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Atomo di terza generazione in pista

di Federico Rendina

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Sabato 24 Maggio 2008

Niente da fare. Lo staff del ministro dello Sviluppo Claudio Scajola chiarisce: il piano governativo per il ritorno al nucleare con la "prima pietra" entro cinque anni non guarda alle promesse dei reattori di quarta generazione, teoricamente più economici e sicuri. Punta invece alla scelta più realistica dal punto di vista industriale ma sicuramente più indigesta sul versante politico e sociale: la tecnologia nella mente di Scajola è quella di terza generazione, sia pure nella sua versione "evoluta". Quella usata per le centrali Epr messe in cantiere in Francia (a cui partecipa anche la nostra Enel) ma adottata con qualche variante anche dai finlandesi per la centrale da 3,2 miliardi di euro in costruzione a Olkiluoto.

Rischia così di tornare in alto mare l'ipotesi di una convergenza di intenti, e possibilmente di programmi operativi, tra i poli di centro-destra ora al governo e di centro-sinistra. Le disponibilità al dialogo accese ieri l'altro dagli annunci di Scajola («entro cinque anni il via alle centrali nucleari di nuova generazione») si sono trasformate ieri in fermi altolà, lanciati nel centrosinistra anche dagli uomini meno avversi all'atomo elettrico.

E qualche barricata si alza perfino negli schieramenti politici vicini alla coalizione di Governo. Per dire, in sostanza, che se di parla di quarta generazione (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) una convergenza è possibile. Ma se l'ipotesi è quella di recuperare semplicemente terreno con le soluzioni già disponibili, che in ogni caso confermano tutti gli stranoti problemi di costo di costruzione e di gestione delle scorie, il robusto fronte del no italiano rimarrà irremovibile.
«Non siamo in campagna elettorale. Agli annunci devono seguire provvedimenti. Se ci saranno li giudicheremo nel merito» avvertiva ieri mattina Walter Veltroni nella conferenza stampa del Governo Ombra. «Non si capisce che tempi ci siano, non si capisce di quale generazione di nucleare si parli. È chiaro che a seconda dei casi si tratta di un approccio qualitativamente diverso» aggiungeva Veltroni.

Anche perché «il nucleare non è una centrale o due, è un sistema» insisteva l'ex ministro dello Sviluppo, Pier Luigi Bersani, osservando che nel frattempo «abbiamo riammesso l'Italia nei luoghi della ricerca per il nucleare di quarta generazione», ovvero «il nucleare buono». E «abbiamo cominciato ad individuare le procedure per un deposito di superficie» delle scorie, perché senza risolvere questo problema «di ritorno al nucleare non si può nemmeno discutere».
«Serve una filiera» conferma dall'Enea il presidente Luigi Paganetto, pronto ad accelerare sulla quarta generazione e comunque scettico sull'opportunità di affrontare gli enormi problemi della "filiera" concentrando le risorse sull'attuale tecnologia.

E mentre il fronte duro dei "no nuke" rivitalizza lo scontro («la sinistra è perfettamente in grado, nel caso, di promuovere un nuovo referendum contro il nucleare» avverte l'ex sottosegretario all'Economia Alfiero Grandi, di Sinistra Democratica) riaffiora anche l'anima antinuclearista della destra. Gli attivisti di "Fare Verde", il movimento di origine missina che nel 1987 si schierò apertamente per la chiusura del nucleare italiano, citano le posizioni antinucleariste del deputato di An Fabio Rampelli, che ha invitato il centro-destra a dire sì solo al nucleare di quarta generazione.

DOMANDE & RISPOSTE
Cos'è il nucleare di quarta generazione?
I futuri reattori di quarta generazione, sempre a fissione (la fusione rimane lontana alcuni decenni) sono concepiti all'insegna dell'economicità e della sicurezza, con la capacità di moltiplicare per 100 lo sfruttamento del combustibile, ma anche di utilizzare le attuali scorie, "autofertilizzandosi". I prototipi – nelle stime degli esperti – entro cinque anni.
Chi si occupa delle scorie italiane?
La Sogin Spa è la società statale incaricata di smontare le vecchie centrali e collocare i 55mila metri cubi di scorie.
Quali soluzioni per lo stoccaggio?
Manca ancora una soluzione. Sono stati proposti vari tipi di trattamento, dalla vetrificazione alla combustione in uno speciale bruciatore congegnato al Premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia. L'unica soluzione finora adottata è quella di chiudere le scorie in contenitori adeguatamente schermati e portarli in depositi temporanei (Italia) in attesa di individuare un sito di superficie o un deposito naturale geologicamente stabile.
Dove sono in Italia le scorie nucleari più pericolose?
I materiali più pericolosi in assoluto (terza categoria) si trovano concentrati a Caorso (1.032 barre di combustibile), a Trino (47 barre) e Saluggia (370 barre).
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