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Caprotti: «Per ora non vendo Esselunga. Quotarsi in Borsa? Una soluzione»

di Alberto Annicchiarico

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21 settembre 2007

Caprotti (Esselunga): il mio atto d'accusa al sistema Coop
«Coop pachiderma? No, fanno sviluppo»
ALTROCONSUMO / La concorrenza tra Esselunga e Coop fa abbassare i prezzi
AUDIO RADIO24 / Bernardo Caprotti alla presentazione del suo libro "Falce e carrello"

Ma quale vendita, piuttosto la Borsa. Il patron dei supermercati Esselunga, Bernardo Caprotti, 82 anni il 7 ottobre, ha smentito le notizie circolate nei giorni scorsi di una vendita del gruppo della distribuzione alimentare, quarto in Italia per quote di mercato con l'8,7% - dopo Coop (17%), Carrefour (10%) e Auchan (9,3%) - con fatturato di 5 miliardi, 132 punti vendita e 17 mila dipendenti. In realtà Caprotti ha smentito se stesso, visto che la notizia l'aveva incautamente data proprio lui, quasi per burla, lunedì sera a un giornalista finanziario con il quale ha avuto modo di scusarsi davanti alla folta platea accorsa alla sua prima conferenza stampa in mezzo secolo.

L'occasione è stata la presentazione del libro «Falce e carrello», un duro atto d'accusa alle rivali storiche, le Coop "rosse", colpevoli secondo l'imprenditore brianzolo, di gestire un ferreo «controllo del territorio» che ha limitato negli anni la crescita di Esselunga e ha mortificato la concorrenza a danno dei consumatori. Dove i supermercati Coop operano in regime di semi-monopolio, come a Ferrara e in Liguria, sostiene Caprotti forte di un'indagine della francese Panel International, i prezzi sono più alti anche del 10-15%. Dati confermati da una recentissima inchiesta di Altroconsumo. Per forza, è la replica delle Coop veicolata venerdì mattina dalle colonne dell'Unità: «Esselunga, prezzi corti e niente diritti» per i dipendenti, che garantiscono l'efficienza con ritmi di lavoro molto, forse troppo intensi.

La contesa con i vertici della cooperazione, da Pierluigi Stefanini (Coop Adriatica, oggi numero uno di Unipol), a Bruno Cordazzo di Coop Liguria, potrebbe avere una coda giudiziaria. Dove ci sono le Coop «non si entra», ha lamentato Caprotti, prima di presentare, come annunciato in un comunicato, un esposto denuncia in Procura. E, se ci si prova, capita che il permesso non te lo diano - magari con la scusa delle rovine etrusche spuntate nel cantiere - per poi girarlo a sorpresa ai tuoi competitor. È accaduto a Bologna in via Costa: sullo stesso terreno precluso nel 2000 a Esselunga dalla Sovrintendenza ai Beni archeologici ora sorge un supermercato della Coop Adriatica. Sullo stato della concorrenza nella Grande distribuzione organizzata in Italia si è già acceso, comunque, il faro della commissaria europea Neelie Kroes, che Caprotti ha incontrato dopo una denuncia di Federdistribuzione, braccio confindustriale della grande distribuzione.

Tutti comunque si aspettavano l'annuncio-bomba: «Vendo a». Caprotti si è guardato bene dal farlo e ha prospettato l'ipotesi della quotazione in Piazza Affari. Esclusi seccamente pretendenti di taglia extra-large come gli americani di Wal-Mart («è un discount, non offre la nostra qualità») e gli inglesi di Tesco («al pomeriggio nel reparto carni non c'è più nulla, nulla a che vedere con noi»). Lasciata nella vaghezza l'indiscrezione del quotidiano Handelsblatt circa una possibile intesa con il gruppo Rewe (i tedeschi che controllano Standa). Respinta con perdite anche un'offerta finora sconosciuta ai media, quella di Giampiero Pesenti, presidente di Italcementi. «Fare cemento è una cosa - ha detto - la grande distribuzione è un'altra». Alla fine della fiera «ci sono solo tre o quattro gruppi nel mondo (ma nomi zero, anche se si vocifera dell'ipotesi spagnola Mercadone, ndr) che potrebbero prendere Esselunga e continuarne lo spirito. Gli altri sono dozzinali». Del resto, l'azienda è in salute, ha la più alta produttività del settore, una governance e un management, a detta del fondatore, eccellenti. Quanto a lui, per ora non pensa minimamente a mollare l'osso. «Perché mi chiedete tutti a chi vendo? Ho 81 anni, e con questo? Il presidente della Repubblica che gli italiani hanno eletto un anno fa è mio coetaneo e a lui nessuno chiede quando lascerà».

Un maniaco della perfezione, un imprenditore vecchio stampo con la «furia del dettaglio», il Caprotti, come lo ha definito l'economista Geminello Alvi nella prefazione del libro, presentato a Milano con il direttore del Sole 24 Ore Ferruccio de Bortoli (si è visto anche l'ex ministro Giulio Tremonti). Uno che giornalisti e sindacalisti gli fanno venire l'orticaria. Uno che si ritrova perfettamente a suo agio nella definizione di «calvinista» che gli appioppò l'amico Indro Montanelli. «Ma come fai a vivere nella cattolica Italia?», gli chiese una volta il celebre giornalista. Uno che ama definire Esselunga una famiglia (e si commuove pure, per questo); che mette la famiglia, quella vera, al centro del suo libro, con foto di padre, nonno e zia, e che però proprio dal figlio, Giuseppe, ex amministratore delegato, ha avuto tre anni fa il più grande dispiacere: le chiavi della "macchina" messe nelle mani di un management sbagliato, che aveva fatto diventare l'Esselunga «più cara» della concorrenza. «C'era una ghenga - questa la rasoiata di Caprotti senior in conferenza stampa - che voleva impadronirsi del potere in azienda ed è stata messa fuori». Punto.

E il rampollo di fatto messo da parte (dietro elargizione di una cospicua fiche in proprietà immobiliari), quello che non garantirà mai la prosecuzione della "dinasty", motivo per cui da anni si parla di vendita? «Mio figlio è consigliere d'amministrazione e percepisce un lauto stipendio - ha risposto l'imprenditore - anche senza avere incarichi. È un ragazzo molto sensibile, che ha risentito di quella brutta vicenda».

In serata le Coop hanno replicato a Caprotti definendo il suo un atteggiamento «fuori luogo e denigratorio».Quanto ai prezzi, Coop ha ribadito che «negli ultimi dieci anni, e non negli ultimi mesi, i nostri prezzi sono sempre stati al di sotto dell'inflazione e più bassi rispetto alla concorrenza, come certificato da enti esterni».

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