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Gli industriali siciliani: cacceremo chi paga il pizzo

di Nino Amadore

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2 settembre 2007

«Così non si vive: è attacco allo Stato»
«Gli imprenditori che dicono no siano sostenuti»
Nella morsa del pizzo 160mila operatori economici

Un muro contro le richieste e le pressioni della criminalità organizzata: fuori dal sistema Confindustria chi paga il pizzo e chi è colluso con la criminalità organizzata.
Gli imprenditori siciliani hanno lanciato una tripla sfida: ai clan mafiosi e al racket delle estorsioni,all'omertà e alla paura. Da qui, da Caltanissetta, provincia in cui i clan da anni puntano ad assoggettare alle loro regole qualsiasi attività economica, Confindustria Sicilia ha così voluto mostrare il sostegno concreto a due imprenditori di primo piano finiti nel mirino: il presidente dell'Ance Catania,Andrea Vecchio, che ha inviato ieri una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Governo (si veda il testo in basso) e il presidente della Camera di commercio e della Piccola industria di Confindustria nissena Marco Venturi.
Una decisione in linea con la richiesta da parte del presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo al ministro dell'Interno Giuliano Amato di interventi a tutela degli imprenditori siciliani, mettendo sul piatto l'impegno e la collaborazione del sistema Confindustria. «Di tutti gli imprenditori siciliani – dice il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello – che da anni ragionano sull'impegno antimafia e che oggi hanno formalizzato quello che nell'aria da tempo:non bisogna piegarsi alla prepotenza mafiosa ». E così ieri il direttivo di Confindustria Sicilia ha formalizzato le regole che andrannoa integrarsi nel codice etico dell'associazione dopo l'approvazione da parte della Giunta confindustriale che dovrebbe avvenire nelle prossime settimane. In pratica si dice a chiare lettere che «denunciare i tentativi di estorsione, le collusioni, i ricatti da parte delle cosche è un obbligo per ogni associato al sistema Confindustria». Tre i punti dettati ieri: non avere rapporti con la mafia, non cedere alle richieste di pizzo, collaborare con le forze dell'ordine. «Per chi violerà queste regole – spiega Lo Bello – è previsto ildeferimento ai probiviri fino all'espulsione dal sistema». Una netta presa di posizione su cui dalla Giordania è intervenuto il presidente del consiglio Romano Prodi. «Quello della Confindustria siciliana – ha detto – è un bell'esempio. È una decisione seria perché la lotta contro la mafia si vince solo con la reazione della società civile ». Una reazione, questa, «più efficace dell'esercito». Per il capo della Direzione nazionale antimafia Pietro Grasso «si tratta di una svolta, perché mai Confindustria si era espressa con termini così decisi. Se alle dichiarazioni di principio seguiranno i fatti ei comportamenti, si tratterebbe di una svolta epocale che metterebbe in campo veramente un esercito di imprenditori pronto a fare la guerra contro il pizzo». Plauso a Confindustria arriva dal presidente della Regione siciliana Salvatore Cuffaro e dal ministro dell'Interno Giuliano Amato:«Iniziativa molto coraggiosa – dice il ministro –che trasforma in obbligo la denuncia. È un problema che è stato posto più volte, chiedendo anche allo Stato di fare una legge».
Voce in parte fuori dal coro quella di Filippo Callipo, l'imprenditore calabrese che un paio di anni fa chiese con una lettera al presidente della Repubblica la presenza dell'esercito in Calabria.«L'esclusione dalle associazioni di coloro che pagano il pizzo non è certo la soluzione, perché prima bisognerebbe garantire a questi imprenditori le necessarie condizioni di sicurezza. Piuttosto – dice – inviterei i miei colleghi a stare più attenti quando associano qualcuno, perché in alcuni casi si tratta di aziende in mano alla criminalità ». Non un giudizio del tutto negativo però, perché la scelta di Confindustria Sicilia rappresenta, comunque, secondo Callipo, la presa di coscienza «tanto del Governo quanto di Confindustria nazionale che la criminalità non è solo un problema degli imprenditori calabresi o siciliani ».

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