Debutto col botto (con tanto di blackout informatico) per la posta elettronica certificata, Pec. Nei primi due giorni dall'avvio del servizio, 25mila persone hanno completato la fase di registrazione al portale del ministero necessaria a ottenere l'indirizzo email per comunicare con la Pubblica amministrazione.
Mediamente sono stati 20mila gli accessi orari registrati al portale per oltre 400mila contatti. Troppi, tanto che il sito postacertificata.gov.it si è bloccato per la seconda volta (era già accaduto il primo giorno utile per la registrazione).
Peccato che la Pubblica amministrazione non abbia mostrato la stessa sollecitudine dei cittadini italiani. Entro giugno 2009 tutti gli uffici avrebbero dovuto attivare una propria casella di posta, ma in realtà sono in pochi a essere arrivati pronti al debutto del 26 aprile. La situazione, in ogni caso, sta migliorando e diverse pubbliche amministrazioni, sollecitate dal ministero, si stanno mettendo in regola in questi giorni: erano circa 10mila lunedì, il 60% dei comuni capoluogo e tra il 50 e il 60% delle Asl.
Intanto per Poste italiane, che con Telecom Italia ha vinto la gara indetta dal ministero per la gestione del servizio, si apre un nuovo e promettente business. Se si raggiungesse l'obiettivo di 50 milioni di caselle di Pec, infatti, la società avrebbe accesso a un vastissimo bacino di potenziali clienti a cui vendere prodotti e servizi.
La Pec infatti è un servizio gratuito solo in parte e chi sceglierà di utilizzarla non potrà fare a meno di usare anche i diversi servizi accessori a pagamento. A partire dalla firma digitale indispensabile, per esempio, per chi voglia fare istanza alla pubblica amministrazione per via telematica. «Il messaggio serve solo a certificare legalmente la data in cui è stato inviato – spiega l'avvocato Andrea Lisi, presidente di Anorc (associazione dei responsabili della conservazione digitale dei documenti – perché un documento informatico abbia valore legale deve rispettare determinati requisiti. Un foglio autografato e scannerizzato per dire, non ha alcun valore. Occorre che la firma sia digitale e questo è un servizio a pagamento». Così come si pagherà l'ampliamento del fascicolo elettronico, che in versione free può contenere al massimo 500 mega di dati. «Un messaggio di Pec – spiega Lisi – deve essere in formato digitale per avere valore legale. Non posso semplicemente stamparlo e metterlo in un faldone».
Questi sono solo alcuni esempi del business che, se la Pec decollasse, potrebbe rimpolpare le casse di Poste italiane, già coinvolta dal governo nelle operazioni social card e incentivi. L'azienda, caso più che raro per il settore in Europa, presenta da otto anni bilanci in utile. Un risultato su cui pesa la scelta di investire su servizi telematici per cittadini e imprese. Quest'anno il numero degli utenti registrati sul sito poste.it è arrivato a quota 5,3 milioni nel 2010 (erano 3,8 nello stesso periodo dell'anno scorso).
Boom di richieste per la mail certificata
Con la Pec una mail al posto della raccomandata
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