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Finanziaria: via il 27% delle poltrone locali

di Eugenio Bruno e Gianni Trovati

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1 Dicembre 2009
In arrivo 1,1 miliardi da Trento e Bolzano
L'Abc della Finanziaria 2010

Entra in finanziaria la cura Calderoli che taglia giunte e consigli negli enti locali, cancellando il posto al 27% dei 160mila politici locali, chiude la maggior parte dei consigli circoscrizionali, dice addio ai difensori civici comunali e ai direttori generali nelle città con meno di 100mila abitanti, e fa imboccare alle comunità montane la via regionale verso la soppressione o il ridimensionamento.

Sempre con gli emendamenti governativi arrivano nuove regole sul patto di stabilità di comuni e province, che insieme a qualche concessione agli enti «virtuosi» appesantiscono le sanzioni per chi non rispetta i vincoli, e prevedono il commissariamento per i recidivi. Le notizie migliori del capitolo enti locali riguardano invece i cittadini, che – attraverso una proposta di modifica firmata Maurizio Leo (Pdl) – si vedono rimborsare il miliardo di euro di Iva che hanno pagato negli ultimi anni con la tariffa rifiuti e che la Consulta ha imposto di restituire (si veda Il Sole 24 Ore di domenica).

Con il pacchetto degli emendamenti governativi, sindaci e presidenti di provincia diventano loro malgrado i protagonisti di questo nuovo passaggio della manovra. Dal punto di vista dei risparmi, in realtà, le misure hanno un impatto modesto, anche perché i posti in giunta e in consiglio si possono cancellare solo al termine del mandato, e per il 2010 portano al bilancio dello stato 85 milioni di euro (190 per il 2011 e 240 per il 2012) sotto forma di tagli ai trasferimenti ordinari. Il segnale, però, è chiaro, tanto che il presidente dell'Anci Sergio Chiamparino si affretta a parlare di «punto di rottura» nei rapporti fra sindaci e governo e di «iniziative clamorose» da mettere in campo nei prossimi giorni.

Nella dieta imposta alla politica locale gli ingredienti rimangono sostanzialmente gli stessi previsti dal disegno di legge per la Carta delle Autonomie, approvato dal Consiglio dei ministri del 19 novembre scorso. Fatta eccezione per la fissazione di un "tetto" alle indennità che non potranno superare in alcun caso il trattamento economico dei parlamentari nazionali. Per il resto il testo riduce il numero di assessori e consiglieri previsti per le varie classi di enti locali. Il sacrificio più consistente spetta alle giunte dei comuni, che nel nuovo ordinamento perderebbero per strada il 41% dei posti (in pratica, quasi 15mila poltrone).

La cura, più leggera di quella prevista nelle prime versioni della riforma, si concentra soprattutto sugli oltre 4.500 comuni che non raggiungono i 3mila abitanti, e che si dovranno accontentare di due assessori invece dei quattro attuali (chi vorrà potrà fare del tutto a meno degli assessori, e attribuire le deleghe a due consiglieri); Meno drastici i tagli in consiglio (il limite minimo di componenti passa da 12 a 8), e nelle province, dove i correttivi cancellano il 26% degli assessori e il 18% dei consiglieri.

Nel passaggio dal Codice delle autonomie alla manovra qualche ente spunta un trattamento meno invasivo. Non i difensori civici (scompaiono sempre e solo quelli comunali) e le comunità montane, bensì i consorzi formati tra enti locali. Da un lato, viene messo nero su bianco che i «bacini imbriferi montani» sopravviveranno; dall'altro, la «soppressione» un anno dopo l'entrata in vigore della riforma lascia il posto a una delega alle regioni a intervenire entro un anno. Novità anche dalle parti dei consigli circoscrizionali. La nuova soglia minima di abitanti per creare i "parlamentini" si abbassa a 180mila (era fissata a 250mila nel disegno di legge); i consigli avranno 8 membri che potranno salire a 12 nelle sei città italiane che contano più di 500mila abitanti.

In ogni caso, bisognerà vedere se queste misure supereranno l'esame di ammissibilità in finanziaria o se, come accaduto negli anni scorsi a provvedimenti analoghi, troveranno le porte chiuse in quanto norme «ordinamentali», e quindi incompatibili con la manovra. Anche per questa ragione le preoccupazioni dei sindaci sono più intense riguardo al restyling del patto di stabilità: negli emendamenti governativi non c'è traccia di sconti o di alleggerimento delle sanzioni, che anzi vengono rese più stringenti rispetto a quelle già in vigore. Oltre a vedersi tagliate indennità e trasferimenti erariali, infatti, gli enti locali che non riescono a migliorare i propri bilanci come chiesto dal patto saranno costretti a recuperare il ritardo entro i successivi tre anni; per chi non ce la fa, e di conseguenza manca gli obiettivi fissati dalla legge per una seconda volta, scatta lo scioglimento del consiglio e il commissariamento.

1 Dicembre 2009
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