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Moody's: «L'Italia sui mercati
ha una buona credibilità»

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5 marzo 2010
Moody's: «L'Italia sui mercati ha una buona credibilità»


Il problema della Grecia é che «il Paese ha perso credibilità», ma per l'Italia il discorso é diverso. Alexander Kockerbeck, responsabile del rating sovrano italiano di Moody's, conferma il rating 'Aa2' del nostro Paese con outlook stabile. La credibilità per l'Italia - dice Kockerbeck a Radiocor - «é molto importante perché é e rimane il punto più vulnerabile» con un debito pubblico superiore al 100% e con mercati che, dopo la crisi, «sono cambiati e sono diventati più sensibili».

Il rischio di perdere la credibilità
Una perdita di credibilità, continua Kockerbeck, commentando il caso Grecia, «é molto pericolosa perché con uno stock così elevato ci si deve basare sulla fiducia dell'investitore». Il funzionamento dei mercati del capitale é una condizione assolutamente necessaria per continuare il modello dell'Italia: il debt management é molto sofisticato, la struttura del debito é conveniente e la durata é favorevole.

«Avete fatto molto, quasi tutto per essere protetti dalle conseguenze negative di uno shock da tassi di interesse perché ci vogliono oltre cinque anni perché un aumento dei tassi si faccia sentire sul costo medio del debito». Tutto questo «rappresenta una protezione, ma con un debito pubblico alto resta sempre un 'rollover risk'» perché gli investitori sono cambiati dopo la crisi globale.

I possessori del debito italiano
Molti «non vogliono differenziare, ragionano in bianco o nero - sottolinea l'analista - e questo può essere pericoloso». Inoltre, dall'introduzione dell'euro, ricorda Kockerbeck, la base degli investitori in titoli di Stato é cambiata in Italia e nel resto d'Europa: «nel '99 il 70% del debito pubblico italiano era in mano a risparmiatori italiani, oggi é il 40-45%. Il resto, più della metà, é in mano a investitori istituzionali, soprattutto europei», che «possono cambiare idea da un momento all'altro». Per l'Italia, ma anche per gli altri Paesi ad alto debito, «é importantissima l'immagine che si dà al mondo, la percezione che l'esterno ha del Paese».

La svalutazione perduta
La crisi della Grecia, ricorda Kockerbeck, «é giunta al termine di una crisi finanziaria globale che ha fatto aumentare moltissimo l'avversione al rischio» e ci si muove «appena c'é qualcosa che fa pensare a un rischio». Una prassi, come quella condotta dalla Grecia, che «era risaputa da anni», ora «non viene più sopportata. Ora bisogna fare attenzione, anzi, che i mercati non diventino completamente irrazionali». D'altra parte, il fatto che esistano tensioni all'interno di un'unione monetaria «non é cosa nuova», dice Kockerbeck, e anzi fa parte del gioco: se non si può restituire competitività all'economia con la svalutazione di una volta, allora si é obbligati all'aggiustamento e questa pressione «fa parte della strategia dell'Ue che assomiglia a un programma di razionalizzazione. Alla fine c'é l'obiettivo di fare dell'Europa un'area più competitiva, forse la più competitiva, al mondo».

Per l'Italia, più efficienza nella pubblica amministrazione
In Italia, «lo stock di debito molto alto richiede chiaramente un cambiamento nell'efficienza dell'amministrazione pubblica, soprattutto perché non si trovano più così facilmente le risorse per finanziarla», ma la grande differenza tra Italia e Grecia é che «questa inefficienza si basa su un altro tipo di economia, su un'altra forza economica. Basta cercare di pensare ai marchi industriali famosi nel mondo: di italiani ne vengono subito in mente molti, di greci nessuno».
(Radiocor)

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5 marzo 2010
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