L'Italia è il Paese dei campanili anche nei contratti di lavoro. E non solo perchè sono previste norme su misura per sacristi e dipendenti delle parrocchie (è scaduto a fine 2001 secondo l'archivio del Cnel) ma perché gli accordi nazionali sono quasi 400 con il risultato di una forte frammentazione delle regole.
Qualche esempio di contratti collettivi che interessano poche migliaia di lavoratori? Per esempio quello dei dipendenti delle imprese produttrici di involucri naturali per salumi (fino a qualche anno fa si chiamava di budella e trippa) o di olio e margarine (10 livelli retributivi tra impiegati e operai). Accordo nazionale anche per i lavoratori dell'industria degli ombrelli, per quelli impiegati nelle aziende che fabbricano penne, matite e spazzole oppure nella fabbricazione delle reti da pesca. Ma non è finita: possono vantare un proprio contratto nazionale i lavoratori delle scuderie (suddivise anche in fatto di minimi retributivi tra galoppo e trotto) che si distingue da quello delle corse di cavalli: la differenza è in quest'ultimo caso l'inquadramento è su sette livelli mentre per le scuderie i livelli sono soltanto quattro.
Accordo collettivo per gli addetti alla lavorazione dei fiori e per quelli che hanno un posto in un impianto sportivo o in una palestra. Una ragnatela di posizioni salariali per il settore dell'aerofotogrammetria come pure per i videofonografici.
Sono soltanto i casi, forse più curiosi, di un sistema di relazioni industriali che spesso ha fatto del particolarismo la propria caratteristica. Il record va ai trasporti che possono vantare - sempre secondo l'archivio del Cnel - oltre una sessantina di contratti nazionali con decine di sigle sindacali in rappresentanza di specifici interessi professionali. I risultati di questa estrema polverizzazione - nel caso dei trasporti - si sono spesso visti con piccole formazioni che riescono ad provocare danni all'utenza superiori alla propria rappresentanza.