Il Centro Studi di Confindustria rivede al ribasso le previsioni di crescita, con un Pil che quest'anno segnerà una riduzione dello 0,4% che diventerà  ancora più profonda nel 2009, segnando una contrazione dell'  1%. Le precedenti stime, seppure negative, erano meno 
pessimiste: indicavano un Pil a -0,2% e -0,5% rispettivamente  nel 2008 e nel 2009. È «la recessione più lunga dal dopoguerra», afferma 
Confindustria che sottolinea come sia anche la «più grave perché comune a tutte le maggiori economie industriali dentro e  fuori dall'Unione Europea» con «segni preoccupanti di  rallentamento dai Paesi emergenti». 
Il comunicato del Centro Studi di Confindustria (Csc), sottolinea l'Ansa,  argomenta le ragioni alla base delle proprie previsioni, sottolinea l'urgenza delle misure di rilancio dell'economia ed indica anche alcuni possibili interventi: maggiori investimenti, riduzione delle tasse per i cittadini a  basso reddito e agevolazioni agli investimenti delle imprese. «Le nuove previsioni - spiega il Csc - sono dettate dalla  caduta dell'attività produttiva nel secondo e terzo trimestre  ben superiore a quanto atteso anche nelle analisi più  pessimistiche. La contrazione interessa anche il terziario,  oltre che il settore industriale». 
Gli indicatori di previsione già segnalavano un accentuarsi della flessione dell'attività produttiva nel quarto trimestre  del 2008 e alla sua riduzione consistente in avvio di 2009. Ma  poi «il panico finanziario partito dal fallimento di Lehman a metà settembre ha  ontagiato l'economia reale». «In Italia - secondo l'analisi degli esperti di Confindustria - le tendenze al peggioramento sono evidenti negli  ordini interni ed esteri e negli indicatori qualitativi, in  particolare nel manifatturiero. Dove in ottobre la fiducia delle  imprese è scesa ai minimi dal 1993 (77,7 da 81,8 in settembre) e l'indice Pmi è a 39,7 dal 44,4 precedente. Il Pmi dei servizi è pure in territorio recessivo in ottobre: 45,7 (dal 49,4)». Secondo Confindustria si tratta della «recessione più  grave perchè comune a tutte le maggiori economie industriali, dentro e fuori l'Unione europea. Segni preoccupanti di  rallentamento provengono dai Paesi emergenti. Non sono più  rinviabili misure di rilancio dell'economia. La Bce, che aveva  stretto il credito in luglio quando il Pil di Eurolandia stava  già arretrando, è in clamoroso ritardo nel ridurre i tassi  reali (l'inflazione core è ferma all'1,9%) e non tiene conto  del costo del denaro effettivamente pagato dalle imprese». Il primo punto toccato da Confindustria è quello della  liquidità creditizia. «È cruciale l'azione già intrapresa  per evitare il credit crunch (la crisi creditizia dovuta alla scarsezza di liquidità ndr): l'economia italiana ed europea  stavano già retrocedendo quando la disponibilità di credito,  seppure a costo più elevato, era rimasta abbondante. I danni di una contrazione dei prestiti sarebbero irreparabili». «I governi nazionali - chiede allora il Centro Studi di  Confindustria - devono sostenere la domanda attraverso investimenti pubblici, riduzione delle imposte sui redditi bassi e agevolazioni agli investimenti per le imprese. Solo con  politiche espansive sarà possibile riportare l'economia sui binari della crescita nella seconda metà del 2009»