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La pista dei prestanome dentro i misteri di Vaduz

di Claudio Gatti

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20 marzo 2008

La grande fuga. Di nomi. Uno alla volta, lentamente, continuano a uscire i nomi della lista che l'agenzia delle Entrate ha compilato su 17 fogli contenenti 157 conti e circa 400 intestatari o beneficiari. La famosa lista del Liechtenstein.
Chi viene nominato reagisce però quasi sempre prendendo le distanze e smentendo. Magari poi per ritrattare la smentita. Come nel caso di Luigi Grillo, senatore di Forza Italia, la cui dichiarazione a freddo era stata: «Non sono mai stato in Liechtenstein e non ho alcun conto corrente in istituti di credito di quello Stato». Ieri ha poi spiegato che quel «movimento finanziario del quale vi è traccia è riconducibile alla trattativa contrattuale relativa a un podere nelle Cinque Terre da me acquistato». Non è chiaro come l'acquisto di un terreno possa aver generato 650mila euro, cifra che a «Il Sole 24 Ore» risulta attribuita nella lista al conto riconducibile al senatore.
Anche Maria Ilva Biolcati, conosciuta al grande pubblico con il nome d'arte di Milva, ha subito smentito di avere un conto in Liechtenstein con ben sette milioni e mezzo di euro. Ma anche nel suo caso, al Sole 24 Ore risulta che il suo nome sia nella lista. Così come c'è il nome di Mario D'Urso, l'avvocato napoletano ex finanziere di Lehman Brothers ed ex senatore della Lista Dini.
Altro nome che al nostro giornale risulta incluso è quello di Giampaolo Corabi, commercialista e fiscalista riminese con studio a Milano che alcuni anni fa fu vittima di due atti intimidatori rimasti inspiegati: due ordigni erano stati fatti esplodere a San Marino e a Rimini davanti a due sue residenze.
Contattato telefonicamente, Corabi è stato categorico: «Non ho mai aperto un conto in Liechtenstein. Penso di essere andato in Liechtenstein una sola volta, per conto di un cliente. Ma non ho mai aperto un conto». Eppure nell'elenco il fiscalista risulta beneficiario di ben 15 milioni di euro. «Mai depositati 15 milioni di euro in alcun conto corrente», ha insistito.
Corabi ha però ammesso di aver avuto un conto presso la Lgt, la banca del Leichtenstein al centro della vicenda. Ma a Lugano. Insomma, sarebbe una coincidenza. Anche perché l'ammontare non corrisponde: a Lugano sui suoi conti Lgt c'erano "solo" 1,9 milioni di euro. Quei soldi sono stati scoperti dalla Procura di Prato e dalla Guardia di finanza nel corso di un'indagine che nel gennaio del 2007 aveva portato al suo arresto.
Esperto di fiscalità internazionale, Corabi è stato ritenuto il cervello di in una maxi truffa con un giro di triangolazioni tra società italiane e straniere che in soli due anni avrebbe provocato un danno all'Erario pubblico per oltre 235 milioni tra indebite richieste di rimborsi e detrazioni Iva. Il fiscalista ha poi patteggiato una condanna a 3 anni e due mesi. «Con deconfisca dei beni», tiene a chiarire. Si tratta adesso di vedere come chiarirà il rebus dei 15 milioni che la lista dell'agenzia delle Entrate gli attribuisce in Liechtenstein.
Occorre dire che sull'accuratezza di quella lista è difficile avere certezze. Sappiamo solo che contiene circa 400 nomi di cittadini italiani o stranieri residenti in Italia, estratti dall'elenco di nominativi che i servizi segreti tedeschi comprò tre anni fa da Heinrich Kieber, un impiegato della Leichtenstein Group Lgt, la banca della famiglia regnante del principato alpino. Si può solo presupporre che i servizi tedeschi, avendo pagato oltre 4 milioni di euro, abbiano verificato i dati forniti da Keiber.
Una conferma, seppur reticente, «Il Sole 24 Ore» l'ha comunque avuta. È arrivata da Alessandro Bax, cittadino tedesco residente a Milano proprietario di Abafin Srl, una holding con sede a Como. Il suo nome appare nella lista assieme a quello di sua sorella Adriana. Bax ha riconosciuto di essere beneficiario di una somma non specificata in Liechtenstein. Non ha però voluto aggiungere particolari o spiegare l'origine di quei capitali. «Non essendomi stata mossa alcuna imputazione, qualunque cosa direi potrebbe non essere la risposta giusta a ciò che potrebbe un giorno essermi imputato» ha spiegato. «Personalmente non ritengo di dovere alcunché al Fisco, anche perché fin tanto che un beneficiario non entra in possesso del capitale non ritengo possa essere imputabile di evasione. Nessuno può dire che un domani, dovessi entrare in possesso dei soldi, non li inserirò nella mia dichiarazione dei redditi»

cgatti@ilsole24ore.us

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