche dopo il 2007, secondo le nuove stime della Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica, che indicano un rapporto debito/PIl al 104,1% nel 2008 e al 102,5% nel 2009. Ma se migliora il debito a livello di amministrazioni centrali dello Stato, esso appare per contro in peggioramento nelle amministrazioni locali, a conferma delle persistenti difficoltà nel governo dei conti pubblici.

Preoccupazioni sull'efficacia di alcune misure introdotte con la Legge finanziaria 2007 sono manifestate, per esempio, dalla Banca centrale europea, che nelle ultime edizioni del Bollettino mensile sottolinea la necessità per l'Italia di ridurre gli squilibri della finanza pubblica e mette in guardia da possibili allentamenti della disciplina fiscale. Gran parte della manovra correttiva per quest'anno si basa, peraltro, su un ulteriore aumento delle entrate, dopo la stretta realizzata nel 2006 con la pressione fiscale (42,3% del Pil) tornata vicino ai massimi del 1997 (43,7%), quando era in gioco il nostro ingresso nell'euro. I maggiori impegni di spesa, a partire dall'anno in corso, non saranno più compensati dai guadagni sulla spesa per interessi, prevista in crescita verso il 4,8% del Pil dal minimo del 4,6% toccato nel 2005-2006. Diventa, pertanto, decisiva la dinamica del saldo primario, che deve essere garantita salvaguardando i progressi finora conseguiti nell'andamento delle componenti strutturali del bilancio pubblico. Una crescita del Pil un po' più vivace consente, inoltre, di accelerare il processo di accumulazione dell'avanzo primario, così da avvicinare il pareggio strutturale di bilancio, risultato indispensabile per ridurre significativamente il debito.

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