KRAGUJEVAC - Appena fuori da Kragujevac, sulla strada che arriva da Belgrado, quelli della Zastava hanno appeso un lungo striscione: «Benvenuti a casa, Fiat». E una volta entrati in città le strade, ben più di quelle di Belgrado, sembrano un museo all'aria aperta di 50 anni di auto torinesi da una versione sportiva della 600 simil-Abarth, con cofano posteriore rialzato a una 1300 dei primi anni 60, con un carrettino al traino. Ma a dominare la scena sono la 128 e i suoi derivati: l'ultimo è la Skala, una edizione con portellone posteriore che, ci assicurano, viene ancora venduta in qualche esemplare, in Egitto. Fin dalla prima joint venture, che risale ai tempi di Vittorio Valletta, qui la Fiat è di casa; l'intesa siglata meno di due mesi fa non è quindi un accordo come i tanti dell'era Marchionne.
La storia
La storia cominciò negli anni 50, quando Fiat concesse all'allora azienda statale Zastava la licenza per produrre i propri modelli - a partire dalla 600. Alle varie 1300 e 128 si aggiunsero nel corso degli anni modelli sviluppati qui, come la Florida - disegnata da Giugiaro - e la Koral, che venne anche esportata verso l'Italia con marchio Innocenti. Ai tempi d'oro, alla fine degli anni 80, la fabbrica di Kragujevac arrivò a produrre 220mila auto in un anno e arrivò anche ad esportare (con il marchio Yugo) negli Stati Uniti. La dissoluzione della ex Yugoslavia privò però Zastava di buona parte del mercato e dei produttori di componenti. Ma fu un'altra guerra - quella per il Kosovo - a mettere l'azienda definitivamente in ginocchio. «Guardi, lì è caduta una delle due bombe. Delle due linee di verniciatura, ha distrutto la più moderna» indica sconsolato Dragan Begovic, direttore tecnico. Poiché il kombinat Zastava produceva anche armi, nel 1999 fu bombardato tutto il comprensorio. Le bombe «intelligenti» mancarono i fucili da combattimento e centrarono le pistole a spruzzo della verniciatura. I buchi nel tetto sono stati riparati, e dall'alto la parte danneggiata sembra ora la più moderna. Ma sotto non c'è più nulla. «Non avevamo i soldi e non ne valeva la pena» spiega Begovic in un buon inglese. I capannoni sono semivuoti e con pochi operai, tutti oltre la quarantina. L'anno scorso sono state prodotte 16mila auto, con un solo turno giornaliero. Sempre su licenza Fiat è partita la produzione della Punto, la quale - ribattezzata Zastava 10 - viene assemblata con componenti che arrivano dall'Italia. La linea di montaggio fu spedita qui - ironia della sorte - da Termini Imerese, nel 2005. Il cavallo di battaglia resta la Koral, che costa poco più di 4mila euro e oltre al prezzo ha anche una tecnologia low: motori al massimo Euro 3, di cui uno ancora a carburatori. I dipendenti sono teoricamente 3.900, ma «qualche centinaio è avviato al prepensionamento» spiega Aleksandar Ljubic, responsabile delle offerte pubbliche dell'Agenzia per le privatizzazioni di Belgrado.
I progetti e gli incentivi
In queste condizioni, perché scegliere Kragujevac? Non è certo un fatto sentimentale. Né interessava il mercato serbo, con le sue 50-60mila vetture l'anno. Torino doveva trovare al più presto un sito di cui fare la base produttiva - per tutta Europa - della futura auto piccola. La fabbrica polacca di Tychy - da cui escono Panda e 500 - è infatti satura, e i tempi della burocrazia italiana, per quanto riguarda un possibile investimento a Termini Imerese, non sono quelli di Sergio Marchionne. Questa esigenza di Fiat si è trovata a coincidere con una fretta simile da parte di Belgrado: dopo anni di tentennamenti, e con le elezioni politiche a un passo, il presidente filoeuropeo Boris Tadic doveva trovare al più presto un partner per Zastava. Di qui la forte accelerazione del dossier. In base al memorandum di intesa, Fiat dovrebbe assumere un po' più di 2mila persone nella joint venture con Zastava, di cui Torino avrà il 70% del capitale. L'investimento annunciato finora sarà di 700 milioni di euro ripartiti fra i due partner, per una capacità produttiva prevista di 300mila unità l'anno. Gli uomini del Lingotto sono già a Kragujevac a studiare l'azienda in dettaglio, e il contratto definitivo dovrebbe essere firmato nei prossimi mesi. Il tempo stringe: obiettivo di Torino è avviare la produzione della piccola al massimo all'inizio del 2010.
La comunanza di interessi è stata naturalmente «cementata» da una serie di aiuti e da un vantaggio che resta incolmabile per quanto riguarda il costo della manodopera. Le autorità serbe forniranno incentivi per un centinaio di milioni di euro tra contributi diretti (si parla di 3-5mila euro per ogni assunto), esenzioni fiscali - verrà creata una zona franca valida anche per i subfornitori, dove potranno essere importati materie prime e semilavorati senza dazi - e altre agevolazioni; la città, per esempio, concederà gratuitamente i terreni per gli eventuali ampliamenti. Il sindaco di Kragujevac assicura che «speriamo di completare entro il 2010» il raccordo che collega la città all'autostrada Belgrado-Nis, parte del corridoio europeo 10. Gli incentivi non basterebbero senza il consistente differenziale nel costo del lavoro. La paga media netta dell'operaio arriva a 300 euro al mese, e il lordo per l'azienda a 450 (circa 3 euro l'ora). Kragujevac è logisticamente in una posizione non più sfavorevole di Termini Imerese; per via stradale, per esempio, è più vicina a Milano (1162 chilometri contro i 1435 dall'impianto siciliano). Al di là dello stato degli impianti, ha una tradizione tecnologica più che centenaria, come ricorda il direttore generale Zoran Radojevic: «La prima fabbrica è del 1853 e la prima scuola tecnica del 1854». L'orgoglio del manager viene da 37 anni di Zastava - «dove lavoravano anche mio padre e mio nonno». La figlia no: lavora al Municipio. La fabbrica è infatti divisa dalla città - oltre che da un fiume - da un invisibile muro generazionale: tanto numerosi sono i giovani nei campus e per le strade, tanto anziani sono gli attuali dipendenti. Il tasso di disoccupazione vicino al 30% fa prevedere poche difficoltà a ringiovanire l'organico della nuova joint venture. La formazione è assicurata da un'università con 16mila studenti e una facoltà di meccanica le cui caratteristiche - si affretta a promettere il sindaco - verranno adattate alle esigenze della Fiat.
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