Nell'anno della grande crisi e del salvataggio pubblico (45 miliardi di dollari iniettati nelle casse per evitare il tracollo oltre a ben 306 miliardi di dollari di garanzie statali su asset tossici) niente bonus per il presidente Win Bischoff e per l'amministratore delegato della banca americana Citigroup, Vikram Pandit.
La scelta, per così dire, fa parte di una serie di mosse che l'istituto ex numero uno negli Stati Uniti, precipitato durante il 2008 nella classifica basata sulla capitalizzazione, ha comunicato mercoledì alla Security Exchange Commission, la Consob americana, per formalizzare l'accordo di bailout, ovvero di salvataggio, con il Tesoro Usa. Il Governo, com'è noto, ha tuttavia risparmiato un rimpasto al vertice auspicato da più parti e giustificato dai risultati tutt'altro che brillanti, che hanno condotto la banca sull'orlo del collasso. Al punto che tra le recenti decisioni di Pandit, che ha inviato per Capodanno una comunicazione interna ai dipendenti, c'è da ricordare una pesante ristrutturazione, oltre 50 mila posti di lavoro tagliati.
Quanto agli altri top manager di Citi, i premi saranno ridotti in maniera sostanziale, almeno del 40% per dieci componenti del gruppo dei senior, secondo il documento inviato alla Sec. Nella comunicazione viene precisato anche che non ci saranno «paracadute dorati», ovvero ricche buonuscite, finché il numero uno e due della banca saranno in possesso di pacchetti azionari. Secondo quanto riportato nel blog Deal Journal del Wsj online l'opzione è diventata obbligo, più che una libera decisione del tipo «tutti i ragazzi in gamba fanno così», dal momento che «il Governo - scrive Heidi Moore - ha operato pesanti pressioni» e la banca non ha potuto sottrarsi pur di ricevere gli indispensabili aiuti di Stato.
Pandit e Bischoff devono allinearsi, quindi, al nuovo corso all'insegna dell'austerità avviato loro malgrado da altri top banker di Wall Street come John Thain (Merrill Lynch), che aveva pur auspicato per sé un bonus da 10 milioni di dollari, Loyd Blankfein (insieme al board degli executive di Goldman Sachs), e come lo stesso board dei top manager di Citi guidato da Robert Rubin, ex ministro del Tesoro durante l'amministrazione Clinton.
Proprio Rubin era finito al centro delle polemiche quando è stato varato il piano di salvataggio per Citigroup, dal momento che ha trattato con il Tesoro (il Governo è diventato il principale azionista della banca con una quota del 7,8%) pur in conflitto d'interessi con il suo ruolo di consigliere del presidente eletto Barack Obama (il figlio James è nello staff economico di Obama). Il sacrificio sui bonus appare comunque il minimo visto che Rubin ha incassato da Citigroup compensi per 160 milioni di dollari mentre gli azionisti accusavano perdite di centinaia di miliardi. (a cura di Alberto Annicchiarico)