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Eurolandia tra inflazione e bassa crescita (e la Bce resta ferma)

di Michele De Gaspari

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14 febbraio 2008

Mentre Eurostat certifica la perdita di slancio della ripresa a fine 2007, si indeboliscono le prospettive di crescita per il 2008 e l'inflazione rialza la testa, creando allarme a Bruxelles (Ue) e Francoforte (Bce).

La stima preliminare del Pil nell'area euro per il quarto trimestre 2007 ha mostrato un significativo rallentamento, peraltro scontato dalle attese, mettendo a segno un modesto +0,4% congiunturale da +0,8% del trimestre precedente (allo stesso modo il dato tendenziale annuo è risultato in calo da +2,7% a +2,3%). Il passo della ripresa si è, pertanto, indebolito sull'onda dei fattori di crisi succedutisi a partire dalla scorsa estate, come i forti aumenti nel prezzo del petrolio, le turbolenze dei mercati finanziari, l'apprezzamento dell'euro sul dollaro e le altre principali valute. Nella media annua del 2007 il Pil dell'eurozona è cresciuto del 2,7%, a fronte del 2,9% registrato nel 2006, riflettendo soprattutto la spinta della domanda interna (consumi delle famiglie e investimenti), mentre il contributo degli scambi con l'estero è risultato leggermente negativo.

Le informazioni congiunturali sul primo trimestre 2008 confermano la frenata in atto nell'attività economica; la variazione trimestrale del Pil dovrebbe mantenersi intorno a +0,3/0,4% e aumentare di poco nei successivi periodi, con una dinamica annua prevista all'1,8% in media, che mette in conto una contenuta accelerazione nella seconda parte del 2008. L'indicatore sintetico elaborato da Banca d'Italia-Cepr, che fornisce una stima in tempo reale della crescita del Pil dell'area euro, mette in evidenza un sensibile peggioramento del quadro congiunturale a inizio anno, in linea con le indagini qualitative condotte presso le imprese, sia nell'industria manifatturiera che nei servizi.

Il rallentamento è senza dubbio meno pronunciato in Europa che negli Stati Uniti, dove pesa in particolare la crisi del settore edilizio-immobiliare e del credito. Nello stesso tempo, ci sono significative differenze tra le maggiori economie dell'eurozona: Germania, Francia e Spagna continuano a mostrare, per esempio, uno stato della congiuntura ben più solido rispetto all'Italia, se si guarda al livello storicamente elevato della produzione industriale, così come del clima di fiducia, anche se si è riportato sui minimi degli ultimi due anni. L'espansione dei consumi privati è attesa in decelerazione nel primo semestre di quest'anno; se il favorevole andamento del mercato del lavoro (occupati in crescita e meno disoccupati) costituisce un fattore di stimolo per la spesa delle famiglie, i rincari dei prezzi dei prodotti energetici, alimentari e delle materie prime ne erodono, per contro, il potere d'acquisto, comprimendo la domanda interna. Gli investimenti, a loro volta, sono previsti in graduale rallentamento nei prossimi trimestri, anticipati dalla frenata del settore delle costruzioni. Pur con un utilizzo della capacità produttiva ancora elevato, il ciclo degli investimenti ha ormai superato il punto di svolta, risentendo della crisi dei mercati finanziari e delle meno favorevoli condizioni di credito.

Tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008, l'inflazione al consumo nell'area euro ha registrato un sensibile aumento, toccando il 3,2% tendenziale annuo secondo i dati preliminari. L'accelerazione riflette la recente impennata delle quotazioni del petrolio e degli alimentari, ma anche lo sfavorevole confronto statistico con un periodo di prezzi relativamente tranquilli (autunno 2006). La spinta al rialzo si è, poi, trasmessa all'inflazione di fondo, che si è avvicinata al 2,5% annuo, nonostante i prezzi dei beni industriali (esclusi gli alimentari e l'energia) siano rimasti pressoché invariati, date le modeste pressioni della domanda e la stabilità dei costi unitari del lavoro. Le previsioni di inflazione per il 2008 sono state, quindi, riviste al rialzo fino al 2,6-2,7% nella media annua (2,1% la media 2007), con aspettative di un graduale rallentamento nei trimestri successivi al primo (nell'ultimo quarto essa dovrebbe stabilizzarsi poco sopra il 2% tendenziale).

Il rientro delle tensioni inflazionistiche non sarà, tuttavia, agevole ed è in gran parte legato alle fluttuazioni del prezzo del petrolio; questo spiega perché la Banca centrale europea non abbia intenzione di modificare a breve termine l'orientamento restrittivo della politica monetaria e continui a mantenere i tassi d'interesse invariati. L'inflazione lontana dagli obiettivi di stabilità e la decelerazione congiunturale in atto hanno, infatti, spiazzato la Bce, che rinvierà ad anno inoltrato eventuali decisioni di allentamento monetario.

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